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eSports: numeri di spettatori online e fatturato

eSports: cronaca di un successo annunciato

I Mondiali 2019 di League of Legends sono tornati in Europa. 

Le finali si sono disputate a Parigi, passando per Berlino e Madrid per le qualificazioni (L’ultima volta per LOL  in Europa era stato il 2015)

Per i mondiali di League of Legends 2019, Louis Vuitton, ha stretto una collaborazione con il publisher del game, Riot Games.

Louis Vuitton ha realizzato una valigetta che contiene il trofeo dei campioni. Il celebre marchio di moda aveva già realizzato altre coppe (FIFA World Cup, Rugby World Cup, Coppa America di Vela)

Questo dimostra il sempre maggiore interesse che lega gli eSports ed i marchi del lusso e la moda.

Anche Puma ha creato linea di abbigliamento eSport con il team Cloud9.

Quando si parla di eSports, di cosa parliamo veramente?

  • entertainment
  • sport
  • gaming
  • aziende anche tecnologiche.

ma anche di

  • sponsorizzazioni
  • diritti media
  • merchandise
  • piattaforme streaming (per esempio, Twitch è la piattaforma numero uno al mondo per stremaming live e videogiocatori professionisti)
  • influencer marketing (su youtube PEWDiePie nel mondo e Favj in Italia). Il numero di atleti che potrebbero essere corteggiati per sponsorizzazioni o influencer partnership è triplicato negli ultimi 5 anni da 8000 a 2500.
  • decide di titoli di giochi ognuno con una community di riferimento.

L’associazione degli editori e degli sviluppatori videoludici (Aesvi) ha fondato un ramo di rappresentanza per le aziende esportive.

Con 150 miliardi di dollari di fatturato globale, il videogioco è un business in grandissima crescita in pochi anni.

Luca La Mesa in un post di Linkedin ci ha ricordato che le finali del campionato mondiale 2019 di League of Legends hanno superato con 100 milioni di spettatori online il Super Bowl (98 milioni di spettatori).

Ci sono molti tornei internazionali e tanti giochi, tra questi:

  • “League of Legends”,
  • “Rainbow Six: Siege”,
  • “Counter Strike: Global Offensive”,
  • “Fifa”,
  • “Pes”,
  • “Clash Royale”,
  • “Brawl Stars”,
  • “Crash Team Racing” 
  • “Rocket League”,
  • “Tekken”,
  • “Fortnite”,
  • “Moto Gp”,
  • “Overwatch”,
  • “Apex Legends”
  • “Starcraft II”,
  • “Tennis World Tour”,
  • “Gran Turismo Sport”
  • “Brawl Stars”,
  • “Call of Duty”,
  • “PlayerUnknown’s BattleGroud”,
  • “Starcraft II”,
  • “Hearthstone”.

I team principali dell’eSport italiano sono:

  • HSL ESPORT
  • OUTPLAYED
  • CAMPUS PARTY SPARKS
  • NL Notorius Legion ESPORT
  • EXEED
  • SAMSUNG MORNING STARS
  • MKERS
  • QLASH ITALIA.

Forbes, in un bellissimo articolo di Emilio Cozzi e Filippo Pedrini, dice che 
sono stati lanciati anche fondi di investimento verticali sul settore, e che ai due team in cima alla classifica, gli statunitensi Team SoloMid (con ricavi per 35 milioni di dollari l’anno) e i Cloud9 (29 milioni), sono attribuiti  400 milioni di dollari di valore ed il multiplo valore/ricavi aziendali (EV/r), è addirittura del 14,1, mentre i migliori club sportivi tradizionali, il Real Madrid, il Barcellona e il Manchester United, hanno lo stesso indice che non supera il 4,8.

Fonti:

articolo Forbes articolo esportsmag

Scritto da Monica Cordola, stay tuned

Ultimamente ragiono spesso sui giorni che funzionano nel marketing.

Perchè le iniziative di marketing contengono quasi sempre o il venerdì o il giovedì

Spesso i giorni proposti per le iniziative di marketing sono accompagnati da aggettivi come “happy”, “black” o “crazy”.

Alcuni aggettivi hanno un significato originario negativo.

Perché ora funzionano in senso positivo?

Ve lo siete mai domandato?

io sì, perché sono curiosa.

Il tutto è partito dal TBT di Instagram. Non sapevo cosa volesse dire, poi ho scoperto che significa «throwback thursday» : “Il giovedì su Instagram posto un mio ricordo del passato, una foto, un video”.

Thursday perché suona bene con Throwback ed in italiano ricorda anche il TVB. Ma c’è dell’altro?

TBT è l’hashtag dei nostalgici.

 #tbt significa anche ”Turn Back Time”.

Pensiamo al venerdì.

Non vi viene subito in mente Vodafone Happy Friday?

Solo per i clienti Vodafone ogni venerdì c’è un regalo sull’app My Vodafone.

C’è anche un sito di biancheria per la casa che si chiama:

https://happyfridayhome.com/en/

Ma il venerdì oltre che felice è anche nero. Chi non ha mai comprato qualcosa durante il Black Friday?

Il Black Friday (letteralmente “venerdì nero”) è negli USA il giorno dopo la festa del Ringraziamento e la parata della catena di grandi magazzini Macy’s a New York. Tradizionalmente fa partire la stagione degli acquisti natalizi.

Per questo motivo, gli analisti finanziari osservavano il black friday per capire la capacità di spesa dei consumatori statunitensi.

Durante il Black Friday tutti i negozi hanno prezzi più bassi rispetto al resto dell’anno.

Nel 2013 negli Stati Uniti sono stati spesi 57,4 miliardi di dollari in un solo giorno da più di ottanta milioni di persone: come se l’intera popolazione della Germania fosse andata a fare acquisti nello stesso giorno. (fonte Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Black_Friday_(shopping)).

In Italia il fenomeno si limita alle promozioni in internet, in quanto non esiste un Giorno del Ringraziamento.

Il Cyber Monday, il primo lunedì successivo, segue il Black Friday con grandi sconti relativi a prodotti di elettronica in internet.

All’inizio l’espressione Black Friday aveva un significato negativo: è nata a Filadelfia per indicare il grande traffico stradale che si sviluppa in quel giorno. Ora indica grandi sconti.

Dobbiamo dire che il “nero” associato ad un giorno della settimana non è nuovo ai consumatori.

Chi non ricorda il Giovedì nero o il Martedì nero del 1929?I

Giovedì 24 ottobre 1929, 90 anni fa, la Borsa di Wall Street iniziò a crollare e questo fu il punto di partenza della Grande Depressione, la più grande crisi economica dopo anni di boom. L’indice della borsa di New York crollò, con un ribasso del 50% del valore dei titoli più significativi.

Ma il vero crollo fu il martedì, detto Martedì nero o Big Crash. 

L’ outlet village MondoVicino ha rilanciato Pazzo Giovedì con notevoli sconti per giovedì 31 ottobre.

Quindi, perché questi giorni funzionano più di altri nel marketing?

Forse la storia ci ha abituati alle loro sonorità?

A voi l’ardua sentenza.

FUMETTO_01

Oggi vi voglio raccontare una storia… qualcosa che mi è capitato qualche giorno fa…
ogni riferimento a persone e cose è volutamente non casuale, quindi se ti riconosci in questo articolo spero che tu capisca che stai sbagliando, sei ancora in tempo per non buttare via tanti soldini e cambiare le tue strategie prima di imbarcarti in questa avventura!

Ma veniamo a noi…

In una Galassia Lontana… Lontana… su un pianeta di nome Terra ero impegnato a fare colazione in un bar prima di recarmi al mio consueto posto di combattimento… hem volevo dire… lavoro.

Mentre ero assorto nei miei pensieri, mi sento chiamare da un vecchio conoscente, Han Solo…

Han: “Ciao Daniele come stai? Pensavo proprio a te l’altro giorno, sai ho avuto una idea geniale e volevo chiederti un consiglio”

Io: “Ciao Han, hahaha… dai dimmi pure”

Han: “Sai mi sono stufato di fare il contrabandiere e di portare Jedi in giro per le galassie, è un lavoro duro, si guadagna poco e poi basta con questa cosa di farmi il mazzo e avere sempre pochi soldi in tasca.

Allora ho preso una decisione, ho visto che sulla Luna Boscosa di Endor c’è solo l’ammiraglio Ackbar… che vende abbigliamento… appioppa un prodotto che fa veramente pietà sai?

Quindi ho intenzione di andare lì a vendere agli Ewok qualcosa di veramente bello, un prodotto di qualità eccelsa, magliette con il logo della ribellione galattica e altre cose del genere e io avrò una struttura più snella quindi mi posso permettere anche di fare prezzi più bassi rispetto all’Ammiraglio… sono sicuro che spacco di brutto!

Altro che manufatti di pelle mal cucita che dopo un paio di battaglie sono da buttare…

Per chi non avesse visto Star Wars un Ewok è questo personaggio…
nella registrazione potrete apprezzare la sonorità del linguaggio ewokese…



Ora tornando a noi vi spiegherò brevemente perché il povero Han probabilmente si troverà nel peggior guaio della sua vita… dopo quello che lo ha portato ad essere congelato nella grafite ed esposto come trofeo nella sala del trono di Jabba the Hutt!

Perché il prodotto di qualità non è una leva di marketing!


Andiamo ad analizzare questa frase.
Han ha commesso un primo grande errore, che è quello di aver fatto una analisi poco approfondita del mercato basando tutti i suoi ragionamenti solo sulla qualità del prodotto venduto dal concorrente, senza prendere in considerazione almeno tre fattori che reputo cruciali:

1) Il concorrente è un leader del mercato (nello scenario addirittura un monopolista… ma rimaniamo con i piedi su Endor)

2) Il concorrente non rimarrà lì a guardare mentre Han si porta via il suo mercato con un prodotto di qualità, senza fare nulla!

3) La soglia di ingresso su quel mercato non è così bassa come crede pensa che può penetrare quel mercato con un piccolo investimento e un Know How di prodotto molto basso.
Ma poniamoci una domanda: perché altri non lo hanno ancora fatto?
Visto che l’Ammiraglio Ackbar sono 20 anni che vende su quel mercato in modo incontrastato… secondo me sarebbe d’obbligo alzare una bandierina d’allarme!

La possibile evoluzione di questo scenario è la seguente:

Han arriva sul mercato spende tutti i suoi crediti in un negozietto nuovo, un primo stock di prodotti e poi apre attendendo la clientela (non si è sognato neanche lontanamente di fare un business plan e pianificare i budget per marketing e advertising questo ci deve già far rabbrividire).

Come lo so?
Semplice, gli ho detto “va bene vediamoci sabato e mostrami il Business Plan” e lui mi ha risposto… “quale business plan?”

Ora il suo negozietto nella foresta di Endor resta lì vuoto e desolato perché nessuno lo conosce, tutti sono abituati ad andare ad acquistare dall’Ammiraglio Ackbar che è un vecchio volpone e ha imparato dal mio articolo sulle trappole (anzi come dice lui “frappole”) ad evitare situazini potenzialmente dannose per il suo business.

Han non si da per vinto, passa al contrattacco inizia a distribuire volantini presso il villaggio Ewok e qualche cliente inizia ad arrivare!

Ma… perché c’è sempre un ma… l’Ammiraglio Ackbar da buon stratega analizza il potenziale concorrente, infondo lui è preparato, sono anni che appioppa agli Ewok ed altri hanno provato vari giochetti come quello di Han.
Conosce bene quel mercato…

Sta tramando qualcosa…
FUMETTO_02

Fa due calcoli e si rende subito conto che il buon Han è nei guai, ha ridotto i margini per poter fare la differenza e soprattutto le magliettine con il logo della ribellione galattica le può avere anche lui, ad un prezzo anche più basso di quello di Han e quindi chiama il fornitore e compra uno stock bello grassoccio tirando come un maledetto sui bid di quantità e si fa fare anche una bella versione “UnLimited” edition con la foto della Principessa Leila in posa accattivante e abiti succinti…

Piazza il prodotto sul mercato e fa anche un piccolo investimento in Advertising installando un oloproiettore al centro del villaggio con la Principessa Leila ad altezza naturale che indossa le sue magliette in edizione speciale e dice: “aiutatemi Ewok comprate la mia maglietta… siete la mia unica speranza”… (ripetuto all’infinito) mantenendo anche il prezzo più alto con questa scusa!

Esempio di oloprioiettore (la famosa frase della principessa Leila utilizzata dall’astuto Ackbar):


A questo punto a Han non resta che cercare di piazzare il resto dello stock anche sottocosto pur di rientrare di parte dell’investimento e chiudere bottega, tornandosene a contrabbandare prodotti e persone!

Analizziamo gli errori di Han e cerchiamo di evitarli


1) Se il concorrente è un leader di mercato il terreno di gioco lo conosce bene sono anni che ci lavora e sa quali sono punti deboli e forti delle sue strategie, quindi non basta avere il prodotto migliore ma si dovranno studiare delle contromisure per differenziarsi.
Si deve cercare la risposta a questa domanda: perché dovrei comprare da te e non dall’altro?
Se la tua risposta è: perché il mio prodotto è migliore… sei fregato!

Quella è la risposta che può dare chiunque anche se vende schifezze immonde (e sul mercato italiano danno praticamente tutti), non ti differenzia dalla concorrenza, anzi ti fa sembrare uno sprovveduto che cerca di vendere alla disperata un prodotto!
Mettiti nei panni del cliente… tu crederesti ad una frase del genere?

2) Il concorrente non starà lì a farsi fregare il business, ma reagirà prontamente (vedi esempio di sopra con magliette della Principessa Leila).
Tra le altre cose, se non hai accordi di esclusiva su un prodotto anche altri, strutturati per farlo, potranno accedere a quegli stock quindi “il prodotto che vendo io è migliore” non regge, ti serve una strategia di brand positioning forte!

3) Non ha fatto un piano strategico che prendesse in considerazione tutti i costi anche quelli per la sua sopravvivenza e per azioni pubblicitarie mirate… la stesura di un piano marketing basato sul brand positioning e il costo di eventuali contromisure per vincere la guerra di prodotto!

Insomma le cose nello scenario che ho prospettato finiranno male per Han… ma tu hai ancora una possibilità.

Se ti viene in mente l’idea del secolo… non ti lanciare nella battaglia come un Rancor all’ora di pranzo con uno jedi succulento difronte, ma preparati, studia, addestrati cerca idee che ti rendano differente dalla concorrenza.
Altrimenti verrai schiacciato!

Non dico che devi stendere “crediti” a profusione davanti ai miei piedi per farti aiutare nella pianificazione (quello lo potrai fare quando sarai convinto che i passaggi che ti ho elencato e la formazione personale come imprenditore sono fondamentali).

Su questo blog, su Sail4Sales e su altri siti trovi tantissimi materiali utili e gratuiti che puoi leggere ed usare, puoi anche comprarti qualche libro per farti una idea di cosa significhi differenziarsi e posizionarsi sul mercato, di cosa bisogna sapere per poter vendere con efficacia, come pianificare il proprio lavoro e quello di collaboratori!
Ti vuoi mettere in gioco allora gioca… ma fallo in modo consapevole!

Spero che le metafore e lo storytelling utilizzato siano abbastanza chiari in caso contrario trovate a questo link una spiegazione del mondo di Star Wars o meglio ancora guardatevi i film che sono anche molto belli!

Che la Forza sia con voi… alla prossima! 😉

Scritto da Daniele Catarozzi

Si ringrazia “Il Tiranno” per i materiali e gli scenari utilizzati per le vignette!

Approfondimenti:
A questo link trovate un’altra case history sui prodotti di qualità e le leve di marketing!

La radio il marketing e le persone che ascoltano!

La radio il marketing e le persone che ascoltano!

