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FUMETTO_01

Oggi vi voglio raccontare una storia… qualcosa che mi è capitato qualche giorno fa…
ogni riferimento a persone e cose è volutamente non casuale, quindi se ti riconosci in questo articolo spero che tu capisca che stai sbagliando, sei ancora in tempo per non buttare via tanti soldini e cambiare le tue strategie prima di imbarcarti in questa avventura!

Ma veniamo a noi…

In una Galassia Lontana… Lontana… su un pianeta di nome Terra ero impegnato a fare colazione in un bar prima di recarmi al mio consueto posto di combattimento… hem volevo dire… lavoro.

Mentre ero assorto nei miei pensieri, mi sento chiamare da un vecchio conoscente, Han Solo…

Han: “Ciao Daniele come stai? Pensavo proprio a te l’altro giorno, sai ho avuto una idea geniale e volevo chiederti un consiglio”

Io: “Ciao Han, hahaha… dai dimmi pure”

Han: “Sai mi sono stufato di fare il contrabandiere e di portare Jedi in giro per le galassie, è un lavoro duro, si guadagna poco e poi basta con questa cosa di farmi il mazzo e avere sempre pochi soldi in tasca.

Allora ho preso una decisione, ho visto che sulla Luna Boscosa di Endor c’è solo l’ammiraglio Ackbar… che vende abbigliamento… appioppa un prodotto che fa veramente pietà sai?

Quindi ho intenzione di andare lì a vendere agli Ewok qualcosa di veramente bello, un prodotto di qualità eccelsa, magliette con il logo della ribellione galattica e altre cose del genere e io avrò una struttura più snella quindi mi posso permettere anche di fare prezzi più bassi rispetto all’Ammiraglio… sono sicuro che spacco di brutto!

Altro che manufatti di pelle mal cucita che dopo un paio di battaglie sono da buttare…

Per chi non avesse visto Star Wars un Ewok è questo personaggio…
nella registrazione potrete apprezzare la sonorità del linguaggio ewokese…



Ora tornando a noi vi spiegherò brevemente perché il povero Han probabilmente si troverà nel peggior guaio della sua vita… dopo quello che lo ha portato ad essere congelato nella grafite ed esposto come trofeo nella sala del trono di Jabba the Hutt!

Perché il prodotto di qualità non è una leva di marketing!


Andiamo ad analizzare questa frase.
Han ha commesso un primo grande errore, che è quello di aver fatto una analisi poco approfondita del mercato basando tutti i suoi ragionamenti solo sulla qualità del prodotto venduto dal concorrente, senza prendere in considerazione almeno tre fattori che reputo cruciali:

1) Il concorrente è un leader del mercato (nello scenario addirittura un monopolista… ma rimaniamo con i piedi su Endor)

2) Il concorrente non rimarrà lì a guardare mentre Han si porta via il suo mercato con un prodotto di qualità, senza fare nulla!

3) La soglia di ingresso su quel mercato non è così bassa come crede pensa che può penetrare quel mercato con un piccolo investimento e un Know How di prodotto molto basso.
Ma poniamoci una domanda: perché altri non lo hanno ancora fatto?
Visto che l’Ammiraglio Ackbar sono 20 anni che vende su quel mercato in modo incontrastato… secondo me sarebbe d’obbligo alzare una bandierina d’allarme!

La possibile evoluzione di questo scenario è la seguente:

Han arriva sul mercato spende tutti i suoi crediti in un negozietto nuovo, un primo stock di prodotti e poi apre attendendo la clientela (non si è sognato neanche lontanamente di fare un business plan e pianificare i budget per marketing e advertising questo ci deve già far rabbrividire).

Come lo so?
Semplice, gli ho detto “va bene vediamoci sabato e mostrami il Business Plan” e lui mi ha risposto… “quale business plan?”

Ora il suo negozietto nella foresta di Endor resta lì vuoto e desolato perché nessuno lo conosce, tutti sono abituati ad andare ad acquistare dall’Ammiraglio Ackbar che è un vecchio volpone e ha imparato dal mio articolo sulle trappole (anzi come dice lui “frappole”) ad evitare situazini potenzialmente dannose per il suo business.

Han non si da per vinto, passa al contrattacco inizia a distribuire volantini presso il villaggio Ewok e qualche cliente inizia ad arrivare!

Ma… perché c’è sempre un ma… l’Ammiraglio Ackbar da buon stratega analizza il potenziale concorrente, infondo lui è preparato, sono anni che appioppa agli Ewok ed altri hanno provato vari giochetti come quello di Han.
Conosce bene quel mercato…

Sta tramando qualcosa…
FUMETTO_02

Fa due calcoli e si rende subito conto che il buon Han è nei guai, ha ridotto i margini per poter fare la differenza e soprattutto le magliettine con il logo della ribellione galattica le può avere anche lui, ad un prezzo anche più basso di quello di Han e quindi chiama il fornitore e compra uno stock bello grassoccio tirando come un maledetto sui bid di quantità e si fa fare anche una bella versione “UnLimited” edition con la foto della Principessa Leila in posa accattivante e abiti succinti…

Piazza il prodotto sul mercato e fa anche un piccolo investimento in Advertising installando un oloproiettore al centro del villaggio con la Principessa Leila ad altezza naturale che indossa le sue magliette in edizione speciale e dice: “aiutatemi Ewok comprate la mia maglietta… siete la mia unica speranza”… (ripetuto all’infinito) mantenendo anche il prezzo più alto con questa scusa!

Esempio di oloprioiettore (la famosa frase della principessa Leila utilizzata dall’astuto Ackbar):


A questo punto a Han non resta che cercare di piazzare il resto dello stock anche sottocosto pur di rientrare di parte dell’investimento e chiudere bottega, tornandosene a contrabbandare prodotti e persone!

