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Intervista a Salvatore Nascarella, attualmente CME and Social Media Manager presso la SEEd Medical Publishers (editoria medica), e con più di 10 anni di esperienza nell’editoria e nella comunicazione di impresa.
Specializzazioni: MKTG e vendite, comunicazione sui social media, processo editoriale, promozione, pubblicazione, progetti multimedia.
N.B.: in due precedenti articoli su MC2, abbiamo esplorato la storia ed il marketing dell’ebook e degli ereader:[mc2-inizia-il-suo-tour-nelleditoria-digitale] ed anche la strategia ‘win’ di Hoepli su Twitter:[hoepli_1870-e-il-contest-crazytitle-su-twitter]. Non perderli!

1) Cos’è un editore oggi?

La domanda può sembrare banale ma è sempre più frequente incappare in scrittori che si sono ritagliati anche un ruolo nell’editoria o in editori che pubblicano poco e si occupano principalmente del lavoro delle agenzie letterarie: ovvero editing, correzione di bozze…



L’editore è un imprenditore che lavora sui contenuti e li trasforma in libri. La sua mission non è cambiata molto da che esiste l’industria editoriale. L’editore sceglie cosa pubblicare, lo sposa, lo lavora, a volte lo modella, lo promuove e lo vende, assumendone il rischio imprenditoriale.
Buona parte del processo editoriale segue lo stesso percorso da secoli, ma a differenza del passato oggi esistono nuove forme per veicolare contenuti. In poche parole, il mestiere non è cambiato, sono cambiati gli strumenti.
La funzione dell’editore rimane fondamentale, come filtro, come promotore di contenuti, come testimone del tempo, oltre che come parte di un settore economico vivace e percettivo.


C’è da dire che molti oggi, dati gli strumenti nuovi e il più facile accesso a contenuti, si improvvisano editori, pensando che sia sufficiente la passione per la lettura per essere buoni editori (anche solo di se stessi). L’editoria è un settore con un alto livello di professionalità ed è per questo che lavorare in una casa editrice non è facile.





2) Con l’avvento della primavera digitale, troveranno, ancora più di prima, terreno fertile le contaminazioni tra arti nell’editoria? Parole, musica e cinema … insieme?



Personalmente lo auspico. Le contaminazioni sono risorse: tutto si evolve grazie alle contaminazioni.
Non sono ancora in grado di immaginare quale forma prenderà il libro del futuro: nessuno lo sa con certezza. So solo che questo è un periodo ottimo per la sperimentazione in campo editoriale. Ne sono prova le molte start up e la crescente attenzione di quotidiani, giornali e TV per il libro digitale.


Esistono social network dedicati esclusivamente ai lettori (Anobii, Goodreads, Zazie), cosa che non capita per altri gruppi sociali. C’è da dire che, già prima dell’arrivo del digitale, il libro si è mostrato permeabile dalle altre forme artistiche: ha dato vita a versioni cinematografiche, ha ispirato la musica e le altre arti visive e a sua volta è stato influenzato, direi anzi impregnato, dagli stessi.


Sto tenendo d’occhio il mondo dei videogiochi. Credo possa riservare buone sorprese per i prossimi anni, grazie alla capacità di generare storie, al diretto coinvolgimento degli utenti, all’ appeal che può avere per la formazione scolastica e professionale.





3) Nella promozione dei libri, le collane (es. noir, narrativa, poesia) e le riviste, quest’ultime già ridottesi di numero, avranno sempre un posto di rilievo? O dovranno evolversi anch’esse nelle modalità operative di raggiungimento dei lettori?



Dipenderà dalle scelte di editori e lettori. I generi letterari non spariranno: è possibile che ne nascano di nuovi, figli del “meticciaggio” con il digitale, o più semplicemente dei tempi che viviamo.
Il punto è: la promozione del libro deve essere rafforzata dalla promozione della lettura. In quest’ambito, credo stiano facendo un buon lavoro i blogger (consapevolmente o meno). Tutto ciò che aiuta a far conoscere un prodotto editoriale è utile.


Se si fa una rapida ricerca sui social network, è evidente che editori e autori possono essere annoverati tra gli utenti più vivaci: istaurare un rapporto più diretto con i propri lettori è l’obiettivo principe.
L’editoria è narcisista. Non può fare a meno di farsi vedere e i follower editoriali sono spesso fan degni di star del rock …


Per quanto riguarda le riviste, l’Open Access sta già modificando il modo di pubblicare, soprattutto in area universitaria e scientifico-professionale. Vedremo l’evoluzione in altri settori. Certo è che il modello di business è ormai in trasformazione.