Il marketing e la radio?
Marketing is ON AIR.
Non sto parlando solo della pubblicità ma anche della scelta sempre più frequente delle aziende di creare una propria radio aziendale o di appoggiarsi su radio già esistenti e con un pubblico affezionato.

Una radio aziendale può servire ad intrattenere i clienti, a fidelizzarli, a promuovere il proprio brand con un’impronta sonora specifica e molto altro… .

Non a caso sono sempre di più le aziende che offrono alle grandi catene di distribuzione la creazione e gestione di un proprio canale radio personalizzato da usare nei punti vendita di proprietà e/o in franchising per intrattenere i clienti e fornire loro consigli utili in modo semplice, diretto ed efficace, anche differenziando i messaggi promozionali/consigli e musica nei vari negozi.(per citarne alcuni, tailoradio.it/‎, radiobrand.it/‎)

Per esempio il centro commerciale Le Gru di Torino, dopo aver concluso un accordo con Radio Diffusione già nel 2009, ha creato al suo interno una stazione radio in diretta che trasmette news nazionali ed informazioni locali legate alla realtà torinese, musica ma anche consigli pratici per gli acquisti.

D’altronde, con un pubblico vastissimo di visitatori 7 giorni su 7, perchè non sfruttare questa enorme platea di potenziali acquirenti intrattenendoli e fornendo informazioni e consigli?

Oltre alle varie pillole di approfondimento sullo sport, sui servizi alle famiglie nel territorio, su meteo, cinema, oltre alle interviste agli operatori del Centro, c’è la Rubrica Moda & Shopping con consigli flash sui trend del momento con la personal shopper Anna Agosto.

La stazione è situata nel Box Informazioni, una struttura avveniristica, quasi tutta trasparente in modo che le persone che visitano il centro commerciale possano vedere/sentire il giovane team che gestisce la radio in attività e nello stesso tempo usufruire di un servizio di Customer Care ed informazioni sulla struttura e sui negozi che ospita.

Gruradio è in streaming sul web su www.gruradio.it.
E’ presente su Facebook https://www.facebook.com/GruRadio93.3FM ed anche su Twitter e YOUTUBE e SOUNDCLOUD.

Un altro esempio simile è TRENITALIA, con la radio sui treni che intrattiene i viaggiatori e fornire informazioni e novità del servizio.

Anche le banche stanno esplorando la radio.
Intesa San Paolo, già a partire dal 2005, con la sua web radio intrattiene i dipendenti ed i clienti in filiale e propone musica, rubriche, news generali e sul mondo bancario, pubblicità sui propri prodotti, consigli per esempio sull’attivazione di piani pensionistici.
La radio di Intesa San Paolo si può ascoltare esclusivamente presso le filiali di Intesa San Paolo.
Consideriamo la vastità dei punti vendita San Paolo ed avremo un’idea degli ascoltatori di questa radio.
Il cliente della banca in attesa allo sportello gode di un’attesa più piacevole e può conoscere i nuovi prodotti della banca in modo più semplice e naturale.


La radio aziendale, infatti, è un metodo molto efficace di comunicazione con la clientela.
Pensiamo anche solo alla semplice comuncazione degli orari di apertura ora che anche molte aziende fanno gli orari prolungati.

La radio aziendale e personalizzata, tuttavia, non si adatta soltanto a grandi catene di distribuzione con numerosi punti vendita, ma anche a realtà differenti: dall’agenzia turistica al negozio di abbigliamento.

Un esempio particolare è sempre in Piemonte il MbunSlowFastFood che propone in 2 location a Rivoli ed a Torino l’hamburger fatto con Carne piemontese tutelata dal consorzio Coalvi e con ingredienti del territorio a filiera corta e materiali riciclabili o completamente biodegradabili, compostabili.

Si tratta di uno SlowFastFood tipicamente piemontese dove ogni hamburger ha un nome piemontese e dove c’è anche una grande attenzione alle intolleranze alimentari (io che sono celiaca lì posso mangiare serenamente e non solo insalata!!! :-)) e piattu gustosissimi, come dicono sul sito “da berlichesse aj barbis!” .

In più, una radio web tutta piemontese con artisti a km 0, i Toret – “Suma Bin Ciapà”, con la rubrica “Stai Manzo” dove 2 Macellai della voce, pronti a servire ½ etto di allegra simpatia intrattengono gli ascoltatori e molto altro ancora…

Una radio che ben si adatta all’identità di questa azienda che ha fatto della piemontesità e dei prodotti genuini a km 0 il proprio biglietto da visita!
http://www.mbun.it/

Nell’ambito dei quotidiani non si può non citare CAFFE’ MONDO, la trasmissione radiofonica in collaborazione tra oltreradio.it e la stampa.it, in diretta ogni mattina della settimana. On line c’è tutto l’archivio di approfondimenti.

Perchè un quotidiano internazionale dovrebbe avere anche una trasmissione radiofonica?

Bhè perchè in questo modo può fornire aggiornamenti in tempo reale sull’attualità internazionale, una rassegna stampa dei media internazionali ma soprattutto tante storie dal mondo.
Il pubblico che legge il quotidiano può essere diverso da quello che preferisce l’ascolto o l’approfondimento via radio.
http://www.oltreradio.it/caffemondo

scritto da Monica Cordola



[Capelli di Fata - foto di Cinzia Rui]

[Capelli di Fata – foto di Cinzia Rui]

Spesso mi imbatto in imprenditori che mi chiedono consigli sul SEO, per far comparire più in alto nei motori di ricerca i propri prodotti, insomma come posizionarsi in cima in modo che tutti vedano le pagine del loro sito!

La risposta è semplice devi attuare delle politiche di SEO per il tuo sito, anzi il sito deve essere studiato appositamente per il SEO e dovrai affidarti a dei professionisti del settore altrimenti… ciao non ti posizionerai mai!

Ora mi direte che questa è la cosa più importante di tutte vero?
Perché se non si è in grado di posizionarsi tra i primissimi risultati su Google nessuno potrà scoprire la bontà del nostro prodotto rispetto a quelli della concorrenza!

Ecco… vi aspettavo al varco… Sbagliato!
Ora vi spiego il perché!

Forse stiamo perdendo di vista un aspetto piuttosto cruciale il solo indicizzare un prodotto sui motori di ricerca (per quanto il vostro sia di qualità eccelsa) non basta!

Proprio così pensate un poco quando fate una ricerca su Google e guardate i risultati, cosa succede?
Ci sarà naturalmente il primo link poi il secondo e via dicendo io ne apro almeno 4 o 5 in schede diverse del mio browser e poi inizio a leggere la prima cosa che salta all’occhio è il prezzo, convenite con me?

Il problema è che per quanto bello e buono possa essere il mio prodotto il navigatore percepirà poco e niente della qualità che si offre tanto i prodotti elencati sono tutti uguali o tendenti all’esserlo perché voi come altri imprenditori vi state focalizzando sulle caratteristiche del prodotto che raramente vengono percepite come il valore aggiunto che proponete.

Vi faccio un esempio: dovete far fare le magliette brandizzate per il vostro merchandising aziendale allora iniziate a cercare in giro i siti dove vi stampano il logo e tutto il resto se il primo sito si posiziona con una campagna legata alla estrema qualità del cotone e quella dei colori che utilizzerà nella produzione basando la propria offerta “accattivante” solo sulle caratteristiche del prodotto probabilmente entrerà in concorrenza con i 25 risultati successivi e probabilmente acquisterete il prodotto da chi offre il prezzo migliore e una qualità simile non per forza uguale, il motivo principale di questo approccio all’acquisto è dettato dal fatto che l’acquirente non è un esperto del settore e tutti quanti sul mercato si stanno focalizzando su “il mio prodotto è di qualità”, retaggio di uno stile di posizionamento dettato dalle esperienze degli anni ’90 dove si andava a ritagliare la propria nicchia di mercato basandosi sul prodotto artigianale o di qualità superiore rispetto a quello industriale.

Quei tempi sono passati e bisogna trovare nuove soluzioni per differenziarsi e posizionare il proprio prodotto in primo luogo sul mercato prima che sui motori di ricerca.

Tornando all’esempio di prima si potrebbe puntare su un servizio aggiuntivo, del tipo ti fornisco le magliette per quantità suepriori a 100 pezzi stampiamo un 2D Barcode sulla maglietta stessa che rimanderà ad un portale dedicato all’azienda cliente dove chi riceve il gadget può iscriversi ed interagire creando una community legata al brand in qeustione, in questo modo sto posizionando il mio servizio/prodotto perché sono il primo a farlo, sfrutto strumenti nuovi e di aggregazione che possono portare anche un beneficio al reparto marketing dell’azienda che può utilizzare i dati per altre attività promozionali!

Avete in questo modo appena creato la C-Shirt… Community Shirt!

magliette

Quindi anche se propongo il mio prodotto ad un prezzo livemente più alto sto creando del valore aggiunto per l’acquirente!

A questo punto e solo a questo punto… una volta pianificata la strategia di prodotto devo impegnarmi nel SEO per indicizzare il brand sui motori di ricerca!!!

Spero che l’articolo sia stato di vostro interesse e vi invito a lasciare commenti e altri spunti di riflessione che possano tornare utili a tutti nel form dei commenti al fondo dell’articolo…

Presto altri contenuti sempre dedicati alla PMI… Stay Tuned!

[Scritto da Daniele Catarozzi]




















Il Business Plan questo sconosciuto!

[Vol. 2] Il Business Plan questo sconosciuto


Come promesso nel precedente articolo affrontiamo un argomento spinoso e spesso visto più come un fastidio che come uno strumento veramente utile, il Business Plan.

Iniziamo da un bel concetto… il business plan è utile serve per ottenere finanziamenti dalle banche.

Siete d’accordo?

Finalmente qualcosa su cui siete d’accordo…
bene allora vi informo che state guardando quell’oggetto del mistero focalizzandovi solo sul suo dito mignolo al posto di osservare l’intero corpo!
Il business plan serve anche per ottenere i soldini dalle banche che ci servono per avviare l’attività ma quello è uno degli aspetti a margine, perché la cosa fondamentale è che intraprendendo tutto l’iter che ci porterà alla stesura del documento emergeranno criticità ed aspetti del mercato che ci faranno capire da subito se l’idea che abbiamo avuto è attuabile o meno… Mal che vada abbandoneremo il progetto prima di buttare via soldi e rischiare un bel fallimento!

Altro aspetto importantissimo il nostro Business Plan è una “Roadmap” che ci aiuterà sia nelle fasi di startup che durante i primi anni di vita del nostro progetto, parlo di progetto e non di azienda perché un “BP” può essere redatto anche per sviluppare del nuovo business da parte di aziende già esistenti, che vogliono approcciare nuovi mercati o semplicemente aprire una filiale in altre aree!

Ora che vi ho convinto a redigere un bel business plan per lanciare la vostra idea possiamo iniziare!
Un’oretta di lavoro e via possiamo stamparlo cosa ne dite?

Speravate di metterci anche meno tempo?

Vi capisco fare il compitino è noioso… forse è però è meno noioso che passare del tempo con il vostro avvocato quando dovrete andare a depositare i libri in tribunale1

Quindi bando alle ciance ed affrontiamo qualche idea un poco più concreta anche perché per redigere un buon business plan ci metterete settimane quindi è meglio mettersi il cuore in pace e focalizzarsi sul proprio business, esatto se volete avere successo dovete per forza pianificare tutto!
In primo luogo è fondamentale avere le idee chiare e capire dove e come reperire le informazioni ci si può rivolgere a professionisti o a vari enti ed associazioni per farci aiutare nelle varie fasi dell’analisi e della stesura del piano di fattibilità, ad esempio per chi risiede a Torino, come abbiamo già accennato in un paio di articoli da noi pubblicati, c’è il [MIP della Provincia di Torino]

Inizierei con una testimonianza, persone che partono da una idea e pianificano e realizzano un progetto commerciale di successo, vi ricordo che anche Grom è partita così per ottenere ad oggi un successo mondiale.



Tralascerei la parte prettamente compilativa del documento al fondo potrete trovare due Link con una descrizione schematizzata per punti su come impostarlo.

Invece in questa parte dell’articolo scriviamo quelle che sono le difficoltà operative di alcuni aspetti che trovo fondamentali.

L’analisi di Mercato


Questa è una delle fasi più improtanti e che vi porterà via tantissimo tempo, perché anche se conoscete il mercato di riferimento dovrete fare particolare attenzione a tantissimi aspetti quali l’area di influenza, la concorrenza diretta e anche indiretta in tale area, altro aspetto fondamentale è la previsione della velocità di reazione dei concorrenti soprattutto quelli indiretti perché spesso passano più inosservati ma ci possono poi creare dei problemi sulle previsioni della nostra roadmap.

[L’esempio]
Vi faccio un semplice esempio, ipotizziamo di voler aprire un piccolo locale di pizza al taglio da asporto, scegliamo un’area dove apparentemente non ci sono concorrenti diretti solo un piccolo supermercato e qualche bottega di alimentari e primizie, l’area è appetibile perché vicino ad un comprensorio scolastico.
Apriamo e otteniamo subito un ottimo rientro dovuto ad una campagna marketing di volantinaggio di fronte all’ingresso dopo un paio di giorni abbiamo la nostra bella coda davanti al negozio nelle ore cruciali come previsto…
Risultato dopo la prima settimana i nostri concorrenti indiretti si sono accorti della possibilità di aggredire quell’area di mercato ed hanno già reagito proponendo nel supermercatino la pizza al taglio con una offerta simile alla nostra.
Quindi il bacino di clienti che inizialmente avevamo previsto viene eroso, certo la nostra pizza è più buona è calda ma all’inizio pensavamo di avere il monopolio sull’area di influenza ed invece non è così.

Diventa molto importante essere bravi ad osservare tutti i potenziali concorrenti e organizzare le nostre strategie prevedendo anche tali situazioni meno lampanti.
A questo punto una volta individuato la concorrenza diretta ed indiretta consiglio di utilizzare una [Matrice SWOT] questo ci permetterà di comprendere i punti di forza e debolezza del nostro prodotto e di pianificare conseguentemente le fasi operative.

La Strategia Marketing


Questo è uno degli aspetti che spesso si tralascia nelle PMI ed invece per la buona riuscita di una startup o di un progetto diventa fondamentale pianificare una strategia marketing e stabilire un budget adeguato alle esigenze.

[L’esempio]
Tornando all’esempio di prima la nostra pizzeria potrebbe decidere di posizionarsi anche su un mercato di nicchia e produrre la pizza per celiaci [è un mercato in crescita come spiegato nel nostro ultimo articolo sul tema], a questo punto la strategia di marketing potrebbe variare in base a questa scelta sul prodotto e utilizzare strumenti web di geolocalizzazione, accordi con associazioni legate all’argomento, realizzazione di campagne web con la pubblicazione di contenuti on line, propagazione del materiale pubblicitario attraverso le farmacie, e via dicendo!

L’organizzazione operativa dell’azienda e del ciclo di produzione


Questo è un aspetto molto complesso per riuscire a pianificare la produzione si deve conoscere bene l’argomento non si può improvvisare quindi o si conosce approfonditamente perché abbiamo fatto esperienza sulla produzione dell’oggetto/servizio che intendiamo offrire, oppure dovremo formarci o rivolgerci ad un professionista.
Sempre tornando al nostro esempio dovremo iscriverci ad un corso per pizzaioli e poi ad uno per la certificazione degli impianti e del personale, per la produzione di cibi per celiaci.

L’organizzazione e gestione del personale


Questa parte è abbastanza delicata perchè oltre a mettere nero su bianco nomi e mansioni bisognerà scegliere chi fa cosa ed in che modo.
L’unico consiglio che posso darvi è prendere in considerazione le abilità e le attitudini di tutti prima di promuovere una persona in un ruolo è fondamentale che tale individuo si senta a suo agio con quel vestito addosso.
Come dicevo in precedenza questo documento non serve solo ad ottenere i fondi necessari al progetto ma deve diventare un punto di riferimento e di condivisione di obiettivi e vision aziendali tra tutti i componenti del team!