Analizziamo gli errori di Han e cerchiamo di evitarli


1) Se il concorrente è un leader di mercato il terreno di gioco lo conosce bene sono anni che ci lavora e sa quali sono punti deboli e forti delle sue strategie, quindi non basta avere il prodotto migliore ma si dovranno studiare delle contromisure per differenziarsi.
Si deve cercare la risposta a questa domanda: perché dovrei comprare da te e non dall’altro?
Se la tua risposta è: perché il mio prodotto è migliore… sei fregato!

Quella è la risposta che può dare chiunque anche se vende schifezze immonde (e sul mercato italiano danno praticamente tutti), non ti differenzia dalla concorrenza, anzi ti fa sembrare uno sprovveduto che cerca di vendere alla disperata un prodotto!
Mettiti nei panni del cliente… tu crederesti ad una frase del genere?

2) Il concorrente non starà lì a farsi fregare il business, ma reagirà prontamente (vedi esempio di sopra con magliette della Principessa Leila).
Tra le altre cose, se non hai accordi di esclusiva su un prodotto anche altri, strutturati per farlo, potranno accedere a quegli stock quindi “il prodotto che vendo io è migliore” non regge, ti serve una strategia di brand positioning forte!

3) Non ha fatto un piano strategico che prendesse in considerazione tutti i costi anche quelli per la sua sopravvivenza e per azioni pubblicitarie mirate… la stesura di un piano marketing basato sul brand positioning e il costo di eventuali contromisure per vincere la guerra di prodotto!

Insomma le cose nello scenario che ho prospettato finiranno male per Han… ma tu hai ancora una possibilità.

Se ti viene in mente l’idea del secolo… non ti lanciare nella battaglia come un Rancor all’ora di pranzo con uno jedi succulento difronte, ma preparati, studia, addestrati cerca idee che ti rendano differente dalla concorrenza.
Altrimenti verrai schiacciato!

Non dico che devi stendere “crediti” a profusione davanti ai miei piedi per farti aiutare nella pianificazione (quello lo potrai fare quando sarai convinto che i passaggi che ti ho elencato e la formazione personale come imprenditore sono fondamentali).

Su questo blog, su Sail4Sales e su altri siti trovi tantissimi materiali utili e gratuiti che puoi leggere ed usare, puoi anche comprarti qualche libro per farti una idea di cosa significhi differenziarsi e posizionarsi sul mercato, di cosa bisogna sapere per poter vendere con efficacia, come pianificare il proprio lavoro e quello di collaboratori!
Ti vuoi mettere in gioco allora gioca… ma fallo in modo consapevole!

Spero che le metafore e lo storytelling utilizzato siano abbastanza chiari in caso contrario trovate a questo link una spiegazione del mondo di Star Wars o meglio ancora guardatevi i film che sono anche molto belli!

Che la Forza sia con voi… alla prossima! 😉

Scritto da Daniele Catarozzi

Si ringrazia “Il Tiranno” per i materiali e gli scenari utilizzati per le vignette!

Approfondimenti:
A questo link trovate un’altra case history sui prodotti di qualità e le leve di marketing!

It's a trap! Non ci cascare [Foto di Daniele Catarozzi 2014]

It’s a trap! Non ci cascare [Foto di Daniele Catarozzi 2014]



In giro per il web ma non solo incrocio in continuazione venditori, imprenditori e clienti che si lamentano di mille e una cose differenti ma alla fine il succo del discorso è sempre lo stesso, non si vende, se si vende lo si fa per un tozzo di pane e poi magari non ti pagano neanche.

Il problema comune è che sono finiti in una delle trappole di cui vi vi parlerò in questo articolo!

Regina delle Trappole: la n°1


Parto da quella più usata: “Il mio prodotto è il massimo della qualità, della tecnologia lo vorrebbero tutti!”

Quando sento questa frase mi viene quasi un colpo apoplettico… che poi puntualmente mi coglie in pieno quando si conclude con: “non abbiamo tempo da perdere… tanto basta il passa parola”

ok capito lo vogliono tutti, allora come mai il tuo prodotto “stratofigodellamorte” non se lo compra nessuno o quasi nessuno?

La risposta è semplice perché il passaparola non funziona!!!!!!!!!!!!
Sì mi hai capito non la voglio più sentire questa “boiata”, hai basato la tua strategia di marketing su qualcosa di inesistente!

E non mi venire a dire che sei un professionista o chi che sia che nel tuo settore si lavora ancora così altrimenti non prendi il cliente… questa cosa non funziona più da anni!
Anche artigiani che hanno di sicuro le mani d’oro ma con la terza media… hanno cambiato strategia da tempo immemore, piuttosto vanno in giro ad attaccare biglietti ai portoni dei condomini e quando magari fanno un sopralluogo almeno “spammano” il bigliettino da visita nelle buche del condominio, che è sempre meglio dell’attendere una sponsorizzazione gratuita di qualche cliente soddisfatto che probabilmente 10 giorni dopo si è dimenticato di te e dei tuoi servizi prodotti!

Quello che più mi gela il sangue nelle vene, è l’aver incontrato pletore di professionisti dagli avvocati, commercialisti, ai dentisti… che si lamentano del fatto che non c’è più rispetto per la loro figura, che nel loro settore un tempo non si chiedeva lo sconto o quanto poteva costare un loro intervento, la gente arrivava si faceva erogare la consulenza/servizio e pagava la parcella senza battere ciglio.

Cari amici queste sono trappole mortali… i giorni dell’opulenza sono finiti se non lo capite rimarrete nella melma in cui vi trovate e solo lì… se siete fortunati!