4) Le opere rimaste in ombra e quelle degli esordienti hanno più possibilità di emergere grazie all’autopubblicazione o a quei siti che permettono la pubblicazione gratuita nel loro circolo?
La figura dell’editore che futuro si ritaglierà?



Le vecchie pubblicazioni possono trovare una seconda giovinezza. Con il digitale un libro non andrà mai fuori catalogo: sarà sempre lì acquistabile, a meno che non lo ritiri chi ne detiene i diritti.
Sull’autopubblicazione bisognerebbe fare dei distinguo. Tutti possono pubblicare, pochi riescono a vendere e meno ancora a guadagnare a sufficienza anche solo per pagarsi un fine settimana in montagna.
Chi si autopubblica deve anche trovare il modo di far conoscere la propria opera e… non basta spammare sui social network per diventare uno scrittore.
L’editoria e il selfpublishing, pur generando lo stesso prodotto – un libro –, non hanno lo stesso valore. I casi di autori autopubblicatisi che hanno avuto successo si possono contare sulle dita di una mano.
Il selfpublishing può essere comunque un buon trampolino di lancio, utile per testare la propria capacità creativa e per aumentare la consapevolezza dei propri mezzi, ma credo fermamente che il supporto di un editore continui a essere imprescindibile per uno buono scrittore. Certo è che in prospettiva, anche grazie alle possibilità date dalle piattaforme di selfpublishing, parte del settore si stia orientando sempre più verso la gestione dei contenuti, con l’obiettivo di affacciare editori e autori.





5) La distribuzione del libro o ebook, questa kimera!!!
Mi piace citare il caso di Federico Moccia. Da fonte Wikipedia egli, peraltro già affermato autore e sceneggiatore televisivo, pubblicò una prima volta “Tre metri sopra il cielo” nel 1992 a sua spese con una piccola casa editrice, a tiratura di poche copie. Il libro passa quasi inosservato fino al 2004, quando ottiene un enorme boom di diffusione tra i licei romani, viene pubblicato dalla Feltrinelli in una edizione ridotta, fino alla riduzione cinematografica, con tanto di ripubblicazione della versione originale ed integrale del 1992.


Cosa significa “chi la dura la vince “ anche nell’editoria o conviene trovare i mezzi, qualunque siano anche i più semplici e diretti, per incontrare il lettore (individuando il target giusto) faccia a faccia a dargli il libro e poi ci penserà il lettore stesso a farlo diventare un caso letterario?



Intanto, sappi che l’editoria a pagamento è il male.
Scherzi a parte, esistono realtà che pubblicano qualsiasi cosa, purché sia pagato da qualcuno. Ecco, quella non è editoria, a mio parere: è come chiedere al panettiere di pagarsi il pane che produce. Lì l’editore non fa più il suo mestiere, al massimo fa lo stampatore. Riesco a capire il finanziamento di sponsor, ma non lo sfruttamento di un autore o false promesse di fantasmagoriche distribuzioni.


Tornando alla domanda. Portare il libro a conoscenza del target è il primo passo per vendere.
La strada da percorrere per una buona promozione passa da un lavoro di squadra che ha molti giocatori (editore, autore, distributori, librerie ecc.). A loro bisogna aggiungere critici, blogger e lettori forti. Questo vale anche per l’ebook. Senza tattica e pubblico non si va molto lontano.
Esistono piccoli editori che stanno facendo un ottimo lavoro sulle proprie pubblicazioni: invito a scovarli. Io ne ho in mente almeno tre con sede a Torino, ma non dico quali altrimenti ti tolgo il piacere della ricerca…
Per concludere vorrei però fare una precisazione. Sì, chi la dura la vince, ma se un libro fa schifo, poco campa.





6) E per finire, le domande piccanti. Oggi impazza la trilogia “50 sfumature di …” di E.L.James, ieri “ 100 colpi di spazzola” di Melissa P.
Il genere erotico sta vivendo una nuova adolescenza o è una sempre viva giovinezza, o semplicemente vanno di moda i numeri come nei post delle discussioni sui SN, 7 modi x …, 5 strategie di …, 9 punti cardine …



L’editoria erotica riserva spesso sorprese. Sembra una nicchia e poi esplodono casi da best-seller. Un po’ è certo il tema piccante, il fascino del proibito, il giocare con le fantasie. Mi sono chiesto quanto il successo di “50 sfumature di grigio” sia stato condizionato dal suo formato digitale. Insomma, se voglio leggere qualcosa di piccante senza farmi beccare dal mio vicino sulla metro o da chi non voglio che sappia cosa sto leggendo, cosa c’è di meglio di un ereader? Difficile che qualcuno riesca a leggere il titolo di quel che sto leggendo, no?