La stesura degli obiettivi a breve e medio termine


In questa fase è importante pianificare le attività per il raggiungimento di obiettivi sia di breve termine che di medio, dovremo essere in grado di pianificare la ormai famosa roadmap che descrive le tempistiche che ci porteranno ad essere operativi ed in grado di iniziare ad introitare ricavi!
Consiglio per questa fase di utilizzare un software per la generazione di un [Diagramma di Gantt] (tra gli approfondimenti trovate il link al sito di un progetto open source dove potrete scaricare gratuitamente un software specifico per la pianificazione delle risorse)

Eccoci giunti alla fine di questo articolo, naturalmente ci sarebbero tantissime altre cose da dire, ed argomenti da approfondire ma spero di avervi almeno dato qualche informazione utile, intendo approfondire in futuro singoli aspetti del Business Plan e della pianificazione dei vari aspetti operativi della messa in opera di un progetto su [Sail4Sales]

Se volete aggiungere idee o opinioni oppure porre domande in merito all’articolo potete farlo nei commenti al fondo, che ho lasciato assolutamente liberi!

Scritto da Daniele Catarozzi

Fonti e approfondimenti:

[Come fare un Business Plan in 10 mosse – il Sole 24 ore]

[Imparare a scrivere un Business Plan efficace – Ninja Marketing]

[Gantt Project cross platform desktop tool for project scheduling and management]


Ctm_social


Sì, c’ero anche io al World Communication Forum digitale a Milano presso Piazza Affari, insomma nel cuore pulsante della finanza … in chiave digitale!
Il Forum della Comunicazione Digitale, alla sua quarta edizione nel contesto del World Communication Forum, aveva come tema quest’anno “WELCOME TO THE SOCIAL ECONOMY”.


Ho tantissime cose da raccontare: innanzitutto ho viaggiato per la prima volta con Italo, poi ho conosciuto finalmente di persona Andrea Albanese, community manager di Social Media Marketing Italia e Social Media Marketing Italiano, ed ho speso ben 14 euri per un piatto pronto + bevanda in uno dei bar limitrofi!
Fermo restando il ringraziamento per il network Comunicazione Italiana che organizza questi bellissimi ed interessantissimi eventi con la possibilità di fruirne gratuitamente come pubblico, inizierò da ciò che mi è piaciuto di più: le “conversazioni” sul tema “Content management e Social media: la nuova sfida del marketing nell’era della convergenza digitale”.


Conduceva la chiaccherata tra i Digital Innovation Leader, Gianpaolo Rossi, esperto di New Media & Content Management, nonchè presidente di Greater Fool Media.


Quindi le parole chiavi sembrano da subito essere:

content management e social media

ma anche separandole ad una ad una,

content + management + social + media.


Il vero business di un’azienda è il suo prodotto o il suo cliente?
Citando Peter Drucker “Il business ha solo due funzioni fondamentali: il marketing e l’innovazione. Il marketing e l’innovazione producono risultati: tutto il resto rappresenta costi”.
Oggi il marketing significa costruire una narrazione innovando.


Barbara Montepilli, responsabile Comunicazione Commerciale di PosteMobile, l’operatore virtuale del Gruppo Poste Mobile nato solo 5 anni fa, ci descrive prima il contesto in cui opera la sua azienda: 14000 uffici postali, mercato saturo e forti competitors con grandi budget a disposizione. PosteMobile ha puntato anche sulle campagne tradizionali per raggiungere il grande pubblico, ma in modo originale, ma per esempio usando un flash mob per lanciare meglio uno spot tv che sarebbe stato visibile in televisione solo 15 giorni. Con questa iniziativa e tante altre (es. contest in crowdsourcing …) hanno potuto avere 5000 nuovi fans su FB e 800000 visualizzazioni del video in poco tempo. E’ in preparazione anche un video su un nuovo prodotto-servizio di PosteMobile con una mini serie a puntate con alcuni degli attori dei Cesaroni.


Simona Zanette, presidente IAB (Interactive Advertising Bureau) Italia e AD di alFemminile.com (http://www.alfemminile.com/)
ci parla dell’ evoluzione dei mezzi di advertising. Oggi i parametri della comunicazione sono dinamici: prima il messaggio era unidirezionale e tutto era incentrato sul controllo del messaggio stesso, oggi il tutto è più “liquido” e servono ascolto e velocità.
Bisogna capire come misurare insieme i ritorni da tutte le piattaforme.


In questo ci aiuta Paolo D’Ammassa, AD dell’agenzia di communicazione Connexia raccontandoci di un esperimento di marketing trasformatosi anche in un libro per approfondire quanto conta il valore immateriale e simbolico di un prodotto. Due ricercatori americani hanno comprato 100 oggetti, li hanno regalati a degli scrittori che hanno scritto delle brevi storie inventate sui prodotti e poi li hanno messi su e.bay per vedere la differenza che poteva fare la storia sul prezzo vendita finale dell’oggetto. Ebbene tantissima.
es. piastrella del valore di 1 dollaro con la scritta numero 4 è stata venduta al prezzo finale di 88 dollari.
In totale i 100 oggetti pagati in complesso 128 dollari sono stati venduti a 3483 e passa dollari. La storia del prodotto è rilevante x 70% degli intervistati. Quindi marketing= narrazione, come dicevamo all’inizio.
Ti racconto il mio prodotto, ma è il come te lo racconto che fa la differenza.


Francesco Barbarani, head of Fox Networks and Digital di Fox International Channels Italy, affronta il tema del digitale nelle aziende televisive. Loro hanno iniziato 4 anni fa con FlopTV (www.floptv.tv/), la web tv di ultima generazione dedicata alla comicità, al surreale e all’umorismo. E’ una creazione di FoxFactory e del dipartimento New Media di Fox che si avvale di coautori romani e sforna 60 produzioni all’anno.


Andrea Maffini, CEO Romanimata e presidente di Assowebtv, associazione delle tv web italiane, afferma che il marketing è far partecipare i clienti alla narrazione. Per spiegarci meglio di cosa parla, ci fa l’esempio della campagna “be heart of it”, un app mobile con cui i fan di una notissima artista musicale possono farsi una foto che compone la faccia dell’artista per la copertina del suo disco.
Un esempio di iniziativa che funziona molto bene quando il target é giovane.
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Luca Pacitto, Head of Communication Fastweb ritorna sull’importanza del coinvolgimento emozionale del cliente nel brand anche quando si vende un servizio non tangibile.
La campagna istituzionale “keep calm and run faster” per la fibra con Owens ha avuto tantissimo successo.
A Milano hanno realizzato poi un progetto che ha avuto un super impatto sui social: “is your line that fast?” trasformando la fermata Moscova della metropolitana milanese nella fermata di una città del Giappone, per spiegare in modo inusuale che la fibra accorcia le distanze!!! Un’ idea fondata sul concept advertising e realizzata sfruttando la territorialità locale. Questa trasposizione del mito della velocità è stato
propagato molto bene sui SN, forte anche di una curata preparazione realizzata prima.


http://www.youtube.com/watch?v=OTG0w6BHZvg


Barbara Ghirimoldi, Head of Marketing and Communication in Marsh S.p.A, azienda che si occupa di consulenza e gestione dei rischi e che intrattiene relazioni principalmente con broker assicurativi, aziende, enti pubblici … Marsh ha creato un portale ad-hoc, marsh-personal (http://www.marsh-personal.it/) e per spiegare “giocando e divertendosi” il valore di un prodotto assicurativo introdurrà a breve una campagna con un personaggio inventato: Rudy Gorilla (presentazione ufficiale a giugno 2013).


Quindi, l’importante è il contenuto, la narrazione coinvolgente ed emozionante, la storia.
Anche i mezzi tradizionali funzionano sempre ma sono usati in modo originale in modo da generare poi propagazione sui social media.


scritto da Monica Cordola



















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Se ci sono idee e progetti ponderati anche i “Piccoli” possono RUGGIRE!!!


Benvenuti ad un altro appuntamento della nostra rubrica MysteryCool dove sveliamo i segreti che si celano dietro realtà di successo.

Oggi vi parleremo della [Copat srl] una realtà tutta piemontese che commercializza utensili, accessori per il cablaggio e componenti elettrici per il settore automotive che ha saputo negli anni attuare una serie di strategie aziendali che hanno permesso di ottenere ottimi risultati.
Andiamo quindi ad analizzare insieme gli elementi che più mi sono piaciuti.

A questo punto soprattutto per i più scettici consiglio di continuare la lettura, perché quello che ho visto nella Copat è la risultante di tantissimi degli aspetti positivi che abbiamo raccolto fin qui e dei quali vi abbiamo parlato nei precedenti articoli.

Proprio così vi stiamo portando una testimonianza del fatto che ciò che è stato scritto non sono solo buoni propositi ma ci sono realtà che stanno utilizzando (anzi le utilizzavano già prima della realizzazione di questo blog) tali strategie per ottenere risultati.

Sicuro che mi perdoneranno i più anche se continuo con il mio solito atteggiamento critico, ma qualcuno che vi “vuole bene”… la scossa, ve la deve pur dare (è risaputo… ai Clienti e ai Lettori si deve voler bene… come persone care di famiglia). 😉

Quindi se pensate ancora “ci vogliono troppi soldi” o “non abbiamo tempo per…” sarà il caso di rivedere in quale direzione si sta navigando per poter apportare le giuste correzioni alla rotta, perché i motivi che ci stanno spingendo in acque profonde e tempestose probabilmente, sono altri e la situazione necessita di ulteriori analisi!

Andiamo a sbirciare il perché di tanto successo, in primo luogo l’analisi del mercato e l’attenzione verso i feedback che arrivano dai commerciali on site hanno permesso alla dirigenza Copat di portare avanti dei progetti di ricerca e sviluppo per la realizzazione di prodotti di qualità e di utensili semplici ed innovativi per agevolare gli utilizzatori finali nel loro lavoro.
Insomma hanno saputo seguire da subito la tesi secondo la quale il cliente vuole essere ascoltato e lui stesso ci consiglierà come ed in cosa vuole spendere i suoi soldi.

Proporre poi i propri prodotti anche su mercati particolari quali quello della preparazione di auto da corsa ed il restauro di auto d’epoca è quasi una scelta obbligata per chi ha fatto dell’aftermarket automobilistico uno dei settori di punta della propria strategia di vendita che prevede una forte componente consulenziale.

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Foto di Daniele Catarozzi – [Lancia Stratos]

Ma come vi ho detto mille volte e vi ripeto per la “milleunesima” questo non è abbastanza, i prodotti anche di qualità non si vendono da soli!
Come ha reagito la realtà che stiamo osservando? La “piccola”, ma organizzatissima azienda del torinese ha saputo coniugare l’esperienza con il nuovo, adattando a proprio uso e consumo strategie osservate per altri settori, realizzando una rete commerciale e logistica sul territorio italiano decisamente particolare, sono stati attrezzati infatti una serie di furgoni per la tentata vendita, si è scoperto che sia per il settore di riferimento che per la particolarità dei prodotti offerti, questo è lo strumento che più si adatta al mercato e che contemporaneamente permette una gestione logistica molto snella ed efficace, permettendo tempestività delle consegne ed un servizio di somministrazione dei beni che si adatta perfettamente alla clientela, offrendo i giusti quantitativi e evitando al cliente costosi stock di magazzino.
Questa strategia si è dimostrata faticosa nel breve ma assolutamente vincente nel medio termine ed ha contribuito alla fidelizzazione della clientela e alla continua espansione sul territorio italiano.

Altro punto di forza è il continuo sostegno della rete commerciale da parte del compound marketing che lavora in sinergia continua con gli operatori impegnati sul campo, in questo ambito è stata sviluppata una comunicazione su vari fronti partendo dai servizi di fidelizzazione del cliente finale con corsi per arrivare a vere e proprie consulenze tecniche, a tal proposito… vi consiglio di rileggervi il nostro articolo [Parola d’ordine Fidelizzare].

Arriviamo in fine alle attività di pura propagazione del marchio ma sempre su argomenti fortemente correlati al mercato di riferimento come sponsorizzazioni a progetti all’avanguardia nel settore automotive.

Ne è un esempio il progetto Xam 2.0 del [Team H2politO – Molecole da Corsa]

Vi lascio ad un contenuto multimediale molto esauriente:

http://www.youtube.com/watch?v=9bG8067z_ts

Fin qui abbiamo rivisto tutta una serie di attività che si possono attuare sul mercato italiano per cercare di far crescere la propria azienda già gli aspetti analizzati potrebbero bastare a guadagnarsi un posto nella nostra rubrica MysteryCool ma come al solito cerchiamo di stupirvi e quindi andiamo ad affrontare ancora un ultimo argomento prima di lasciarci fino al prossimo articolo…

I dirigenti Copat hanno deciso da alcuni anni di affrontare anche un altra sfida, quella della internazionalizzazione, proprio così la famigerata parola che tutti vorrebbero poter pronunciare parlando della propria azienda e che spesso purtroppo si trasforma in un nulla di fatto.

Sono stati in grado di espandere il proprio mercato con passi brevi, pianificati e decisi e ad oggi hanno raggiunto mete che fino a pochi anni fa sembravano irragiungibili, lascio a voi meditare sulla portata di tali operazioni attraverso la prossima figura…

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Non lo trovate interessante?
Vi lascio soltanto uno spunto… “improvvisare tali progetti vi porterà soltanto a buttare via dei soldi nella speranza di ottenere risultati”!

Quindi vi prometto che affronterò più nel dettaglio l’argomento in futuro con l’aiuto di un paio di colleghi professionisti del settore “internazionalizzazione”, perché secondo me è uno di quegli argomenti assolutamente da trattare ma che per ovvi motivi di spazio non riusciremo ad approfondire in questa occasione vista l’immensità dell’argomento…

Vi ricordo che per eventuali informazioni e domande i commenti al fondo dell’articolo sono aperti a tutti!
Si ringrazia Paolo Guazzone Direttore Marketing Copat srl per la collaborazione.

Vi aspetto tutti al prossimo scottante articolo… sempre in stile MarketCool!

Scritto da Daniele Catarozzi


















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Benvenuti ad un’altra puntata di MysteryCool la nostra rubrica dedicata alle realtà di successo!


Ok calma fermiamo l’eccitazione siamo nervosi è comprensibile, le energie in gioco sono notevoli…

A questo punto ci sediamo nel cockpit della nostra monoposto, ci facciamo aiutare dai meccanici per stringere bene le cinture di sicurezza…

All Check… OK… Engine On… “I meccanici liberino la pista”… Giro di ricognizione ultimato… Si accendono le luci rosse… una ad una… Il suono dei motori cresce in una possente cacofonia e poi in un istante… Si spengono i semafori… Lo stridere degli pneumatici sulla pista riempie le nostre orecchie e l’odore di gomma bruciata pervade l’aria… Alla prima curva tutte le monoposto sfilano senza problemi!!

Che spettacolo vero?

A motori caldi vi catapultiamo nel mondo delle corse… su monoposto leggerissime spinte da propulsori dal canto sibillino e dirompente.

Se vi state chiedendo come una scuola per piloti possa rientrare negli argomenti che di solito trattiamo vi rispondo subito.