[Pensate di avere il controllo della situazione e di poter distruggere la “Morte Nera” con un piano audace e perfetto di arrivare alla vittoria con un unico e decisivo colpo geniale senza dover fare investimenti e metterci olio di gomito e invece…]



Trappola n°2


C’è chi si è mosso per fare le cose in modo diverso, insomma vuole cambiare rispetto alla massa, ha studiato, si è allenato… ma per fretta non pianifica bene o raccoglie dati parziali secondo i suoi piani la strada è in salita ma il futuro è roseo!
Attenzione perché questa è una trappola subdola, ci da la falsa illusione di avere il controllo e invece non lo abbiamo affatto!

La strada non è una semplice salita ci saranno altre difficoltà da affrontare, altri aspetti da valutare lungo il percorso e dovremo essere elastici e reagire prontamente o rischieremo di farci male!
Per questo conviene investire un poco più di tempo nella pianificazione e nella realizzazione anche di un business model (trovate vari esempi su internet basta googolare business model)

Pianifichiamo meglio o rischiamo di farci male
http://www.youtube.com/watch?v=ic806ivSQ1M

Trappola n°3


Inizio questo business perché vedo che altri stanno guadagnando a mani basse e quindi faccio i soldi facilmente!

Ok se avete iniziato una attività per questo motivo senza avere una base oggettiva e conoscenza del mercato fate che chiudere adesso prima di andare a depositare in tribunale i libri contabili!

Non fate quelle facce so che non vi piace sentirvelo dire ma molto probabilmente finirà così.
Per vari motivi che ora vi vado a spiegare.
Tanto per cominciare se inizi una attività partendo da zero in un settore completamente sconosciuto e riesci a mettere in piedi l’azienda è perché la soglia di ingresso su quel mercato è molto bassa, forse un poco troppo!
Non pensate che altri stanno elucubrando lo stesso vostro malvagio piano che li porterà alla ricchezza?
Sapete cosa accadrà?
Accadrà che il mercato si saturerà velocemente e i margini che prima erano ottimi e vi permettevano di rientrare degli investimenti teoricamente in brevissimo tempo, si assottiglieranno velocemente e magari nel giro di un anno vi ritroverete a dover fare i conti sul cash flow che non torna e non riuscite a coprire più i costi visto che dovete quadruplicare il fatturato per avere lo stesso livello di margine necessario a far campare voi e la vostra creatura!

Chi ha fatto i soldi in quel mercato probabilmente è stato il primo o tra i primissimi ad entrarci ha lanciato il business si è convertito in rivenditore o franchisor e ha iniziato a lucrare sui poveracci che rincorrono la vena d’oro senza doversi ammazzare di lavoro!

Ne volete un esempio?

Il mercato delle sigarette elettroniche!
Sono comparsi negozi come se non ci fosse un domani a momenti trovavi questo prodotto di alta ingegneria anche nelle panetterie!
E guarda caso o si stanno tutti convertendo ad altri mercati oppure continuo a vedere le vetrinette di negozi di cellulari pieni di sigarette elettroniche invendute e lozioncine di ogni tipo di essenza che tutti vendono come assolutamente prodotto di estrema qualità rispetto a quelle provenienti dalla Cina che tanto poi sono quelle più vendute!

Il fenomeno è durato forse un anno non di più.
Forse si poteva inventare qualcosa in stile “temporary shop” ma per diletto non per arricchirsi!

Trappola n°4 Ultima bordata




I miei commerciali hanno sempre ottenuto risultati con il porta a porta, infatti il mio prodotto si vende da solo, ultimamente c’è stata una flessione perché non si impegnano, usano le solite scuse sulla crisi e si siedono!

Ok visto che siete così in gamba da aver messo in piedi una azienda di successo con le vostre mani, andateci voi in una zona industriale a bussare a freddo a delle porte per cercare di vendere i vostri prodotti… che si vendono da soli!

Visto che il vostro prodotto è così bello che tutti lo vogliono e rispetto alla concorrenza è il top e non capite perché comprano quelle schifezze, continuate a focalizzare le trattative sulle caratteristiche tecniche e vediamo quante vendite effettuate!

No? Avete altro da fare?

Ma come se è così semplice perché non vi prendete una giornata di ferie e giocate a fare il venditore… nello stile che ritenete più facile?

Vi divertite pure… in fondo è un lavoro che possono fare tutti basta prendere un disoccupato qualsiasi gli fate aprire PIVA lo mettete su un marciapiede deve solo fare avanti e in dietro e proporre la merce, che tra l’altro si vende da sola visto che è tanto attraente!

Hops… come sono stato scurrile?
Ha intendete dire che le parole che ho appena scritto possono essere fraintese con il “mestiere più antico del mondo”?
Beh lo avete detto voi non io!

He sì… l’ultima era proprio una bordata… con questo vi lascio così che possiate meditare!

Alla prossima Stay Tuned!

Scritto da Daniele Catarozzi

Un piccolo esempio di brand positioning:

Alla Fieracavalli di Verona 2013 (115° edizione), storica fiera dell’arte equestre dal 1898, i protagonisti sono stati non solo

  • lo sport,
  • i cavalli,
  • la loro cura e benessere
  • ma anche l’abbigliamento per l’equitazione con un intero padiglione (n.6) dedicato a questo ed alle attrezzature per l’equitazione.

E’ qui che un produttore irlandese (appunto di fiera internazionale si tratta per la grande affluenza di visitatori ed espositori esteri) per meglio dimostrare la capacità impermeabile dei propri stivali ha letteralmente “messo i piedi a bagno!”.

“Vedere per vendere”!

Quando il venditore crede nel suo prodotto e con fondate ragioni, impossibile non vendere.

scritto da Monica Cordola

copat_xam_2_0

Se ci sono idee e progetti ponderati anche i “Piccoli” possono RUGGIRE!!!


Benvenuti ad un altro appuntamento della nostra rubrica MysteryCool dove sveliamo i segreti che si celano dietro realtà di successo.

Oggi vi parleremo della [Copat srl] una realtà tutta piemontese che commercializza utensili, accessori per il cablaggio e componenti elettrici per il settore automotive che ha saputo negli anni attuare una serie di strategie aziendali che hanno permesso di ottenere ottimi risultati.
Andiamo quindi ad analizzare insieme gli elementi che più mi sono piaciuti.