7) Domanda da ignorantona, nel senso che qui l’ignorantona sono io:
premessa: ISBN = (International Standard Book Number) è un numero di identificazione controllato, di 10 o 13 cifre, che permette agli editori, alle biblioteche, e ai rivenditori di localizzare i libri.
E’ vero che l’lSBN si può acquistare in proprio? Conviene?
Ho sentito parlare di ISBN americano?
Cosa implica avere un ISBN americano e non italiano per la distribuzione? Ogni versione di un libro, prima, seconda edizione, libro con copertina di tipo A, B, C … ha sempre lo stesso ISBN?



A ogni pubblicazione è associato un ISBN di 13 cifre che lo identifica internazionalmente. Non esiste distinzione tra un ISBN italiano e uno americano, se non nella composizione del codice stesso [http://www.isbn.it/ISBN.aspx].
Il codice a barre che si legge sopra o sotto un ISBN serve solo per rendere il lavoro più facile a chi gestisce il magazzino e deve vendere il libro: riassumendo, il codice a barre velocizza il processo commerciale.
L’ISBN non è obbligatorio, ma con esso un libro è più facilmente rintracciabile. E questo in ogni parte del pianeta.
Ogni riedizione deve avere un nuovo codice, così come ogni formato di ebook, mentre per le ristampe si può usare lo stesso codice. È possibile anche pubblicare senza assegnare il codice ISBN da subito e farlo in un secondo tempo
In generale, attribuire un ISBN a una pubblicazione conviene perché ufficializza l’esistenza del libro.





8) Non poteva mancare, dopo tante discussioni sull’argomento, la domanda sull’editoria a pagamento.
Casa editrice = tipografia?



Ho anticipato la risposta in una domanda precedente. Ne approfitto per qualche
puntualizzazione.
Io sono per il classico “Patti chiari, amicizia lunga”. Se cioè una società dichiara
apertamente che pubblicherà un libro solo se qualcuno le coprirà i costi e le
consentirà del profitto, mi sta bene. Sarà poi l’autore a decidere se e come
spendere i propri soldi.


L’autore deve avere ben presente che è lui che si accolla il rischio imprenditoriale
dell’editore, che spesso il suo lavoro non uscirà dal magazzino, che la promozione
sarà pressoché pari a zero, che l’ufficio stampa (se esiste) gli dedicherà poco
tempo e che si è preso a mio parere una “sola”, per dirla alla romana. Se una
persona vuole stampare i propri scritti per amici e parenti è libero di farlo, ma
stia con i piedi per terrà.


Non tutti DEVONO pubblicare…
A chi proprio non resistesse e volesse vedere i propri scritti impolverarsi sugli
scaffali della cara zietta, consiglio a questo punto di rivolgersi a chi stampa in
digitale, almeno risparmierà soldi.
Se invece piacciono gli ebook, allora è facile scegliere tra le piattaforme di
selfpublishing (es. Amazon e Narcissus): almeno il contratto è serio e il modello di
business è ben lontano dall’editoria a pagamento.





9) Lei è anche specializzato in editoria digitale ed opera nel campo medico-farmaceutico dove molta importanza ha il contenuto dei libri o ebook.
Altre differenze, affinità, difficoltà o vantaggi rispetto agli altri comparti editoriali?



Le affinità si concentrano nella scelta e nella cura dei contenuti. Nell’editoria
medica la qualità dei contenuti è fondamentale: una pubblicazione, oltre a essere
ben scritta, deve essere scientificamente valida, ossia deve riportare dati reali,
attuali e comprovati.

È comprensibile che l’attenzione sia massima anche perché si gioca con la salute:
riportare per esempio il dosaggio errato di un farmaco può creare grossi problemi.


Il settore medico può vantare lettori consapevoli, con un grado di istruzione alto,
interessati e obbligati anche da norme ministeriali a tenersi aggiornati. Questa
necessità di restare al passo con quel che accade nel mondo scientifico, fa in modo
che le scelte editoriali siano meno soggette alle mode del momento.
Muoversi nell’editoria medico-scientifica è stimolante: è un settore fortemente
ricettivo, capace di assimilare linguaggi e modi nuovi di lavorare sui contenuti, di
mischiare teoria e pratica, di coinvolgere direttamente i professionisti per
diffondere i risultati proprio lavoro e delle proprie ricerche.







Informazioni su Salvatore Nascarella
twitter.com/nascpublish


CME and Social Media Manager
Torino, Italia
Editoria


Attuale
SEEd Medical Publishers,
Club Dirigenti Vendite & Marketing


Precedente
SEEd Medical Publishers,
CG Edizioni Medico Scientifiche,
In-Folio
Formazione
Universitat Autònoma de Barcelona