La HMRDS ha saputo trasformare un prodotto decisamente di nicchia in un “qualcosa” di largo consumo insomma proprio alla portata di tutti.
La prima volta che ho letto di loro sono rimasto incuriosito dalla storia che questa scuola vanta, anche se leggevo più da appassionato di corse che da sportivo, sì perchè la Scuola di pilotaggio Henry Morrogh nasce nel 1968 e mica sono stati lì a “smacchiare leopardi” [cit.] hanno prodotto negli anni ben 25 piloti di F1 tra i quali:
Elio DE ANGELIS, Eddie CHEEVER, Andrea DE CESARIS, Teo FABI, Corrado FABI, Piercarlo GHINZANI, Bruno GIACOMELLI, Alessandro NANNINI, Emanuele PIRRO, Alex CAFFI, Fabrizio BARBAZZA, Nicola LARINI, Andrea CHIESA, Giovanna AMATI, Giovanni LAVAGGI…

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E anche un personaggino del calibro di Jaques Villeneuve (figlio del compianto Gilles)… Sì proprio il campione del mondo del 1997!
Quell’ultima gara con tanto di sportellata di Michael la ricordo come se fosse ieri!

La differenza rispetto a tutti i loro concorrenti è che Mr. Henry Morrogh ha sempre creduto che gli sport motoristici non devono essere ad esclusivo appannaggio dei benestanti, ma da quando ha creato la sua scuola per piloti ha sempre cercato di dare a tutti l’opportunità di salire su una monoposto.

Qui iniziamo ad analizzare il successo della sua attività, questa scelta lo ha portato ad inventarsi un servizio e renderlo abbordabile dal punto di vista dei costi senza pesare sulla qualità.
I risultati si possono valutare in base ai campioni che sono stati sfornati dalla scuola, ma non solo.

Dire che uno sport è alla portata di tutti significa anche investire e credere in una mission, quindi la scuola ha attrezzato una monoposto per la guida dei disabili.

Avete capito bene… lo stesso Alex Zanardi ha collaudato la monoposto dedicata ai corsi per paraplegici, in fondo… come dice Alex stesso, chi è più “tagliato di lui” per una consulenza del genere… 😀
Vi lascio al video!



Arrivati a questo punto i più affezionati lettori mi staranno sicuramente preparando una pletora di post nei quali mi ricordano che io stesso ho scritto più volte che il prodotto di qualità e al prezzo giusto non basta, che non si vende certo da solo e soprattutto il passaparola è un sistema che non produce abbastanza risultati e non può essere visto come l’unico strumento di marketing…

Anticipo tutti rispondendo che anche io come Henry non sto qui a smacchaire “felini maculati” ma se vi propongo una case-history è perché ci ho visto qualcosa.

Infatti nella sua “vita moderna” la scuola grazie anche all’apporto di Giovanni Ciccarelli imprenditore che affianca Henry sia come socio che come amministratore, ha saputo investire nel marketing sul web e in televisione, infatti oltre ad essere presente sui principali blog e riviste di settore la HMRDS ha lanciato a novembre 2012 un reality dove persone “comuni” si sono calate nei “panni ignifughi” di piloti di monoposto!

Geniale non trovate?

Ok pensate ci vogliano troppi soldi?

Vi sbagliate… ci vuole un progetto di comunicazione chiaro, delle idee attuabili, metodo e determinazione.
Nessuno vi impedisce di fare la stessa cosa per la vostra attività ma al posto di utilizzare un canale satellitare potreste creare un canale web su youtube e propagare la notizia attraverso social network e blog di settore!

Ribadisco solo… come sempre!.. Il concetto che se iniziate un progetto dovete avere le idee chiare ed affidarvi a professionisti seri!
Oppure di studiare veramente… seguire i corsi giusti e non lasciare nulla al caso se non volete gettare al vento preziosi soldini!

Ricordate però che spesso le attività di successo sono legate a valori forti, da condividere… Perché il popolo del web è attento e vi valuta sempre…

Henry e Giovanni credono nella possibilità di diffondere il loro sport a tutti indiscriminatamente… E voi avete una vera mission… Cosa volete trasmettere?

Se ho stimolato la vostra curiosità vi segnalo il link alla scuola di pilotaggio [Henry Morrogh Racing Drivers School]

Il passato…



passato

Il presente…


monoposto

Devo ammettere che dopo aver visto tale realtà le mani mi “prudono” non poco e l’idea di calarmi in uno stretto abitacolo e sfrecciare a pochi centimetri da terra ad alta velocità su un gioiellino di meccanica e fibra di carbonio mi alletta non poco… 😀

Ringrazio Maria Di Girolamo Public Relations Manager HMRDS per la collaborazione e ricordo a tutti che dietro realtà vincenti ci sono sempre delle squadre affiatate!!! 😀

Scritto da Daniele Catarozzi

L’influenza del web sulla comunicazione commerciale di tutti i giorni



comunicareFoto di Cinzia Rui [Comunicare]

[Tempo di lettura medio: 6 minuti e 30 secondi]… Investire questo poco tempo… potrebbe veramente valerne la pena!

Sono ormai passati alcuni anni, dal giorno in cui, navigando il web in cerca di spunti per un progetto che seguivo, mi imbattei quasi per caso nel Cluetrain Manifesto.

Un documento redatto da: Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls, David Weinberger.
Il “libro” contiene 95 tesi e vuole gettare le basi per ciò che gli autori reputano “sarà” l’evoluzione del modo di comunicare.


Cluetrain manifesto

Cluetrain manifesto

Uno dei punti cruciali delle tesi è focalizzato su come internet trasformerà il mondo dell’advertising permettendo una comunicazione one to one a differenza dei canali tradizionali che permettono solo un flusso di comunicazione one to many.
Certo che le parole scritte nelle poche righe di sopra sono dei concetti che per chi fa il nostro mestiere e si mantiene aggiornato è un poco il pane di tutti i giorni, con le mille sfumature che nascono dal confronto con altri professionisti sul web e durante i momenti di networking on site!
Bene…

Peccato che il Cluetrain Manifesto sia stato pubblicato nel 1999, per intenderci cinque anni prima del lancio di Facebook e che ancora oggi questi concetti vengano in gran parte rifiutati o comunque ritenuti di poca importanza, le aziende che aprono pagine su Fb e socialnetwork vari e che poi non fanno nulla per incentivare la comunicazione ma lasciano staticamente (come nel miglior concetto della loro struttura) la pagina ad invecchiare, pensando che la loro paginetta/sito web siano il centro della rete, sono tantissime, la cosa più esilarante, per chi li osserva non certo per chi ha tirato fuori i soldi per il progetto, è che si aspettano anche dei rientri, da tali operazioni!

Da buon Cibernauta Marketer e venditore per passione, oltre che professione, in questi ultimi anni ho notato dei cambiamenti, probabilmente dettati dalla teoria Darwiniana… pian piano chi non si sta evolvendo… si estingue professionalmente!
Ho scelto alcuni concetti espressi nel manifesto, anche perché per ovvi motivi non potremo affrontare tutte e 95 le tesi su queste pagine!

Ok partiamo da quella che, definire una prefazione è semplicistico, ma viene pubblicata in questa forma:

“I mercati online cominciano a organizzarsi da soli molto più rapidamente delle aziende che tradizionalmente li rifornivano.
Grazie alla rete, i mercati diventano più informati, più intelligenti e più esigenti rispetto alle qualità che invece mancano nella maggior parte delle aziende.”
[cit. Cluetrain Manifesto – Traduzione italiana di Luisa Carrada]

Questa frase mi ha fatto rabbrividire nel 2004, in quegli anni, come accennavo nelle prime righe, gestivo il customer care di un e-commerce di materiale hi-tec, tali parole trovo siano il perfetto riassunto di quello che stava avvenendo in quegli anni, urgeva assolutamente un cambiamento che apportammo quasi repentinamente anche se dei danni dal punto di vista della comunicazione ed organizzazione erano già stati fatti.

Il problema è che in Italia, nazione di “furbetti”, non ci si rende conto ancora oggi, che le “bugie” hanno le gambe corte che il cliente è informatissimo e non lo si può “intortare”.

Vi lascio uno spunto di riflessione… quante volte quando dovete acquistare un oggetto andate a verificarne le caratteristiche su internet?

Io lo faccio praticamente sempre… anche perché gli acquisti scaturiscono da bisogni percepiti e sempre di più cerchiamo nel web gli strumenti per soddisfarli!
Una volta recepite le informazioni che ci interessano non per forza effettueremo l’acquisto on line ma saremo preparati ed informati a dovere sull’argomento.

Un esempio concreto su come i mercati si stiano informando ed evolvendo:
Se un tempo non partiva l’automobile, si portava dal meccanico che ci poteva raccontare anche la storia della fusione dei metalli pesanti per la realizzazione delle parti motore senza che noi comprendessimo quale era stato il problema e come era stato risolto, il più delle volte si risolveva tutto con un “ho sostituito questo e ora il veicolo funziona”.

Oggi mi collego al forum del mio modello di automobile e verifico se qualcun altro ha avuto il mio stesso malfunzionamento e come lo ha risolto, di certo arrivo più preparato rispetto al passato e con una idea di quello che sta accadendo sulla mia amata/odiata “vettura”, questo influenzerà anche il mio giudizio sulla qualità del prodotto e porterà a diverse scelte nel momento in cui dovremo “fare il cubo” della vecchia automobile ed acquistarne una nuova.

Le prime tesi danno lo spunto di riflessione più forte…

“I mercati sono conversazioni”


La comunicazione nei nuovi mercati, deve avvenire bilateralmente, questo un commerciale lo vive tutti i giorni, ascolto e proposta di soluzioni, fanno parte del quotidiano, il venditore che si siede al tavolo e inizia a descrivere automaticamente tutto il proprio repertorio di prodotti è da raffrontare alla testuggine Astrochelys yniphora, forse non è ancora estinto ma ci manca pochissimo.

Se assumiamo come vera la tesi che i mercati sono conversazioni è naturale proseguire su questo canale, di fronte abbiamo sempre delle persone e alle loro orecchie ed occhi lo siamo anche noi.
La comunicazione dovrà essere quindi gestita tra persone e non tra azienda e persona o peggio ancora tra azienda ed indefiniti segmenti demografici.

Mi è capitato spesso di incontrare “emissari” di grandi aziende che entrando in “casa mia”, si presentano come… “Siamo la Acme Pinco Pallo SPA” e si aspettano di essere ricevuti con il tappeto rosso ed ossequiosi inchini, non dico che il brand non sia importante, ma tecnicamente io ho a che fare con persone e quando acquisto qualcosa penso anche che se poi ho bisogno di assistenza parlo con queste persone e non con la moltitudine di azionisti della “grande impresa”.

Facendo un salto dall’altra parte della barricata, devo essere consapevole che chi paga gli stipendi (inteso come il cliente) è una persona e non una statistica, se ci aspettiamo che un “numero” strisci la carta di credito e acquisti da noi, perché è la statistica a dircelo, secondo il mio modesto parere siamo “spacciati” e ci dobbiamo accomunare alla testuggine di cui sopra! 😀

Il richiamo ad evolversi è fortissimo nella tesi 14 gli autori ci invitano a comunicare con voci umane in luogo di quelle piatte e vuote che utilizzano le aziende, noi in realtà lo facciamo già, cambiamo modo di comunicare in base alla situazione in cui ci troviamo, perché non applicarlo anche alle strategie di vendita?
In fondo i commerciali che vivono sul campo si sono per forza adeguati, il servire sul piatto d’argento le caratteristiche del prodotto che stiamo proponendo non serve più a nulla e gli imprenditori preferiscono scoprire cosa può dare in termini di valore aggiunto una soluzione più che le mere caratteristiche tecniche!

Immaginate di trovarvi ad osservare l’attore di uno spot pubblicitario che vi propone il prodotto oggetto della promozione, ma al posto di essere in TV è di fronte a voi e cerca di vendere utilizzando le stesse parole dello spot… (ok ho estremizzato ma la sensazione è la stessa se accolgo qualcuno in “casa mia”, non è per avere di fronte una brochure vivente ma per ricevere soluzioni a dei problemi).

La tesi 21 è una delle mie preferite, per spiegare meglio il concetto, lascio che parli una foto al mio posto…

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Foto – Pale Blue Dot – Sonda Voyager 1 – (NASA – Carl Segan)

L’oggetto misterioso che vedete sopra, è la Terra in una foto scattata dalla sonda Voyager-1, ai confini del Sistema Solare nel 1990 da sei miliardi di chilometri di distanza.

Quando ho visto questa foto ho capito una cosa, che è proprio inutile lamentarsi per ogni cosa o prendersi troppo sul serio… noi, le aziende per le quali lavoriamo, i nostri potenziali clienti, le persone “imbranate” che ci tagliano la strada al mattino in macchina… siamo tutti un puntino più piccolo, su quel puntino blu, costantemente indaffarati a fare mille attività, agitarci se si avvicinano le scadenze e non abbiamo raggiunto i target di fatturato, sempre tutti seri ed “impettiti”.

Guardiamo la foto in pace 5 minuti ragionando sul puntino e su tutto quello che lo circonda e poi ditemi se non vale proprio la pena prendersi un poco meno sul serio!


Negli anni abbiamo imparato ad evitare gli atteggiamenti ampollosi e affettati delle comunicazioni impacchettate dai media, ormai è abbastanza usuale affrontare le discussioni come se si fosse in torno al tavolo del pranzo parlando e confrontandosi.

Utilizzare termini come “siamo posizionati per essere i primi, siamo i leder di mercato, riferimento per…”, non costituisce assolutamente un posizionamento, anzi ci rende ridicoli agli occhi dell’interlocutore, che sicuramente è più informato di quello che immaginiamo e avrà sentito altri commerciali affermare lo stesso concetto prima di noi, diventa necessario mettere in tavola argomenti interessanti e non le didascalie dei volantini pubblicitari.

Il concetto di scendere dalle torri d’avorio, parlare con la gente, ed entrare in contatto con le persone è uno degli argomenti che più mi ha colpito.
Meditando proprio su tale aspetto, ho osservato che questo atteggiamento è stato spesso adottato nelle campagne presidenziali in USA, è piuttosto semplice trovare foto dell’agenzia fotografica Magnum Photo, di candidati democratici che stringono le mani o cercano quasi di “abbracciare” la popolazione per ottenere l’ambito voto, la sensazione che vogliono dare, è legata al concetto di contatto, il voler entrare in empatia dimostrando… “cammino tra voi, sono uno di voi”… se lo fanno gli uomini più potenti del mondo o almeno chi concorre a diventarlo, chi siamo noi per rifiutare tale concetto?

Oltre ai benefici in fatto di attenzione da parte dell’interlocutore che l’empatia aiuta ad ottenere, la vicinanza emotiva alle altre persone ci “traghetta” verso uno stato rilassato e ci aiuta a focalizzare il discorso sui problemi che vogliamo affrontare senza doverci preoccupare di dettagli ed “etichette” di secondaria importanza per il legame che in quel momento si è andato ad instaurare.

Tutto questo avviene solo se riduciamo le distanze della comunicazione, sembrerà ai più, una cosa scontata ma se i mercati stanno diventando più “intelligenti” dovremo imparare a parlare con il loro stesso linguaggio, è inutile lamentarsi dell’impossibilità di comunicare i concetti complessi che abbiamo in testa se non facciamo lo sforzo di adattare il nostro linguaggio a quello degli interlocutori.

Un’altro aspetto che spesso viene trascurato è il feedback dei mercati, le persone hanno esigenze e le richieste che ne scaturiscono non devono per forza di cose essere “taggate” come rotture di scatole, vi dico questo data la mia esperienza diretta nel settore informatico dove il cliente viene costantemente visto come “il rompiscatole di turno, che chiede cose assurde” forse ci si dovrebbe rendere conto che per quelle richieste, le persone potrebbero essere disposte a pagare di più e più volentieri rispetto ai prodotti che andiamo a proporre.

Giunti fino a qui, ci renderemo ormai conto che non sempre nel nostro repertorio di prodotti/servizi c’è la soluzione giusta per tutti…

Quindi saremo sicuramente d’accordo sull’importanza di questa esigenza, cioè la necessità di dare alle persone il tempo e l’attenzione che meritano, in modo da averne in cambio le informazioni che serviranno alla realizzazione dei prodotti e dei servizi che le persone (il mercato) sono disposte ad acquistare e pagare!