A questo punto soprattutto per i più scettici consiglio di continuare la lettura, perché quello che ho visto nella Copat è la risultante di tantissimi degli aspetti positivi che abbiamo raccolto fin qui e dei quali vi abbiamo parlato nei precedenti articoli.

Proprio così vi stiamo portando una testimonianza del fatto che ciò che è stato scritto non sono solo buoni propositi ma ci sono realtà che stanno utilizzando (anzi le utilizzavano già prima della realizzazione di questo blog) tali strategie per ottenere risultati.

Sicuro che mi perdoneranno i più anche se continuo con il mio solito atteggiamento critico, ma qualcuno che vi “vuole bene”… la scossa, ve la deve pur dare (è risaputo… ai Clienti e ai Lettori si deve voler bene… come persone care di famiglia). 😉

Quindi se pensate ancora “ci vogliono troppi soldi” o “non abbiamo tempo per…” sarà il caso di rivedere in quale direzione si sta navigando per poter apportare le giuste correzioni alla rotta, perché i motivi che ci stanno spingendo in acque profonde e tempestose probabilmente, sono altri e la situazione necessita di ulteriori analisi!

Andiamo a sbirciare il perché di tanto successo, in primo luogo l’analisi del mercato e l’attenzione verso i feedback che arrivano dai commerciali on site hanno permesso alla dirigenza Copat di portare avanti dei progetti di ricerca e sviluppo per la realizzazione di prodotti di qualità e di utensili semplici ed innovativi per agevolare gli utilizzatori finali nel loro lavoro.
Insomma hanno saputo seguire da subito la tesi secondo la quale il cliente vuole essere ascoltato e lui stesso ci consiglierà come ed in cosa vuole spendere i suoi soldi.

Proporre poi i propri prodotti anche su mercati particolari quali quello della preparazione di auto da corsa ed il restauro di auto d’epoca è quasi una scelta obbligata per chi ha fatto dell’aftermarket automobilistico uno dei settori di punta della propria strategia di vendita che prevede una forte componente consulenziale.

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Foto di Daniele Catarozzi – [Lancia Stratos]

Ma come vi ho detto mille volte e vi ripeto per la “milleunesima” questo non è abbastanza, i prodotti anche di qualità non si vendono da soli!
Come ha reagito la realtà che stiamo osservando? La “piccola”, ma organizzatissima azienda del torinese ha saputo coniugare l’esperienza con il nuovo, adattando a proprio uso e consumo strategie osservate per altri settori, realizzando una rete commerciale e logistica sul territorio italiano decisamente particolare, sono stati attrezzati infatti una serie di furgoni per la tentata vendita, si è scoperto che sia per il settore di riferimento che per la particolarità dei prodotti offerti, questo è lo strumento che più si adatta al mercato e che contemporaneamente permette una gestione logistica molto snella ed efficace, permettendo tempestività delle consegne ed un servizio di somministrazione dei beni che si adatta perfettamente alla clientela, offrendo i giusti quantitativi e evitando al cliente costosi stock di magazzino.
Questa strategia si è dimostrata faticosa nel breve ma assolutamente vincente nel medio termine ed ha contribuito alla fidelizzazione della clientela e alla continua espansione sul territorio italiano.

Altro punto di forza è il continuo sostegno della rete commerciale da parte del compound marketing che lavora in sinergia continua con gli operatori impegnati sul campo, in questo ambito è stata sviluppata una comunicazione su vari fronti partendo dai servizi di fidelizzazione del cliente finale con corsi per arrivare a vere e proprie consulenze tecniche, a tal proposito… vi consiglio di rileggervi il nostro articolo [Parola d’ordine Fidelizzare].

Arriviamo in fine alle attività di pura propagazione del marchio ma sempre su argomenti fortemente correlati al mercato di riferimento come sponsorizzazioni a progetti all’avanguardia nel settore automotive.

Ne è un esempio il progetto Xam 2.0 del [Team H2politO – Molecole da Corsa]

Vi lascio ad un contenuto multimediale molto esauriente:

http://www.youtube.com/watch?v=9bG8067z_ts

Fin qui abbiamo rivisto tutta una serie di attività che si possono attuare sul mercato italiano per cercare di far crescere la propria azienda già gli aspetti analizzati potrebbero bastare a guadagnarsi un posto nella nostra rubrica MysteryCool ma come al solito cerchiamo di stupirvi e quindi andiamo ad affrontare ancora un ultimo argomento prima di lasciarci fino al prossimo articolo…

I dirigenti Copat hanno deciso da alcuni anni di affrontare anche un altra sfida, quella della internazionalizzazione, proprio così la famigerata parola che tutti vorrebbero poter pronunciare parlando della propria azienda e che spesso purtroppo si trasforma in un nulla di fatto.

Sono stati in grado di espandere il proprio mercato con passi brevi, pianificati e decisi e ad oggi hanno raggiunto mete che fino a pochi anni fa sembravano irragiungibili, lascio a voi meditare sulla portata di tali operazioni attraverso la prossima figura…

copat_export

Non lo trovate interessante?
Vi lascio soltanto uno spunto… “improvvisare tali progetti vi porterà soltanto a buttare via dei soldi nella speranza di ottenere risultati”!

Quindi vi prometto che affronterò più nel dettaglio l’argomento in futuro con l’aiuto di un paio di colleghi professionisti del settore “internazionalizzazione”, perché secondo me è uno di quegli argomenti assolutamente da trattare ma che per ovvi motivi di spazio non riusciremo ad approfondire in questa occasione vista l’immensità dell’argomento…

Vi ricordo che per eventuali informazioni e domande i commenti al fondo dell’articolo sono aperti a tutti!
Si ringrazia Paolo Guazzone Direttore Marketing Copat srl per la collaborazione.

Vi aspetto tutti al prossimo scottante articolo… sempre in stile MarketCool!

Scritto da Daniele Catarozzi


















L’influenza del web sulla comunicazione commerciale di tutti i giorni



comunicareFoto di Cinzia Rui [Comunicare]

[Tempo di lettura medio: 6 minuti e 30 secondi]… Investire questo poco tempo… potrebbe veramente valerne la pena!

Sono ormai passati alcuni anni, dal giorno in cui, navigando il web in cerca di spunti per un progetto che seguivo, mi imbattei quasi per caso nel Cluetrain Manifesto.

Un documento redatto da: Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls, David Weinberger.
Il “libro” contiene 95 tesi e vuole gettare le basi per ciò che gli autori reputano “sarà” l’evoluzione del modo di comunicare.


Cluetrain manifesto

Cluetrain manifesto

Uno dei punti cruciali delle tesi è focalizzato su come internet trasformerà il mondo dell’advertising permettendo una comunicazione one to one a differenza dei canali tradizionali che permettono solo un flusso di comunicazione one to many.
Certo che le parole scritte nelle poche righe di sopra sono dei concetti che per chi fa il nostro mestiere e si mantiene aggiornato è un poco il pane di tutti i giorni, con le mille sfumature che nascono dal confronto con altri professionisti sul web e durante i momenti di networking on site!
Bene…

Peccato che il Cluetrain Manifesto sia stato pubblicato nel 1999, per intenderci cinque anni prima del lancio di Facebook e che ancora oggi questi concetti vengano in gran parte rifiutati o comunque ritenuti di poca importanza, le aziende che aprono pagine su Fb e socialnetwork vari e che poi non fanno nulla per incentivare la comunicazione ma lasciano staticamente (come nel miglior concetto della loro struttura) la pagina ad invecchiare, pensando che la loro paginetta/sito web siano il centro della rete, sono tantissime, la cosa più esilarante, per chi li osserva non certo per chi ha tirato fuori i soldi per il progetto, è che si aspettano anche dei rientri, da tali operazioni!

Da buon Cibernauta Marketer e venditore per passione, oltre che professione, in questi ultimi anni ho notato dei cambiamenti, probabilmente dettati dalla teoria Darwiniana… pian piano chi non si sta evolvendo… si estingue professionalmente!
Ho scelto alcuni concetti espressi nel manifesto, anche perché per ovvi motivi non potremo affrontare tutte e 95 le tesi su queste pagine!

Ok partiamo da quella che, definire una prefazione è semplicistico, ma viene pubblicata in questa forma:

“I mercati online cominciano a organizzarsi da soli molto più rapidamente delle aziende che tradizionalmente li rifornivano.
Grazie alla rete, i mercati diventano più informati, più intelligenti e più esigenti rispetto alle qualità che invece mancano nella maggior parte delle aziende.”
[cit. Cluetrain Manifesto – Traduzione italiana di Luisa Carrada]

Questa frase mi ha fatto rabbrividire nel 2004, in quegli anni, come accennavo nelle prime righe, gestivo il customer care di un e-commerce di materiale hi-tec, tali parole trovo siano il perfetto riassunto di quello che stava avvenendo in quegli anni, urgeva assolutamente un cambiamento che apportammo quasi repentinamente anche se dei danni dal punto di vista della comunicazione ed organizzazione erano già stati fatti.

Il problema è che in Italia, nazione di “furbetti”, non ci si rende conto ancora oggi, che le “bugie” hanno le gambe corte che il cliente è informatissimo e non lo si può “intortare”.

Vi lascio uno spunto di riflessione… quante volte quando dovete acquistare un oggetto andate a verificarne le caratteristiche su internet?

Io lo faccio praticamente sempre… anche perché gli acquisti scaturiscono da bisogni percepiti e sempre di più cerchiamo nel web gli strumenti per soddisfarli!
Una volta recepite le informazioni che ci interessano non per forza effettueremo l’acquisto on line ma saremo preparati ed informati a dovere sull’argomento.

Un esempio concreto su come i mercati si stiano informando ed evolvendo:
Se un tempo non partiva l’automobile, si portava dal meccanico che ci poteva raccontare anche la storia della fusione dei metalli pesanti per la realizzazione delle parti motore senza che noi comprendessimo quale era stato il problema e come era stato risolto, il più delle volte si risolveva tutto con un “ho sostituito questo e ora il veicolo funziona”.

Oggi mi collego al forum del mio modello di automobile e verifico se qualcun altro ha avuto il mio stesso malfunzionamento e come lo ha risolto, di certo arrivo più preparato rispetto al passato e con una idea di quello che sta accadendo sulla mia amata/odiata “vettura”, questo influenzerà anche il mio giudizio sulla qualità del prodotto e porterà a diverse scelte nel momento in cui dovremo “fare il cubo” della vecchia automobile ed acquistarne una nuova.

Le prime tesi danno lo spunto di riflessione più forte…

“I mercati sono conversazioni”


La comunicazione nei nuovi mercati, deve avvenire bilateralmente, questo un commerciale lo vive tutti i giorni, ascolto e proposta di soluzioni, fanno parte del quotidiano, il venditore che si siede al tavolo e inizia a descrivere automaticamente tutto il proprio repertorio di prodotti è da raffrontare alla testuggine Astrochelys yniphora, forse non è ancora estinto ma ci manca pochissimo.

Se assumiamo come vera la tesi che i mercati sono conversazioni è naturale proseguire su questo canale, di fronte abbiamo sempre delle persone e alle loro orecchie ed occhi lo siamo anche noi.
La comunicazione dovrà essere quindi gestita tra persone e non tra azienda e persona o peggio ancora tra azienda ed indefiniti segmenti demografici.