Un ultimo sforzo… La mattina prima di uscire di casa dovremo in fin dei conti, solo porci un semplice quesito per renderci conto se siamo pronti ad affrontare la giornata:

“Mi sento in grado di parlare con delle persone oggi?”


Scritto da Daniele Catarozzi

Vi è piaciuta la sparata? [cit. Al Pacino in “Scent of a Woman – Profumo di Donna”]
Allora Stay Tuned Soon on MarketCool altre interessanti osservazioni dei Cibernauti Marketer!



















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Foto di Daniele Catarozzi – Strategia

[Vol. 1] Pensavo fosse amore e invece era un calesse, l’idea non basta…

[Cit. film del 1991 diretto da Massimo Troisi]

Oggi vi racconto qualcosa che forse vi cambierà la vita o almeno il modo di osservare le cose intorno a voi.

Mi capita spesso di passeggiare per strada e notare, soprattutto nel quartiere dove vivo, vecchie attività che chiudono e nuove che sorgono nei locali lasciati vuoti dalle precedenti “avventure” di business.
Escludendo quelli che già a prima vista si rivelano degli “epic fail” e che raramente durano più di un anno, mi è capitato a volte di notare idee innovative, dislocate in posizioni strategiche e parlando con la mia “socia di vita” (l’altra cibernauta marketer per intenderci) poter dire “cavolo che bella idea che ha avuto, se gioca bene le sue carte questo fa il botto”.

Bene molto raramente quelle persone hanno “fatto il botto” il perché lo andremo ad analizzare nelle prossime righe…

Evidentemente non hanno giocato bene le carte a disposizione, ma di quali carte parliamo? È facile parlare con il “senno del poi” giusto?


È proprio per questo che il senno ce lo dobbiamo mettere prima!
Vi state chiedendo in che modo? Bene vuol dire che siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

Affronterò attraverso più articoli i vari aspetti da analizzare. Questa volta iniziamo da cose pratiche e “spicciole” ma che possono fare la differenza tra una attività di successo ed una fallimentare.

Sì perché se non partite con il piede giusto è molto probabile che nell’arco di uno o due anni dovrete chiudere bottega se non peggio… ovvero, dichiarare fallimento con tutto quello che comporta.

Vi sto spaventando vero?
Molto bene perché la paura vi mantiene vigili, avere una idea e “subodorare” il business che ne può venire non significa avere già una attività funzionante per le mani.
Piccolo consiglio: se pensate di aprire una azienda facendo lo spin-off dall’attività per la quale state lavorando come dipendenti è il caso che vi leggiate prima questa [Intervista]

Allora da dove iniziare? L’analsi dei costi e del budget


Se riusciamo ad avere una idea abbastanza precisa dei costi a medio termine potremo poi passare alla fase di analisi SWOT e del fatidico Business Plan (di questi due aspetti ne parleremo in altri articoli), ma prima di tutto dobbiamo renderci conto quanti soldini servono per trasformare la nostra idea in attività di business!

La prima cosa da fare è quindi iniziare a raccogliere dati; le informazioni sui costi sono fondamentali ed è proprio il focus di questo articolo. Spesso sottovalutiamo alcune voci dei centri di costo: queste voci “occulte” sono i principali nemici. Sottovalutando alcuni centri di costo si ottengono informazioni fuorviani che ci porteranno ad avere delle difficoltà una volta avviata l’attività.

Facciamo alcuni esempi, avete pensato sicuramente alla ristrutturazione dei locali, ai costi fissi per l’affitto, l’energia elettrica, l’acquisto del magazzino (inteso come eventuali beni da rivendere), eventuali royalties per il marchio se aderiamo ad un franchising, i costi di commercialista e ciò che come minimo dovremo versare allo stato?
Ci avete pensato bene?… Quindi abbiamo tutto quello che ci serve… Cosa ne dite ci buttiamo in questa nuova avventura?
Ecco fatto sotto trovate la stupenda foto del nostro fiammante shop! 😉

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[Foto di Fabio Catarozzi – Portobello Road]

Ok ora siamo pronti per fare fallimento…



No, non strabuzzate gli occhi, se pensavate che i costi per l’apertura di una piccola attività sono tutti qui e avete esaurito il budget a disposizione con l’adempimento degli obblighi derivanti dalle voci di costo che ho elencato sopra vuol dire che avete dimenticato una bella fetta della torta e questo vi porterà ad un epic-fail!

Cosa manca nella lista dei costi?
Semplice mancano le voci “Advertising” e “Costi del personale”.

Sì, lo so che la seconda voce per voi non esiste siete da soli non dovete pagare nessuno…
Sbagliato (dovrete pur portare a casa la pagnotta) se lavorate nella vostra attività è d’obbligo mettere in conto anche il vostro stipendio, gli utili dovranno arrivare al netto di tale voce di costo, se è l’unica cosa che riuscite a gaudagnare dal vostro business è uno stipendio è meglio che vi mettete a cercare un lavoro da dipendente, frutta di più e vi da meno preoccupazioni (nonostante il periodaccio)!

Altro aspetto dei costi del personale che non viene quasi mai preso in considerazione è la voce “costi per la formazione”.
Sì lo so… siete bravi in quello che fate e avete avuto una idea geniale da trasformare in business, ma dovrete formarvi su diversi aspetti, aprire una azienda comporta la necessaria acquisizione di competenze, un investimento che ha costi di attuazione più elevati di quanto immaginiate.

Ok a questo punto il meno è fatto… Sì il meno perché se pensate (o vi hanno fatto pensare) che basterà aprire un negozio fronte strada e tutti non vedono l’ora di entrare nella vostra attività per spendere i propri soldi vi state sbagliando di brutto!
Forse poteva funzionare nell’800 quando a Torino si inventò la produzione industriale del cioccolatino da salotto, tempi d’oro e di cioccolato, che sono iniziati e finiti piuttosto velocemente per molti, in fondo se la frase “Fare la figura del cioccolataio” arriva da un lontano passato ancora alle nostre orecchie ci sarà un motivo.

Carichi di dolci promesse passiamo alla voce chè più dovrà pesare soprattutto nei primi anni di vita della vostra nuova fiammante attività, la pubblicità!

No non mi dire che non ci sono i soldi e che se la possono permettere solo le grandi aziende…

La risposta alla domanda ma “è proprio necessario spendere soldi in questo?”…

Sì ne avete proprio bisogno: senza pubblicizzare la vostra attività, arrancherete a morte tutti i giorni e vi vedrò ora dopo ora davanti alla porte delle rispettive botteghe fare quattro chiacchiere con il negoziante vicino che come voi sta attendendo il cliente sperando che scenda dal cielo come la combinazione vincente del Superenalotto.
Non ti preoccupare, vi darete pacche di conforto sulle spalle a vicenda perché è colpa della crisi se non ci sono clienti, è colpa della crisi se voi non portate la sacrosanta pagnotta a casa!

Quindi se non volete passare le giornate a darvi pacche sulle spalle a vicenda è il caso che valutiate il costo della pubblicità prima di iniziare.

Quali strumenti possono essere utilizzati? Ce ne sono tantissimi ma direi di approfondire questi concetti in articoli differenti, per il momento ricordate di calcolare bene i costi da sopportare nei primi 2 anni di attività (incluso il budget pubblicitario) e poi valutate i soldini che riuscite a raccimolare, se sono meno dei costi che dovete sostenere allora è proprio il caso di meditare una temporanea “cassettizzazione” del progetto fino al raggiungimento del budget necessario!

Ringrazio Frank Merenda per gli spunti di riflessione che mi hanno portato alla redazione di questo articolo!

Scritto da Daniele Catarozzi

nascarella

Intervista a Salvatore Nascarella, attualmente CME and Social Media Manager presso la SEEd Medical Publishers (editoria medica), e con più di 10 anni di esperienza nell’editoria e nella comunicazione di impresa.
Specializzazioni: MKTG e vendite, comunicazione sui social media, processo editoriale, promozione, pubblicazione, progetti multimedia.
N.B.: in due precedenti articoli su MC2, abbiamo esplorato la storia ed il marketing dell’ebook e degli ereader:[mc2-inizia-il-suo-tour-nelleditoria-digitale] ed anche la strategia ‘win’ di Hoepli su Twitter:[hoepli_1870-e-il-contest-crazytitle-su-twitter]. Non perderli!

1) Cos’è un editore oggi?

La domanda può sembrare banale ma è sempre più frequente incappare in scrittori che si sono ritagliati anche un ruolo nell’editoria o in editori che pubblicano poco e si occupano principalmente del lavoro delle agenzie letterarie: ovvero editing, correzione di bozze…



L’editore è un imprenditore che lavora sui contenuti e li trasforma in libri. La sua mission non è cambiata molto da che esiste l’industria editoriale. L’editore sceglie cosa pubblicare, lo sposa, lo lavora, a volte lo modella, lo promuove e lo vende, assumendone il rischio imprenditoriale.
Buona parte del processo editoriale segue lo stesso percorso da secoli, ma a differenza del passato oggi esistono nuove forme per veicolare contenuti. In poche parole, il mestiere non è cambiato, sono cambiati gli strumenti.
La funzione dell’editore rimane fondamentale, come filtro, come promotore di contenuti, come testimone del tempo, oltre che come parte di un settore economico vivace e percettivo.


C’è da dire che molti oggi, dati gli strumenti nuovi e il più facile accesso a contenuti, si improvvisano editori, pensando che sia sufficiente la passione per la lettura per essere buoni editori (anche solo di se stessi). L’editoria è un settore con un alto livello di professionalità ed è per questo che lavorare in una casa editrice non è facile.





2) Con l’avvento della primavera digitale, troveranno, ancora più di prima, terreno fertile le contaminazioni tra arti nell’editoria? Parole, musica e cinema … insieme?



Personalmente lo auspico. Le contaminazioni sono risorse: tutto si evolve grazie alle contaminazioni.
Non sono ancora in grado di immaginare quale forma prenderà il libro del futuro: nessuno lo sa con certezza. So solo che questo è un periodo ottimo per la sperimentazione in campo editoriale. Ne sono prova le molte start up e la crescente attenzione di quotidiani, giornali e TV per il libro digitale.


Esistono social network dedicati esclusivamente ai lettori (Anobii, Goodreads, Zazie), cosa che non capita per altri gruppi sociali. C’è da dire che, già prima dell’arrivo del digitale, il libro si è mostrato permeabile dalle altre forme artistiche: ha dato vita a versioni cinematografiche, ha ispirato la musica e le altre arti visive e a sua volta è stato influenzato, direi anzi impregnato, dagli stessi.


Sto tenendo d’occhio il mondo dei videogiochi. Credo possa riservare buone sorprese per i prossimi anni, grazie alla capacità di generare storie, al diretto coinvolgimento degli utenti, all’ appeal che può avere per la formazione scolastica e professionale.





3) Nella promozione dei libri, le collane (es. noir, narrativa, poesia) e le riviste, quest’ultime già ridottesi di numero, avranno sempre un posto di rilievo? O dovranno evolversi anch’esse nelle modalità operative di raggiungimento dei lettori?



Dipenderà dalle scelte di editori e lettori. I generi letterari non spariranno: è possibile che ne nascano di nuovi, figli del “meticciaggio” con il digitale, o più semplicemente dei tempi che viviamo.
Il punto è: la promozione del libro deve essere rafforzata dalla promozione della lettura. In quest’ambito, credo stiano facendo un buon lavoro i blogger (consapevolmente o meno). Tutto ciò che aiuta a far conoscere un prodotto editoriale è utile.


Se si fa una rapida ricerca sui social network, è evidente che editori e autori possono essere annoverati tra gli utenti più vivaci: istaurare un rapporto più diretto con i propri lettori è l’obiettivo principe.
L’editoria è narcisista. Non può fare a meno di farsi vedere e i follower editoriali sono spesso fan degni di star del rock …


Per quanto riguarda le riviste, l’Open Access sta già modificando il modo di pubblicare, soprattutto in area universitaria e scientifico-professionale. Vedremo l’evoluzione in altri settori. Certo è che il modello di business è ormai in trasformazione.





4) Le opere rimaste in ombra e quelle degli esordienti hanno più possibilità di emergere grazie all’autopubblicazione o a quei siti che permettono la pubblicazione gratuita nel loro circolo?
La figura dell’editore che futuro si ritaglierà?



Le vecchie pubblicazioni possono trovare una seconda giovinezza. Con il digitale un libro non andrà mai fuori catalogo: sarà sempre lì acquistabile, a meno che non lo ritiri chi ne detiene i diritti.
Sull’autopubblicazione bisognerebbe fare dei distinguo. Tutti possono pubblicare, pochi riescono a vendere e meno ancora a guadagnare a sufficienza anche solo per pagarsi un fine settimana in montagna.
Chi si autopubblica deve anche trovare il modo di far conoscere la propria opera e… non basta spammare sui social network per diventare uno scrittore.
L’editoria e il selfpublishing, pur generando lo stesso prodotto – un libro –, non hanno lo stesso valore. I casi di autori autopubblicatisi che hanno avuto successo si possono contare sulle dita di una mano.
Il selfpublishing può essere comunque un buon trampolino di lancio, utile per testare la propria capacità creativa e per aumentare la consapevolezza dei propri mezzi, ma credo fermamente che il supporto di un editore continui a essere imprescindibile per uno buono scrittore. Certo è che in prospettiva, anche grazie alle possibilità date dalle piattaforme di selfpublishing, parte del settore si stia orientando sempre più verso la gestione dei contenuti, con l’obiettivo di affacciare editori e autori.





5) La distribuzione del libro o ebook, questa kimera!!!
Mi piace citare il caso di Federico Moccia. Da fonte Wikipedia egli, peraltro già affermato autore e sceneggiatore televisivo, pubblicò una prima volta “Tre metri sopra il cielo” nel 1992 a sua spese con una piccola casa editrice, a tiratura di poche copie. Il libro passa quasi inosservato fino al 2004, quando ottiene un enorme boom di diffusione tra i licei romani, viene pubblicato dalla Feltrinelli in una edizione ridotta, fino alla riduzione cinematografica, con tanto di ripubblicazione della versione originale ed integrale del 1992.


Cosa significa “chi la dura la vince “ anche nell’editoria o conviene trovare i mezzi, qualunque siano anche i più semplici e diretti, per incontrare il lettore (individuando il target giusto) faccia a faccia a dargli il libro e poi ci penserà il lettore stesso a farlo diventare un caso letterario?



Intanto, sappi che l’editoria a pagamento è il male.
Scherzi a parte, esistono realtà che pubblicano qualsiasi cosa, purché sia pagato da qualcuno. Ecco, quella non è editoria, a mio parere: è come chiedere al panettiere di pagarsi il pane che produce. Lì l’editore non fa più il suo mestiere, al massimo fa lo stampatore. Riesco a capire il finanziamento di sponsor, ma non lo sfruttamento di un autore o false promesse di fantasmagoriche distribuzioni.


Tornando alla domanda. Portare il libro a conoscenza del target è il primo passo per vendere.
La strada da percorrere per una buona promozione passa da un lavoro di squadra che ha molti giocatori (editore, autore, distributori, librerie ecc.). A loro bisogna aggiungere critici, blogger e lettori forti. Questo vale anche per l’ebook. Senza tattica e pubblico non si va molto lontano.
Esistono piccoli editori che stanno facendo un ottimo lavoro sulle proprie pubblicazioni: invito a scovarli. Io ne ho in mente almeno tre con sede a Torino, ma non dico quali altrimenti ti tolgo il piacere della ricerca…
Per concludere vorrei però fare una precisazione. Sì, chi la dura la vince, ma se un libro fa schifo, poco campa.