Mi è capitato spesso di incontrare “emissari” di grandi aziende che entrando in “casa mia”, si presentano come… “Siamo la Acme Pinco Pallo SPA” e si aspettano di essere ricevuti con il tappeto rosso ed ossequiosi inchini, non dico che il brand non sia importante, ma tecnicamente io ho a che fare con persone e quando acquisto qualcosa penso anche che se poi ho bisogno di assistenza parlo con queste persone e non con la moltitudine di azionisti della “grande impresa”.

Facendo un salto dall’altra parte della barricata, devo essere consapevole che chi paga gli stipendi (inteso come il cliente) è una persona e non una statistica, se ci aspettiamo che un “numero” strisci la carta di credito e acquisti da noi, perché è la statistica a dircelo, secondo il mio modesto parere siamo “spacciati” e ci dobbiamo accomunare alla testuggine di cui sopra! 😀

Il richiamo ad evolversi è fortissimo nella tesi 14 gli autori ci invitano a comunicare con voci umane in luogo di quelle piatte e vuote che utilizzano le aziende, noi in realtà lo facciamo già, cambiamo modo di comunicare in base alla situazione in cui ci troviamo, perché non applicarlo anche alle strategie di vendita?
In fondo i commerciali che vivono sul campo si sono per forza adeguati, il servire sul piatto d’argento le caratteristiche del prodotto che stiamo proponendo non serve più a nulla e gli imprenditori preferiscono scoprire cosa può dare in termini di valore aggiunto una soluzione più che le mere caratteristiche tecniche!

Immaginate di trovarvi ad osservare l’attore di uno spot pubblicitario che vi propone il prodotto oggetto della promozione, ma al posto di essere in TV è di fronte a voi e cerca di vendere utilizzando le stesse parole dello spot… (ok ho estremizzato ma la sensazione è la stessa se accolgo qualcuno in “casa mia”, non è per avere di fronte una brochure vivente ma per ricevere soluzioni a dei problemi).

La tesi 21 è una delle mie preferite, per spiegare meglio il concetto, lascio che parli una foto al mio posto…

Foto_terra_sonda_Voyager_1
Foto – Pale Blue Dot – Sonda Voyager 1 – (NASA – Carl Segan)

L’oggetto misterioso che vedete sopra, è la Terra in una foto scattata dalla sonda Voyager-1, ai confini del Sistema Solare nel 1990 da sei miliardi di chilometri di distanza.

Quando ho visto questa foto ho capito una cosa, che è proprio inutile lamentarsi per ogni cosa o prendersi troppo sul serio… noi, le aziende per le quali lavoriamo, i nostri potenziali clienti, le persone “imbranate” che ci tagliano la strada al mattino in macchina… siamo tutti un puntino più piccolo, su quel puntino blu, costantemente indaffarati a fare mille attività, agitarci se si avvicinano le scadenze e non abbiamo raggiunto i target di fatturato, sempre tutti seri ed “impettiti”.

Guardiamo la foto in pace 5 minuti ragionando sul puntino e su tutto quello che lo circonda e poi ditemi se non vale proprio la pena prendersi un poco meno sul serio!


Negli anni abbiamo imparato ad evitare gli atteggiamenti ampollosi e affettati delle comunicazioni impacchettate dai media, ormai è abbastanza usuale affrontare le discussioni come se si fosse in torno al tavolo del pranzo parlando e confrontandosi.

Utilizzare termini come “siamo posizionati per essere i primi, siamo i leder di mercato, riferimento per…”, non costituisce assolutamente un posizionamento, anzi ci rende ridicoli agli occhi dell’interlocutore, che sicuramente è più informato di quello che immaginiamo e avrà sentito altri commerciali affermare lo stesso concetto prima di noi, diventa necessario mettere in tavola argomenti interessanti e non le didascalie dei volantini pubblicitari.

Il concetto di scendere dalle torri d’avorio, parlare con la gente, ed entrare in contatto con le persone è uno degli argomenti che più mi ha colpito.
Meditando proprio su tale aspetto, ho osservato che questo atteggiamento è stato spesso adottato nelle campagne presidenziali in USA, è piuttosto semplice trovare foto dell’agenzia fotografica Magnum Photo, di candidati democratici che stringono le mani o cercano quasi di “abbracciare” la popolazione per ottenere l’ambito voto, la sensazione che vogliono dare, è legata al concetto di contatto, il voler entrare in empatia dimostrando… “cammino tra voi, sono uno di voi”… se lo fanno gli uomini più potenti del mondo o almeno chi concorre a diventarlo, chi siamo noi per rifiutare tale concetto?

Oltre ai benefici in fatto di attenzione da parte dell’interlocutore che l’empatia aiuta ad ottenere, la vicinanza emotiva alle altre persone ci “traghetta” verso uno stato rilassato e ci aiuta a focalizzare il discorso sui problemi che vogliamo affrontare senza doverci preoccupare di dettagli ed “etichette” di secondaria importanza per il legame che in quel momento si è andato ad instaurare.

Tutto questo avviene solo se riduciamo le distanze della comunicazione, sembrerà ai più, una cosa scontata ma se i mercati stanno diventando più “intelligenti” dovremo imparare a parlare con il loro stesso linguaggio, è inutile lamentarsi dell’impossibilità di comunicare i concetti complessi che abbiamo in testa se non facciamo lo sforzo di adattare il nostro linguaggio a quello degli interlocutori.

Un’altro aspetto che spesso viene trascurato è il feedback dei mercati, le persone hanno esigenze e le richieste che ne scaturiscono non devono per forza di cose essere “taggate” come rotture di scatole, vi dico questo data la mia esperienza diretta nel settore informatico dove il cliente viene costantemente visto come “il rompiscatole di turno, che chiede cose assurde” forse ci si dovrebbe rendere conto che per quelle richieste, le persone potrebbero essere disposte a pagare di più e più volentieri rispetto ai prodotti che andiamo a proporre.

Giunti fino a qui, ci renderemo ormai conto che non sempre nel nostro repertorio di prodotti/servizi c’è la soluzione giusta per tutti…

Quindi saremo sicuramente d’accordo sull’importanza di questa esigenza, cioè la necessità di dare alle persone il tempo e l’attenzione che meritano, in modo da averne in cambio le informazioni che serviranno alla realizzazione dei prodotti e dei servizi che le persone (il mercato) sono disposte ad acquistare e pagare!

Un ultimo sforzo… La mattina prima di uscire di casa dovremo in fin dei conti, solo porci un semplice quesito per renderci conto se siamo pronti ad affrontare la giornata:

“Mi sento in grado di parlare con delle persone oggi?”


Scritto da Daniele Catarozzi

Vi è piaciuta la sparata? [cit. Al Pacino in “Scent of a Woman – Profumo di Donna”]
Allora Stay Tuned Soon on MarketCool altre interessanti osservazioni dei Cibernauti Marketer!



















Frank_Merenda



Per la rubrica Interviste, oggi MC2 MarketCool vi presenta Frank Merenda Blogger, Venditore e Formatore.
Ideatore del corso Venditore VincenteTM.

Ho avuto modo di confrontarmi con Frank in passato su vari aspetti del nostro lavoro, questa sera vorrei condividere con voi alcuni argomenti che penso possano tornare utili!

Ciao Frank, ti faccio una domanda per rompere il ghiaccio:
Hai fatto per anni il commerciale e continui a farlo ancora oggi dividendo le giornate tra management e vendita, una discreta parte del tuo tempo viene poi assorbita dall’attività di formatore, quale dei due “mestieri” ti piace di più e ti da maggiori soddisfazioni?


Ciao Daniele.
In realtà la mia attività di formatore è sempre più “compressa” visto che ho abbandonato quasi del tutto le consulenze private e mi limito a fare qualche edizione del corso Venditore Vincente, poche volte all’anno.
Il mio focus è ad oggi concentrato nelle reti vendita delle mie aziende che seguo personalmente.
La “formazione”… è il “prodotto” del Venditore Vincente e io sono colui che eroga quel prodotto.

Faccio parte di quegli imprenditori che amano così tanto ciò che fanno, da sentire il desiderio di condividerlo e perchè no, renderlo un buon business possibilmente profittevole. Non potrei essere un buon venditore e direttore vendite se non avessi la passione per insegnare (ai clienti e ai miei uomini) e non potrei essere un formatore vendite di qualità se non fossi credibile sui due ruoli appena citati. Non amo più questo o più quello, semplicemente perchè per me sono parte della stessa “professione”.



Molti dei nostri lettori sono imprenditori delle PMI cosa possiamo consigliare loro per mettere in piedi una rete commerciale che funzioni veramente, quali aspetti dovranno curare più attentamente?

Io dico sempre cose che gli imprenditori non vogliono sentirsi dire. Gli imprenditori italiani delle PMI sono spesso frutto di uno spin-off…cioè sono tecnici che si mettono in proprio, aprono una partita iva e hanno come strategia commerciale: “Ti faccio quello che ti faceva il mio capo prima, ma mi paghi di meno e ti seguo meglio perchè noi siamo più giovani e con voglia di lavorare”.

Questo crea una marea di aziende cloni sul territorio assolutamente indifferenziate, nonchè incapaci di espandersi o semplicemente sopravvivere in mercati complessi come quello attuale.

Mettere in piedi una rete commerciale quando il focus dell’azienda è il “prodotto di qualità”, la politica sconti e la “personalizzazione” è semplicemente impossibile. Direi in tutta sincerità a questi imprenditori di liquidare l’azienda, evitare di perdere tempo e di mettersi in salvo finchè sono in tempo.



Una domanda invece per chi approccia il mestiere del venditore, tutti i giovani dalle brillanti prospettive che il nostro lavoro avvicina o perché no, quelle persone che si devono reinventare in un momento di crisi: da dove devono partire per fare il primo passo verso un cammino di formazione che li porti all’eccellenza, nel senso della sacrosanta pagnotta sulla tavola e alcune soddisfazioni professionali oltre che economiche?

Un venditore o aspirante tale dovrebbe innanzitutto conoscere la lingua inglese ad un livello business. Senza l’inglese oggi sei letteralmente tagliato fuori dal mondo della formazione. Non hai nemmeno la capacità di discernere se quello che ti viene insegnato è una fregnaccia o meno, è questo il vero problema.

Quando io sono comparso sulla scena qualche anno fa con Venditore Vincente, parlavo di cose che suonavano scioccanti o rivoluzionarie. Questo perchè in Italia la formazione vendita professionale non esiste. Vi sono solo persone che la mettono nel loro pacchetto corsi, insieme alla motivazione, alla leadership, alla contabilità e alla logistica. Ciò che è sempre stato erogato in Italia non sono altro che un pastone rigurgitato di banalità motivazionali miste a tecniche anni ’50-’70.

Io ho sempre detto…”Non credete a me, vi basta mettervi in contatto anche virtuale con qualunque accademia vendita riconosciuta a livello internazionale e vedrete che ciò che dico non è rivoluzionario ma sono banalia”.

Se parli e leggi in inglese puoi toccare con mano. Altrimenti devi berti le scemenze “Fatti amico il cliente, fai domande aperte e non chiuse, non ci sono due occasioni per fare una buona prima impressione, il nome del cliente è il suo più dolce che possa sentire” e penosa compagnia cantante al seguito.

Queste informazioni dequalificanti hanno contribuito a tenere in Italia il ruolo del venditore come quello del “mestiere di chi non ha un lavoro vero”, invece che una professione di assoluto prestigio e per persone con qualità superiori alla media come è nei paesi di tradizione anglosassone.