6) E per finire, le domande piccanti. Oggi impazza la trilogia “50 sfumature di …” di E.L.James, ieri “ 100 colpi di spazzola” di Melissa P.
Il genere erotico sta vivendo una nuova adolescenza o è una sempre viva giovinezza, o semplicemente vanno di moda i numeri come nei post delle discussioni sui SN, 7 modi x …, 5 strategie di …, 9 punti cardine …



L’editoria erotica riserva spesso sorprese. Sembra una nicchia e poi esplodono casi da best-seller. Un po’ è certo il tema piccante, il fascino del proibito, il giocare con le fantasie. Mi sono chiesto quanto il successo di “50 sfumature di grigio” sia stato condizionato dal suo formato digitale. Insomma, se voglio leggere qualcosa di piccante senza farmi beccare dal mio vicino sulla metro o da chi non voglio che sappia cosa sto leggendo, cosa c’è di meglio di un ereader? Difficile che qualcuno riesca a leggere il titolo di quel che sto leggendo, no?





7) Domanda da ignorantona, nel senso che qui l’ignorantona sono io:
premessa: ISBN = (International Standard Book Number) è un numero di identificazione controllato, di 10 o 13 cifre, che permette agli editori, alle biblioteche, e ai rivenditori di localizzare i libri.
E’ vero che l’lSBN si può acquistare in proprio? Conviene?
Ho sentito parlare di ISBN americano?
Cosa implica avere un ISBN americano e non italiano per la distribuzione? Ogni versione di un libro, prima, seconda edizione, libro con copertina di tipo A, B, C … ha sempre lo stesso ISBN?



A ogni pubblicazione è associato un ISBN di 13 cifre che lo identifica internazionalmente. Non esiste distinzione tra un ISBN italiano e uno americano, se non nella composizione del codice stesso [http://www.isbn.it/ISBN.aspx].
Il codice a barre che si legge sopra o sotto un ISBN serve solo per rendere il lavoro più facile a chi gestisce il magazzino e deve vendere il libro: riassumendo, il codice a barre velocizza il processo commerciale.
L’ISBN non è obbligatorio, ma con esso un libro è più facilmente rintracciabile. E questo in ogni parte del pianeta.
Ogni riedizione deve avere un nuovo codice, così come ogni formato di ebook, mentre per le ristampe si può usare lo stesso codice. È possibile anche pubblicare senza assegnare il codice ISBN da subito e farlo in un secondo tempo
In generale, attribuire un ISBN a una pubblicazione conviene perché ufficializza l’esistenza del libro.





8) Non poteva mancare, dopo tante discussioni sull’argomento, la domanda sull’editoria a pagamento.
Casa editrice = tipografia?



Ho anticipato la risposta in una domanda precedente. Ne approfitto per qualche
puntualizzazione.
Io sono per il classico “Patti chiari, amicizia lunga”. Se cioè una società dichiara
apertamente che pubblicherà un libro solo se qualcuno le coprirà i costi e le
consentirà del profitto, mi sta bene. Sarà poi l’autore a decidere se e come
spendere i propri soldi.


L’autore deve avere ben presente che è lui che si accolla il rischio imprenditoriale
dell’editore, che spesso il suo lavoro non uscirà dal magazzino, che la promozione
sarà pressoché pari a zero, che l’ufficio stampa (se esiste) gli dedicherà poco
tempo e che si è preso a mio parere una “sola”, per dirla alla romana. Se una
persona vuole stampare i propri scritti per amici e parenti è libero di farlo, ma
stia con i piedi per terrà.


Non tutti DEVONO pubblicare…
A chi proprio non resistesse e volesse vedere i propri scritti impolverarsi sugli
scaffali della cara zietta, consiglio a questo punto di rivolgersi a chi stampa in
digitale, almeno risparmierà soldi.
Se invece piacciono gli ebook, allora è facile scegliere tra le piattaforme di
selfpublishing (es. Amazon e Narcissus): almeno il contratto è serio e il modello di
business è ben lontano dall’editoria a pagamento.





9) Lei è anche specializzato in editoria digitale ed opera nel campo medico-farmaceutico dove molta importanza ha il contenuto dei libri o ebook.
Altre differenze, affinità, difficoltà o vantaggi rispetto agli altri comparti editoriali?



Le affinità si concentrano nella scelta e nella cura dei contenuti. Nell’editoria
medica la qualità dei contenuti è fondamentale: una pubblicazione, oltre a essere
ben scritta, deve essere scientificamente valida, ossia deve riportare dati reali,
attuali e comprovati.

È comprensibile che l’attenzione sia massima anche perché si gioca con la salute:
riportare per esempio il dosaggio errato di un farmaco può creare grossi problemi.


Il settore medico può vantare lettori consapevoli, con un grado di istruzione alto,
interessati e obbligati anche da norme ministeriali a tenersi aggiornati. Questa
necessità di restare al passo con quel che accade nel mondo scientifico, fa in modo
che le scelte editoriali siano meno soggette alle mode del momento.
Muoversi nell’editoria medico-scientifica è stimolante: è un settore fortemente
ricettivo, capace di assimilare linguaggi e modi nuovi di lavorare sui contenuti, di
mischiare teoria e pratica, di coinvolgere direttamente i professionisti per
diffondere i risultati proprio lavoro e delle proprie ricerche.







Informazioni su Salvatore Nascarella
twitter.com/nascpublish


CME and Social Media Manager
Torino, Italia
Editoria


Attuale
SEEd Medical Publishers,
Club Dirigenti Vendite & Marketing


Precedente
SEEd Medical Publishers,
CG Edizioni Medico Scientifiche,
In-Folio
Formazione
Universitat Autònoma de Barcelona





















Tacchi_piu_alti

Il mio motto!


I tacchi più alti del marketing



Perchè?


Perchè si può fare marketing bene anche coi tacchi
e poi si vedono le cose da una certa altezza! 🙂

Monica Cordola




















Bcom

Gentili colleghi Cibernauti questa sera vi presento un evento dedicato al web marketing e al commercio elettronico.
Essendo nato e vivendo a Torino vi assicuro che le persone da queste parti quando si mettono in testa di fare qualcosa lo fanno ad un livello esponenziale…

Mi pregio quindi di presentare “BCom” e vi invito a leggere l’articolo che ho scritto per l’evento, lo trovate a questo link…


[E-commerce un piccolo passo per l’uomo un grande passo per il business]




Sicuro che chi è costantemente a “caccia” di nuovi clienti saprà far frutto di parole e incontri…

Quindi… Se siete alla ricerca di idee interessanti e costruttive sapete dove trovare le risposte!!! 😀

Daniele Catarozzi


















kobo_vicino

Ereader, Ebook: un viaggio nella storia, tra i prodotti e le strategie di promozione




Ebook Trend



Quest’anno forse in valigia non metteremo più grossi tomi da leggere pesanti ed ingombranti ma il tablet o l’e-reader per gustarci comunque il piacere della lettura, pur con pochi bagagli.

Infatti, il Rapporto sullo Stato dell’Editoria in Italia 2012 a cura dell’ AIE – Associazione Italiana Editori, ha evidenziato una netta crescita del mercato degli eBook sia in termini di titoli che di fatturato.

E pensare che questo mercato in Italia era ancora quasi inesistente nel 2009!

Però lettori legati al libro di carta rassicuratevi, l’ebook non farà scomparire il libro cartaceo ma piuttosto lo affiancherà.
Infatti, sempre più diffusi sono i siti/blog dove è possibile leggere una piccola parte del libro in versione digitale in modo da creare curiosità nel lettore e da invoglarlo all’acquisto, sia che si tratti di libro cartaceo sia che si tratti di un ebook.

E non è detto che in futuro non nascano forme di promozioni miste che favoriscano la vendita insieme di carta + digitale.





Breve storia dell’ebook



Ebook deriva come termine dalla contrazione di “electronic book” ed indica la versione in digitale di una qualsiasi pubblicazione.
La sua nascita si fa risalire addirittura al 1971 col Progetto Gutenberg.

I primi eBook erano su floppy disk e CD-ROM, solo nel 1998 compaiono i primi dispositivi di lettura ed a partire dal 2006, Sony, Amazon, Booken e Barnes & Noble lanciano ognuno i propri ereader più moderni e sofisticati sui vari mercati americani ed europei.

Nel 2010 vengono aperti i primi servizi di vendita eBook online su larga scala: l’iBookstore di Apple, Google Editions di Google, BibletStore di TIM. Oggi a livello mondiale sono molto usati Amazon, Ebooks.com, Ebooks way ed EBL Ebook library. Molti di essi permettono sia di leggere libri on line sia di farne il download.





Quota di mercato in Italia



In Italia la quota del mercato eBook sul mercato complessivo del libro è passata dal 0,04%, 1,5 milioni di euro di fatturato a dicembre 2010 al 0,08-0,09% a fine 2011, più di 3 milioni di euro, e a giugno 2012 allo 0,9% dei canali trade per 12,6 milioni di euro.

Pur essendo sempre inferiore (di poco) allo 1%, ed inferiore al market share e-book di altri paesi europei quali Uk (6%), Germania (1%), Francia (1%), in Italia la crescita dei titoli eBook è stata impressionante raggiungendo quasi i 20000 titoli di Germania e Francia nel 2011 e superando i 30000 nel 2012.

I titoli ebook erano solo 1619 a dicembre 2009!
Spesa degli italiani per acquisto di e-reader, sempre dal rapporto dell’AIE:
2010: 16,0 Ml euro
2011: 131,0 Ml di euro (+ 718,8%)

Le ragioni di questa crescita esponenziale sono molte: l’ingresso di nuovi operatori nel mercato, anche non editori, i cambiamenti nelle modalità di acquisto dei consumatori grazie alla maggiore reperibilità ed accessibilità del prodotto.
Vige come in altri settori (canzoni, bonus ristoranti …) l’acquisto di impulso, ‘compro ovunque e direttamente dal dispositivo’.

Il lettore di eBook è un lettore forte che legge molto (anche diversi titoli).
Mentre per i libri di carta, è maggiore la % di donne rispetto agli uomini che leggono un libro, per gli ebook è l’inverso, ma questo conferma la tendenza che vede gli uomini maggiormente presenti anche sui SN.

Come generi eBook in Italia sono in crescita la narrativa, i gialli e la fantascienza ed i manuali anche per non addetti all’uso. In più hanno ripreso vita le pubblicazioni “ferme” o inedite e c’è stato un aumento delle vendite all’estero perché l’eBook favorisce l’internazionalizzazione grazie alle traduzioni o alle pubblicazioni ex novo in altre lingue e la vendita immediata in altri Paesi, previa la stipula di accordi di distribuzione.
Oggi, col miglioramento dei formati, si stanno diffondendo anche i fumetti.

La prima piattaforma di distribuzione italiana è STEALTH, e le principali librerie online sono Amazon.it, Bookrepublic, Feltrinelli.it, LibreriaRizzoli.it, Mediaworld, Ultimabooks, ecc.

Oggi, la composizione del catalogo complessivo di e-book – quota per editore (dati rapporto AIE):
Gruppo Mondadori: 14,9%
Gruppo GeMS: 13,2%
Gruppo RCS: 12,7%
Feltrinelli: 5,0%
Gruppo Giunti: 3,3%
Altri editori: 50,9%.

Ha favorito la crescita del mercato anche la crescente diffusione dei dispositivi di lettura nonostante i prezzi medi ancora elevati ed un prezzo medio relativamente basso (11,07 euro) rispetto ai libri di carta, nonostante in Italia, come nel resto d’Europa, l’iva sugli e-book sia molto alta rispetto alla carta (21% Italia – legge Levi del 2011, una media del 19% negli altri paesi europei mentre l’iva sui libri di carta è circa 5 volte meno). Spendo meno, quindi spendo di più.





Carta canta, Ebook balla? Differenze e affinità.



Rispetto al libro di carta cambia tutto e nulla!
La lettura è legata ad un dispositivo, detto eBook reader ed alla durata della sua batteria.
I lettori non sono semplici computer!

Del libro di carta hanno le dimensioni ed il peso, consentono lo scorrere delle pagine o l’inserimento di segnalibri. Con la tecnologia E-ink si può avere la resa di una superficie quasi identica alla carta.

I vantaggi dell’eBook per il lettore risiedono nel minor spazio fisico occupato, insomma un comodino più libero, nel costo di copertina inferiore al libro cartaceo, nella maggiore interazione lettore-autore (per esempio i lettori possono aggiungere dei commenti!) e nell’ immediatezza degli extra perché in parallelo alla lettura possono essere aggiunti video, audio, link … Gli elementi multimediali consentono una migliore comprensione di cose/azioni descrivibili solo con tante parole/righe (es. descrizione di un’operazione medica!).
e l’ebook non pesa, anche se contiene centinaia di libri!

Tutto ciò non toglie che non sia ricreabile l’inconfondibile odore e la sensazione al tatto di una pagina di libro di carta e la bellezza di ritornare a casa dopo un’estenuante giornata di lavoro e vedere la propria libreria colma di volumi di tanti colori e dimensioni diverse!

In più, con l’eBook è più facile abbandonare la lettura e c’è meno stimolo alla fantasia perché i contenuti multimediali la sostituiscono e/o la stimolano di meno in alcuni casi.

Ed un ebook si può rompere!
Un altro lato negativo è che se non si è disposti a prestarselo a vicenda, bisogna comprare un ebook a persona come per le auto!


In ogni caso, ciò che deve contare di più sia per un libro di carta sia per un ebook è e rimane pur sempre un “contenuto di valore”.



Ereader, Tablet, Palmari



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I vari dispositivi hardware disponibili sul mercato si possono suddividere in lettori dedicati e Tablet PC, palmari. Entrambi hanno il dizionario integrato e permettono la ricerca nel testo.

Gli Ereader o Lettori di eBook hanno un ipertesto blindato e basse connettività esterna e integrazione multimedia perchè sono stati appositamente progettati solo con quello scopo.
Alcuni esempi sono l’eReader iLiad di iRex Technologies, il Kindle di Amazon, il Cybook della francese Bookeen o il Sony PRS-505.
I primi modelli o i modelli base replicano la lettura tradizionale (leggo quando ci vedo), ovvero non sono retroilluminati.

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Ora Kobo Glo (Kobo, azienda canadese con Mondadori per distribuzione in Italia) e Kindle Paperwhite (Amazon), nella versione da 129 euro, hanno entrambi la retroilluminazione, in realtà laterale che è ancora migliore per gli occhi, in modo da poter leggere anche al buio e sono entrambi touchscreen (infrarossi vs capacitivo multitouch) ma con il tasto fisico di On-Off dispositivo e Kobo anche il tasto On-Off luce. Kobo è una piattaforma “aperta” e supporta quindi il formato ePub oltre a svariati altri ed ha una memoria espandibile, molto utile se si leggono fumetti.
Kindle ha più tasti fisici.

Anche l’ostacolo della durata della batteria sembra non sussistere più: ad esempio la batteria di Kobo Glo dura 1 mese, quella di Kindle Paperwhite addirittura 2.

Kobo Glo è disponibile in colori nero notte, rosa tramonto, blu luna, argento stellare, nero, segno che si dà sempre più importanza al design e packaging dei lettori.
Entrambi Kobo Glo e Kindle Paperwhite sono disponibili in Italia da ottobre- novembre 2012 e stanno vendendo tantissimo.

Prima, gli ereader in Italia non c’erano o si potevano acquistare solo on-line.

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I Tablet/smatphone invece sono tutti retroilluminati come i monitor dei pc, sono dotati di colori, permettono la selezione/modifica di ipertesto e vantano un’alta connettività esterna e maggiore facilità di integrazione con i multimedia. Il Tablet PC ha anche la possibilità di ruotare lo schermo di 180 gradi in modo simile ad un blocco per gli appunti e di usare un pennino per interagire con lo schermo, ma in generale è un po’ più ingombrante e pesante. Il Palmare, invece, grazie alle ridotte dimensioni può essere facilmente trasportato ma lo schermo è più piccolo di una pagina di un libro in edizione tascabile e dispone di scarsa autonomia.

Ormai non è inusuale vedere gente che legge con i dispositivi descritti nelle occasioni più disparate o in trasferta o in un parco o ad un workshop mentre prende appunti.
Forse il lato più negativo è che l’eBook può richiamare il lavoro per chi anche ‘at work’ è costretto/abituato a leggere molta documentazione elettronica.





Documento e formato elettronico



Non bisogna confondere il documento elettronico di partenza o e-text con il formato elettronico (eBook format) con cui digitalizzare la pubblicazione (ad esempio l’ePub formato aperto che è lo standard maggiormente in uso, Mobipocket (mobi), FictionBook (fb2), LIT formato nativo Microsoft, PDB formato per Palm OS).

All’utente può capitare, di ritrovarsi con eBook che possono essere letti solo con certi tipi di software, oppure con un hardware che non supporta il formato di eBook che si possiede. Per ovviare a ciò, sono nati progetti come l’Open eBook Forum per realizzare un formato di eBook multi piattaforma, basandosi su codice aperto.

Digitalizzare quindi comporta una multi-lavorazione del libro anche perché ad oggi serve ancora un formato elettronico diverso per piattaforme diverse.

La scelta dell’eBook implica un notevole cambiamento per tutti i soggetti coinvolti a partire dalla casa editrice fino all’autore. Lo scrittore deve pensare in modo diverso e più interattivo alla costruzione del libro e dei suoi contenuti, per l’editore invece cambiano le competenze professionali necessarie, il ciclo di produzione, i canali di promozione e vendita e le logiche di magazzino.

I vari formati di eBook, ovvero del documento di partenza, possono essere suddivisi in tre diverse categorie: i formati testuali (i più diffusi), i formati di immagini (BMP , DjVu, JPG), usati soprattutto nei fumetti e nei libri d’arte ed i formati audio.

I formati testuali si suddividono in formati non appositamente ideati per gli eBook (ASCII, CHM, HTML, Ms Word, PostScript, RTF, TeX, PDF) e formati appositi per gli eBook.
Al contrario dei primi, i formati appositamente ideati per gli eBook prevedono la compressione del testo e si adattano meglio ad essere visualizzati sui piccoli schermi e, molto importante, prevedono vari livelli di protezione del documento (DRM), che possono impedirne la copia illecita. Lo svantaggio è che spesso sono dei formati proprietari.

Formati e-book:
ePub: 37,7% (dicembre 2010); 45,4% (maggio 2012)
Pdf: 31,7% (dicembre 2010); 42,3% (maggio 2012)
Doc: 29,9% (dicembre 2010); 3,0% (maggio 2012)
Altri formati: 0,7% (dicembre 2010); 9,3% (maggio 2012)

Quindi, il formato Doc è sempre meno usato,mentre salgono ePub e Pdf.
L’EPUB è attualmente lo standard più utilizzato a livello internazionale per la creazione degli ebook.

In Italia, la prima presentazione europea del formato ePub3 era stata fatta nel 2011. E’ stato elaborato dall’International Digital Publishing Forum (IDPF) -l’organizzazione internazionale che si occupa dello standard di produzione degli ebook.

Con la nuova versione 3 dell’EPUB, che è un formato open e standard, gli editori possono creare prodotti editoriali che abbiano un audio sincronizzato con un testo e questo può essere importante per i bambini, che possono imparare a leggere meglio e più velocemente o permette la creazione di libri illustrati con elementi multimediali e interattivi.
L’EPUB3 inoltre prevede una serie di specifiche finalizzate alla produzione di ebook che siano anche accessibili e quindi fruibili anche da persone con disabilità visive”.





La promozione ed il marketing



Soprattutto nella promozione si usano nuovi strumenti digitali, dalla E-mailing, ai Social network, ai blog e partnership, le relative statistiche, achievements e relativa gamification (es. Kobo), perché al di là di tutto bisogna cercare di fidelizzare i lettori.

Un esempio in tal senso è la nascita nel 2012 di Ebook Mania, la prima rivista letteraria italiana gratuita dedicata agli ebook e all’editoria digitale.

Inoltre sono sempre più diffusi i network di lettori di libri come Anobii o Librarything che permettono l’interazione lettore-lettore e contengono moltissime recensioni.

Del 2011 sono anche Ebook Vanilla, un progetto ibrido tra selfpublishing ed ebbok store ed Edizioni di Karta, una casa editrice digitale che lavora alla diffusione di ebook in Italia con la promozione di opere inedite.
L’ebook, infatti, favorisce l’autopubblicazione.

Gli ereader come Kobo e Kindle hanno accesso diretto alle librerie on-line, rispettivamente di Mondadori e Amazon con il wifi e forniscono le statistiche di lettura (es. quanto manca a fine libro, la % letta del libro, la % letta della libreria …).

Con il KoboGlo si può personalizzare anche l’aspetto dei caratteri in lettura e con la feature “Reading Life” il lettore può interagire con i libri in un modo nuovo e fantasioso: si può ricevere un achievement molto simpatico a seconda del proprio modo di leggere e del proprio orario di lettura (es. “ora di punta” o “attenti alle streghe”), si possono condividere idee e libri con altri lettori con Kobo Pulse, recensire i libri letti e condividerli su Facebook o leggere le recensioni altrui.

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Insomma il nuovo trend dei produttori è di prendere i lettori con l’ironia e di investire nell’interazioni tra lettori-utilizzatori di ereaders anche nei blog e nei social network al fine di creare una comunità di acquirenti e utilizzatori appassionati.

Anche in questo mercato i produttori per distinguersi puntano sui servizi aggiuntivi. Con delle App si può continuare la lettura dell’ebook sul proprio cellulare o tablet o pc.

Il libri si possono convertire da un formato ad un altro con appositi software, e normalmente lo fa il cliente stesso, ma Amazon mette anche a disposizione dei suoi clienti un servizio di conversione automatica via email per inviare documenti o ebook che verranno automaticamente convertiti e copiati sul proprio Kindle.





Editoria digitale



L’editoria digitale comunque non è solo eBook, ma comprende anche il segmento cd-rom, dvd-rom, banche dati on line ed una vasta gamma di servizi erogati via internet tra cui gli audio-libri. Per esempi, negli USA l’11% dei lettori sul totale usa gli audiolibri.

Scopo di questo articolo non è un elogio all’eBook ma la descrizione di una tendenza in atto e del suo impatto sul mercato, le ragioni socio-economiche della crescita dell’ebook mania ed i mezzi di promozione/marketing usati dalle aziende operanti nell’Ebook trend.



Fonti:

Dentro all’E-book Le cifre dell’ufficio studi AIE a dicembre 2011
Dentro all’e-book Le cifre dell’Ufficio studi AIE a giugno 2012
Rapporto sullo Stato dell’Editoria in Italia 2011 a cura dell’Ufficio studi AIE – Associazione Italiana Editori
Wikipedia
“Il caso dell’editoria medica: dalla carta al web SEEd Medical Publishing” presentazione di Salvatore Nascarella, CME and community manager alla SEEd Medical Publishers, al Workshop del CDVM in collaborazione con REDOMINO “Social E-commerce: le nuove frontiere della vendita”, presso il DIGITAL EXPERIENCE FESTIVAL 2012
“Kobo Glo Vs Kindle Paperwhite” di Itomi – socialblog lega Nerd http://leganerd.com/2012/11/25/recensione-kobo-glo/
scritto e preparato da Monica Cordola
Editoria digitale: l’EPUB3 è la migliore innovazione tecnologica in campo editoriale del 2012 (su sito AIE)
http://www.ebookreaderitalia.com/libro-o-ebook-questo-e-il-falso-dilemma/ e non perdetevi il video Livros versus E-books qui citato















Soon on MarketCool, interviste a chi di editoria si occupa veramente! Stay tuned.







grattacieli_NYFoto di Cinzia Rui “NY”

Questo articolo non vuol essere una guida nè tantomeno aver pretese di insegnamento, se cerchi un vangelo hai sbagliato posto.

Vuol essere semplicemente una condivisione di quello che sto portando avanti col mio blog ZAC 3.0 e sul mio sguardo sul marketing e le vendite.

Tralascio quindi la spiegazione di cosa sia il web marketing e i vari SEO (Search Engine Optimization) SEM (Search Engine Marketing) SMM (Social Media Marketing) DMM (Direct Mail Marketing). Basta inserire le sigle in un qualsiasi motore di ricerca e potrete farvi una “cool-tura” smisurata.
Scriverò per quello che so.

Innanzitutto sgombriamo il campo da ombre e giochiamo alla luce del sole.
Il marketing come credono in molti non è “fare pubblicità”, è anche pubblicità (promotion) ma non solo.
Il B2B (business to business) è quel segmento di mercato dove le transazioni finanziare avvengono tra due aziende. Quindi tu non vendi il tuo prodotto/servizio all’utilizzatore finale ma a qualcuno che poi lo rivenderà a sua volta.
Nel B2C le transazioni avvengono invece tra azienda e consumatore finale.

Va da sé che le differenze sono abissali, o almeno così appare. Continuando a leggere capirai perché forse quell’abisso non è poi così profondo.


baratroFoto di Cinzia Rui “Il baratro”



Nel mio settore, quello metalmeccanico in generale e quello della zincatura a caldo nello specifico, la presenza del web nel sistema azienda si limita, comunemente, ad un sito internet. Poco interattivo, statico, di mera presentazione di prodotti.
Le sezioni dei siti di carpenterie metalliche sono solitamente riconducibili a “chi siamo”, “prodotti e servizi”, “contatti” e “dove siamo”. Il linguaggio è molto tecnico, noioso da leggere, poco attraente e soprattutto identico e monotono.

Mi sono detto, perché non provare a raccontare il mio lavoro da un altro punto di vista?
Perché non mostrare tutto il sudore e la fatica che ne fanno parte, tutto l’umano di questo settore?
Perché non ascoltare e raccontare in toni comprensibili “le voci” del lavoro?
Perché non mettere tutto ciò al servizio dei miei clienti?

Ho iniziato a utilizzare i cinque sensi, ho ascoltato rumori, mi sono tagliato con punte metalliche, ho filmato, ho riguardato e ho scritto … ho annotato tutto.
Poi ho scelto e ho deciso di condividere in rete, attraverso il mio blog, quello che il lavoro e la vita mi stanno offrendo.

Mi sono detto Io faccio il venditore di zincatura a caldo, appassionato di marketing, e sono così. E posso essere utile ai miei clienti.

Troppo sognatore?
Troppo romantico?
Troppo irriverente?
Troppo sincero?

E’ davvero così importante la risposta a queste domande?
L’obiettivo di ZAC 3.0 è ascoltare, dare risposte, fornire spunti di riflessione, creare contatti e possibili business. Parlare un linguaggio comprensibile senza risultare saccente e rendendo la competenza fruibile e “rivendibile” da parte del mio cliente (siamo o non siamo nel bi tu bi?).
Dare consigli e offrire contenuti utili che permettano al mio cliente di vendere di più. E creare fiducia. Posizionarsi al primo posto nella testa del cliente. Un primo posto sudato e meritato, che resista alle offerte “sbracate” dei concorrenti. Hai sentito parlare della zincatura ? Bene la prima cosa che ti verrà in mente sarà ZAC 3.0 e sarò io.

Il web marketing per un’azienda dovrebbe essere quel sistema di azioni e relazioni che, attraverso la rete, genera contatti e possibilità di business che il reparto vendite dovrà trasformare in clienti e ordini.
Conviene o non conviene?


E a me lo chiedi? Non ho in mano il tuo bilancio.
Personalmente considero il web come la vecchia piazza, o il vecchio “mercato”. Oggi l’offerta è nettamente superiore alla domanda, la piazza è stracolma di bancarelle e di clienti che si scambiano informazioni. Come azienda bisogna decidere se esserci o meno. Il come , il quando, il “con che cosa”, vengono dopo.
E se tu azienda decidi di esserci lo farai attraverso qualcuno di cui hai fiducia, a cui darai mandato di rappresentarti sulla piazza virtuale.
E quel qualcuno, credo ancora per qualche decennio, sarà un umano (salvo invasioni di qualche “dark planet”).
E se un umano rappresentante dell’azienda fornitrice Alpha , portatrice di offerta, incontra un altro umano rappresentante dell’azienda Iota possibile cliente, portatrice di domanda, cosa può succedere?


sagome_trovarsiFoto di Cinzia Rui “Amanti”


Che se la domanda trova risposta adeguata Iota acquista da Alpha.
Allora forse l’abisso tra “bi tu bi (B2B)” e “bi tu si (B2C)” non è poi così profondo…

Scritto da Roberto Salvato

Marketcool ringrazia Roberto Salvato… Collega Venditore e Blogger…
Seguite le sue avventure su: [ZAC 3.0]



















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Le nuove avventure di Misterycool


A breve su Marketcool le esplorazioni dei nostri Cibernauti… alla ricerca dei misteri del “sai perché funziona?”
Seguiteci negli uffici e nei luoghi di vendita di persone che hanno realizzato un sogno dal nulla!!!


STAY TUNED… SOON ON… MC2 MARKETCOOL!!!



















gluten_free

7 strategie per rendere il tuo supermercato unico e vendere di più.


Strategia numero 4


ALLERGIE O INTOLLERANZE ALIMENTARI:

il tuo Supermercato di fiducia ti conosce e ti aiuta a fare la spesa!

“che l’alimento sia la tua medicina e la tua medicina sia il tuo alimento” (Ippocrate)

Parlo da celiaca conclamata, ma anche da persona cosciente che oggi sempre più individui manifestano allergie o ipersensibilità o intolleranze alimentari ( i più comuni responsabili sono glutine, olio vegetali, lattosio, ecc.) o il fauvismo (non il Movimento pittorico francese! ma la malattia congenita che ha a che fare con i legumi) o patologie come il diabete.

I supermercati e/o negozi di alimentari possono dedicare maggiore attenzione alle intolleranze, allergie e patologie alimentari.
Come?



Predisponendo dei repository dedicati con i prodotti per chi segue una dieta particolare per motivi di salute o per scelta.


Vantaggio: il consumatore con intolleranze, allergie e patologie alimentari troverà più facilmente di cosa cibarsi.
Si sentirà “invitato ad un buffet da un Amico che si ricorda della sua dieta”.


Per fare degli esempi pratici:


DIABETE:


Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata dall’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue a causa di un difetto assoluto o relativo dell’ insulina. In realtà esiste un’altra condizione patologica detta diabete insipido.
Seguire una dieta controllata e sana serve soprattutto a mantenere sotto controllo il livello di zucchero nel sangue, mediante un corretto apporto alimentare di tutti i nutrienti necessari alla salute dell’organismo.
A volte forme di diabete insorgono in tarda età.

zucchero



Esistono i prodotti dietetici “per diabetici”e potrebbero essere messi in maggiore evidenza per il consumatore diabetico anche i vini che contengano meno del 2% di glucosio, i dolcificanti naturali quali il fruttosio o artificiali come la saccarina, il ciclamato, l’aspartame o l’acesulfame …



CELIACHIA:


Gli esami sierologici rilevano questa malattia a qualsiasi età, che altrimenti non verrebbe diagnosticata, in 1 individuo su 100 della popolazione Europea (con differenze regionali).



Esistono i prodotti certificati “senza glutine” molti dei quali anche in comune commercio.



Inoltre una larga fetta della popolazione oggi segue la Nutrizione Vegetariana per motivi diversi (religiosi, ecologici e salutistici) in cui il vantaggio della dieta sembra essere riconducibile, più che al minor consumo di carne (rossa), al maggior consumo di alimenti con effetti positivi sulla salute, quali frutta, verdura, cereali integrali, olii vegetali non-idrogenati, noci, alimenti vegetali non elaborati.


Stay tuned: strategia numero 5 coming soon!!!!























Vetrina_kilt_Foto di Fabio Catarozzi – “Negozio di kilt”

Partiamo dal presupposto che tutti abbiamo bisogno del cliente, perché come diceva Ford è lui che paga gli stipendi.
Quindi sia che siate degli imprenditori o dei dipendenti sappiate che le buste paga sono saldate con i soldini che il cliente tira fuori!

Anzi visto che ci stiamo mettendo nei suoi panni direi… “Che gli stipendi vengono saldati con i soldi che Noi tiriamo fuori!!!” 😉

Ora vi devo chiedere il primo sforzo: uscire dal ruolo ormai cucito addosso del venditore ed entrare nei panni del cliente per scoprire alcune cosucce che lo spingono ad acquistare.

Facciamo un controllo dell’attrezzatura da “Cliente”:

– Vestiti?… Presenti (non si può certo girare nudi)…
– Orologio?… Presente (alcuni senza, vagano per giorni prima di tornare a casa a mani vuote, visti i tempi!)
– Carta di credito?… Hei, chi ha preso la mia carta di credito? Ecco mio figlio…
Hem… ridammi la carta di credito che oggi devo fare il cliente…
Come non sono credibile…
Comunque ridammi la “carta” non la puoi usare per comprare una PS3 nuova, hai solo 5 anni…
Grazie e ora torna a giocare! 😉

Una volta fatto il check per l’attrezzatura iniziamo la navigazione a vista!
Ci saranno varie motivazioni che spingono il cliente ad acquistare a volte differiscono in base al mercato di riferimento B2C o B2B…

Scusate a volte dimentico i panni che rivesto e parlo come un Marketer…

B2C significa Business to Consumer, quindi il mio mercato è rivolto verso il consumatore finale le persone di tutti i giorni che entrano in un negozio o acquistano on line prodotti per sé o per la propria famiglia!

B2B significa Business to Business, in questo caso avrò a che fare con i famigerati Buyer delle imprese o ancora peggio con gli imprenditori della PMI che di certo non hanno intenzione di scialacquare i solidi così difficilmente incamerati dalla loro attività!

I processi mentali che portano all’acquisto a volte si sovrappongono, altre volte sono sostanzialmente differenti.

Nell’articolo affronteremo alcuni aspetti dei processi di acquisto e alcuni espedienti che vengono utilizzati per invogliare il cliente all’azione, data la vastità dell’argomento mi scuso in anticipo se per caso non andremo a toccare aspetti che reputate interessanti ma vi invito a contribuire nella sezione dedicata ai post al fondo dell’articolo per migliorare il contenuto.

Facciamo un passo alla volta, le persone comperano beni e servizi al nascere di un’esigenza, quello che nei testi di economia viene definito bisogno, conscio o inconscio che sia, non compereranno mai qualcosa se non ne percepiscono la necessità.
Per scoprire come incentivare “l’esplorazione” dei bisogni sono state studiate varie teorie ed applicate a diverse strategie.
Andiamo ad affrontare per primo il concetto di “io” descritto nella teoria dell’Analisi Transazionale di Eric Berne.
Il dr. Eric, ha teorizzato l’Io come formato da tre strutture che compongono una unica personalità, le tre strutture verranno definite in seguito come i tre stati dell’io: l’io Genitore, l’io Adulto, l’io Bambino.

L’io Genitore

Questa è la parte che ereditiamo dai nostri genitori, si manifesta in modo attivo o come influenza, in tutti e due i casi noi agiremo o come avrebbero agito i nostri genitori o come avrebbero voluto che noi agissimo.

L’io Adulto

Questa è la parte razionale di tutti noi, è quello stato che decide in modo oggettivo in base a dati acquisiti, effettuando un calcolo probabilistico e scegliendo la soluzione più sicura, l’io adulto è quella parte di noi che ci spinge a fermarci al semaforo rosso e ad aspettare che il traffico dell’incrocio sia completamente smaltito prima di attraversare, in modo che la probabilità di attraversamento senza incidenti sia reputata accettabile!

Lo stato adulto, nella sua funzione positiva vive oggettivamente la realtà, non drammatizza l’errore e decide in base a ciò che è noto; qualora sia contaminato e non ben funzionante trascura le emozioni ed i valori e non si cura dei rapporti interpersonali. Quindi, quando sono nell’adulto, io uso tutte le mie facoltà intellettuali e so valutare la situazione.

L’io Bambino

La parte bambino dell’Io è dove è racchiusa la spontaneità e l’emotività. Il Bambino racchiude tutte quelle esperienze, quei comportamenti che noi mettemmo in atto nella nostra infanzia. Quando sono nel Bambino, io mi comporto non come un bambino in generale, ma come io mi comportavo quando ero bambino.
Il Bambino si divide in adattato e naturale, che ha i suoi positivi e negativi come il Genitore. Il Bambino adattato è obbediente, buono, docile, è sotto il controllo del Genitore interiore. Il Bambino naturale è spontaneo, allegro, non è controllato dal Genitore interiore. I positivi e i negativi sono il Bambino Adattato positivo, che accetta le regole, collabora e agisce per farsi accettare, e quello negativo che si sottomette alle regole, si compiange e subisce per farsi accettare.
Bambino Ribelle positivo, che ha spirito d’iniziativa, e quello negativo che è sempre contrario per principio.
Bambino Libero positivo, che si esprime in tutto liberamente, mostrandosi apertamente, e quello negativo che ha paura ad esporsi ed esprimersi, è intimidito e si isola.

Non dimentichiamo poi le “Carezze”…
Berne definisce una carezza come “qualsiasi atto che implica il riconoscimento dell’altra persona”


I contenuti sulla teoria dell’Analisi Transazionale sono stati tratti da Wikipedia


Vi racconto queste cose perché secondo la tesi dell’Analsi Transazionale i processi decisionali passano attraverso gli stati dell’Io.


Quindi un acquisto di impulso, quello che in gergo viene anche chiamato emozionale o emotivo deriva dallo stato dell’io definito “io Bambino Ribelle positivo”. Questo stato necessita anche di “Carezze” una volta chè è intervenuto per un acquisto, la carezza rafforza lo stato di compiacimento per la transazione appena conclusa: faccio un esempio, se tua moglie torna a casa con una acconciatura nuova dopo aver speso tempo e denaro dalla pettinatrice un semplice “come stai bene” costituisce una carezza, predisporrà l’io Bambino Ribelle positivo della tua amata ad un prolungamento del compiacimento e noterai anche che la cena sarà più appetitosa del solito… 😉


L’io bambino viene stimolato attraverso soluzioni creative e la percezione del beneficio avviene attraverso due fasi: la prima è l’innamoramento … il classico “mi piace”, la seconda è la possibilità di spesa, anche se superiore a ciò che detta l’io Adulto, (a meno che non intervenga in un bimbo di 5 anni che sei è impossessato della carta di credito del padre… a quel punto il limite è quello della carta) insomma se te lo puoi permettere lo comperi, quindi mi piace… me lo posso tutto sommato permettere… lo voglio!!!


caramelleFoto di Cinzia Rui

In questo caso siamo sicuramente su un mercato B2C e una vetrina creativa influirà molto, ma ciò che più colpirà il cliente è il poter immaginarsi in possesso dell’oggetto ed il poterlo esibire alle persone che lo circondano perché tale possesso lo eleva!
Nel caso della vetrina che vedete nella foto sopra non sarà tanto l’aver acquistato le caramelle esposte ma magari essere taggato in una foto difronte ad una vetrina così particolare!! Il classico io c’ero!
Sorvolerò sugli stimoli allo stato dell’io Adulto che affronterò di seguito parlando della vendita B2B.

Sul mercato B2B purtroppo intervengono altri fattori e vengono influenzati altri stati come ad esempio l’io Adulto dell’interlocutore che deve valutare un investimento per conto dell’azienda per la quale lavora e non servirà a nulla emozionarlo visivamente ma si dovrà attuare una tecnica di vendita consulenziale che deve portare l’io Adulto a mettere insieme abbastanza punti percentuali per farci preferire alla concorrenza, si dovranno quindi trovare delle soluzioni che definirei “Laterali”.
Anche in questo caso porterò in campo la teoria di uno psicologo, il maltese Edward De Bono, la sua teoria si chiama: “Il Pensiero Laterale”.

Vi inserisco uno stralcio di definizione tratto da wikipedia:
“Con il termine pensiero laterale, coniato dallo psicologo maltese Edward De Bono, si intende una modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio indiretto, ovvero l’osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema.
Mentre una soluzione diretta prevede il ricorso alla logica sequenziale, risolvendo il problema partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie, il pensiero laterale se ne discosta (da cui il termine laterale) e cerca punti di vista alternativi prima di cercare la soluzione.”


time_squareFoto di Fabio Catarozzi

Bella teoria vero?
Peccato che comporti uno sforzo in preparazione e allenamento del proprio modo di ragionare e di vedere il mondo circostante, un poco come la foto che vi ho proposto, potrebbe essere un semplice scatto che ritrae una insegna di NY, invece… ci comunica una sensazione, uno stile di vita, i sentori di quello che si può trovare di notte in una città lontana.
L’allenamento deve essere portato avanti giorno per giorno, la curiosità che porta alla preparazione deve diventare una costante della nostra vita e se abbiamo dipendenti che svolgono ruoli commerciali dovremo fare in modo che siano preparati ad affrontare questo cambiamento…

Penso che la vendita non sia improvvisazione e che il cliente oggi più che mai sia preparato ed intelligente, vuole da noi soluzioni con effetti tangibili.

Anche nel caso di acquisti nel settore B2C un venditore deve essere in grado di dare soluzioni “Laterali” e soprattutto erogare le “carezze”, il rafforzamento della vendita, deve assolutamente essere fatto per tentare la fidelizzazione, il tutto senza tenere atteggiamenti artefatti, ma con una comunicazione che deve suonare umana.

Approfondirò in altri articoli le tecniche di fidelizzazione del cliente sia nel B2B che nel B2C…
Per ora vi basti sapere che se entro in un negozio (quindi nei sacrosanti panni del cliente) e vengo accolto e riconosciuto perché in passato vi ero già passato, è la più bella delle “Carezze”!!! 😉

Scritto da Daniele Catarozzi


















cartelli_città
foto di Cinzia Rui

7 strategie per vendere di più


Strategia numero 3

Il TUTOR


E’ la prima volta che vieni, sei entrato per caso, o stai cercando un prodotto particolare … troverai tutto in 2 minuti come fossi nel supermercato sotto casa tua che conosci a memoria … con il tutor.


Il tutor può essere pensato e realizzato in diversi modi.



Può essere un addetto che accorre al suonare di un campanello


può essere un computer con schermo grande, facile da usare in cui inserire il prodotto che si cerca o che non si trova e che ti fa vedere in pochi secondi visivamente la fila e lo scaffale in cui è riposto con delle indicazioni rispetto alla posizione del pc, per esempio, 2 file + avanti a destra …



Ovviamente questa è una strategia adatta per supermercati di grandi dimensioni.


Si potrebbe dotare il TUTOR-PC di un SOFTWARE INTELLIGENTE, che mostri al cliente un percorso che dia vantaggi ad entrambi: es. quello che passa davanti all’angolo OFFERTE!!


Consiglio per tutti: attenti alla formazione del personale: anche l’addetto alla frutta e verdura o il cassiere deve sapere dove si trova il sale grosso o la bottarga.


Ma se tu hai un piccolo negozio di alimentari puoi fare anche tu qualcosa di analogo e divertente.


Penso soprattutto ai supermercatini o shop analoghi nei posti di vacanze ove spesso può capitare che entri un turista di passaggio che magari arriva dalla spiaggia carico già di ombrellone, asciugamani … e deve rientrare nell’albergo per cena presto.

Basta un cartello “simil stradale” come quello della foto che indichi lo scaffale corrispondente, con su scritto “VIA BOLLICINE (bibite e vini e spumanti)”, “PIAZZA SAPOLANDIA (tutto per la pulizia), “STRADA TRUCCHI” (prodotti per la cosmesi)” … o inventate anche voi dei nomi divertenti.

Stay tuned: Strategia numero 4 coming soon!!!!























banco frutta slurp! colors – Foto di Andrea Rossi – MorBCN – Spettacolopuro

7 strategie per vendere di più

Strategia numero 2

L’ angolo dei PRODOTTI DAL MONDO



Fare un angolo con i prodotti dal mondo dove mettere anche verdura/frutta non di stagione e che proviene da altri paesi.


Costerebbero di più ma il vantaggio per il supermercato è quello di poterli presentare come delle specialità, delle rarità, magari accompagnati da un cartellone che indichi delle ricette semplici e sfiziose o delle peculiarità di questi prodotti.

 
 

Si potrebbe predisporre anche ogni settimana un tavolino con dei prodotti in rilievo abbinati a cucine di altri paesi (spezie, vini, riso …)



Kiwi Kiwi – Foto di Sergiu Bacioiu

I PRODOTTI DI STAGIONE ed i PRODOTTI DAL MONDO devono essere disposti in 2 file vicine in modo che il consumatore possa trovare ciò che cerca nello stesso tempo che gli serviva prima, senza girare inutilmente per tutto il supermercato.

 
 

Stay tuned: Strategia numero 3 coming soon!!!!





scritto da Monica Cordola


















7 strategie per vendere di più


Strategia numero 1

L’ angolo dei PRODOTTI DI STAGIONE


Molti supermercati si assomigliano nella predisposizione della frutta e verdura (display).


Perché non fare qualcosa di diverso dando al consumatore, oltre ai prodotti, valore aggiunto, informazioni utili e gratuite, invogliandolo nello stesso tempo a comprare?


Oggi si trova di tutto in ogni stagione perché molti prodotti sono o coltivati in serre a riscaldamento o provengono dall’altro emisfero.


Uno dei consigli che si dà a chi vuole consumare in modo etico e rispettoso dell’ambiente è quello di mangiare frutta e verdura di stagione.


Molti consumatori, sempre più attenti all’ambiente ed alla salute, vogliono questo ma:

Non conoscono i periodi di maturazione di frutta e verdura,


Spesso, per colpa della disinformazione, viene penalizzato il loro portafoglio,


Per effetto della stessa disinformazione, non considerano il tuo supermercato come riferimento per un consumo etico.



Il consumo etico deve essere pratico, facilmente perseguibile tutti i giorni e deve migliorare la qualità di vita del consumatore. Il tuo supermercato può renderlo possibile.


Un cartello normale o digitale può indicare i prodotti di stagione.


Una composizione creativa dei prodotti permetterebbe di cambiare periodicamente la “vetrina” come fanno i negozi, pur mantenendo la localizzazione delle famiglie di prodotto in modo da non disorientare il cliente.


Un lavoro di pochi minuti che si traduce in uno stimolo efficace all’acquisto.




Ovviamente il concetto di cibo di stagione va associato ad una specifica regione geografica, ma volendo fare un esempio generico,

a febbraio verrebbero esposti mandaranci, arance, pompelmi, kiwi, cavolfiori, radicchio, cavoli, finocchi, broccoli, carciofi, cavoli di bruxelles, indivia, spinaci;


a maggio si troverebbero nespole, ciliegie, fragole, kiwi, carote, aglio, rucola, carciofi, cicoria, bietole, fave, cipolle, piselli, fagiolini, ravanelli, lattuga, asparagi e così via…


Attività periodiche da fare:


Analisi dei prodotti di stagione (non ditemi che non lo sapete già! … 😉 )


Realizzare la vetrina


Realizzare il cartello


Da non dimenticare:
Comunicazione alla clientela della nuova strategia

Stay tuned: Strategia numero 2 coming soon!!!!


scritto da MarkeCool
si ringrazia Daniele per gli spunti di riflessione e la tazza di latte 😛





















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