Diamo un paio di consigli anche su quelli che definisco i misteri della vendita, l’argomento tabù per i più… Questa secondo me è una domanda ridondante dalla quale quasi tutti girano alla larga, perché forse non si sa la risposta… O come i pescatori incalliti non si vuole svelare il punto segreto del lago dove c’è maggiore probabilità di catturare la preda… Dove secondo te un commerciale in erba deve iniziare a cercare i clienti e con quali strumenti?

Guarda, non si vuole dare la risposta perchè la risposta non piace nè agli imprenditori nè a molti venditori. La “vendita” ha un nome specifico nel ciclo di un’azienda che si chiama “lead conversion”, cioè conversione di contatti commerciali (lead) in contratti.

Il problema è che in Italia, gli imprenditori focalizzati sul prodotto, pensano che la loro roba si venda da sola perchè è di grande qualità, basta che qualche fesso con un po’ di parlantina, faccia tosta e voglia di lavorare ne vada a parlare bene in giro. Questa concezione da dopoguerra sotto le bombe è il cancro che ammorba l’economia del nostro paese.

I venditori quindi in Italia non devono vendere, bensì fare generazione di business in toto. Cioè gli “strumenti” del mestiere sono una lista/elenco del telefono dove allenarsi facendo telefonate a freddo e andando a bussare porte a perfetti sconosciuti. Che follia…

La realtà è che l’azienda dovrebbe avere innanzitutto un posizionamento di marca o Brand Positioning fatto da un esperto, per poter comunicare al mercato una differenza competitiva e non il classico “Me too” (lo faccio anche io a meno prezzo). La “marca” in Italia è fatta dagli imprenditori mettendo il proprio cognome, le proprie iniziali o un nome di fantasia legato al fatto che un giorno andando a caccia hanno visto un tordo volare in cerchio. Non sto scherzando.

Partendo da questa differenza di Brand, bisognerebbe avere un piano di marketing a risposta diretta che porti contatti caldi e interessati sul piatto. Questo si fa sia online che offline, anche se non è il caso di entrare nei dettagli ora. Ci sono esempi sul mio blog di miei studenti che sono in crisi perchè hanno troppi clienti caldi da gestire e l’azienda non è cresciuta abbastanza in fretta, tanto per dire.

L’imprenditore medio italiano invece fa la “pubblicità” per i motivi più sbagliati. Tendenzialmente perchè qualcuno si è presentato nel suo ufficio e gli ha appioppato un passaggio sulla tv locale, alla radio, sui cartelloni della città o sulla Gazzetta locale. “Pubblicità” non a risposta diretta, che dice al massimo “esistiamo” creando un minimo di awareness assolutamente inutile.

Quindi il ciclo di vendita per procacciare clienti non parte dall’azienda ma viene lasciato a poveri venditori volontari che come i kamikaze di nipponica memoria si buttano urlando “BANZAI!!!” contro cornette del telefono e porte sperando di chiudere qualcosa con la formula “20 appuntamenti – 1 contratto”. Roba triste, deprimente e da paese arretrato.

I metodi di vendita delle aziende Italiane sono molto più simili a quelli Polacchi o Rumeni (con l’assoluto rispetto per queste nazioni) che alle metodiche moderne di estrazione anglosassone.



Cosa significa per te utilizzare un metodo di vendita? Quali sono le differenze tra tecniche e metodi di vendita?

Io parlo di Sistema di Vendita, che è quell’insieme di procedure che vanno dal posizionamento, al marketing operativo, alla lead generation sino alla lead conversion, che in sintesi producono contatti caldi di qualità da convertire secondo le metodologie di vendita più testate ed efficaci. Questo è quello che insegno ai miei studenti.

Le “tecniche di vendita” sono invece ciò che viene proposto di solito. Un polpettone di tecniche manipolatorie, motivazionali e figure retoriche linguistiche che dovrebbero portare il cliente a rispondere in una certa maniera al nostro modo di fare. Vengono insegnate perchè gli imprenditori vogliono solo quello…cioè gente carica con qualche arma di persuasione in più…perchè “il loro prodotto si vende da solo”.

La realtà è che bisognerebbe riprogettare una buona fetta dell’azienda da zero…ma per chi vende formazione è più facile dire “Che bella la sua azienda, peccato per questi lazzaroni dei suoi venditori, ma non si preoccupi, glielo formo io!”… che dire la verità.



Secondo te quali sono i limiti della formazione commerciale professionale che si riscontrano oggi in Italia?

I limiti della formazione commerciale professionale in Italia sono semplici : non esiste.

Se escludi Venditore Vincente, che è il primo sistema di vendita in Italia, ti trovi sempre davanti a due situazioni tipiche:

1 Consulente “generico” dalle competenze non meglio identificate che nel suo pacchetto corsi mette a catalogo anche un corsetto vendita, rigurgito di materiale motivazionale e tecniche di vendita anni 50-70.

2 “Esperto” di una disciplina nota come PNL, che spaccia corsi di “comunicazione efficace” per corsi di vendita, con presupposti e risultati al limite dell’esilarante. Disciplina che in USA, patria della vendita professionale, non è insegnata in alcuna delle accademie riconosciute. Però noi italiani siamo più furbi e ce la siamo fatta vendere come il santo Graal della vendita per anni. Per quello stresso tanto sul “impara l’inglese, fatti una tua cultura”, perchè altrimenti non puoi difenderti da questi ciarlatani.

Fortunatamente oggi, anche grazie al mio blog, le cose stanno cambiando…ma siamo ancora lontani da una situazione corretta.

Partendo da questi presupposti abbiamo poi il vero problema che è il conflitto di interessi dei formatori che si occupano anche di vendita.

Io sono il primo formatore in Italia a erogare corsi professionali di vendita direttamente ai venditori che se li pagano di tasca loro. Era una cosa sulla quale quando ho cominciato tutti mi dicevano “è impossibile, sei pazzo”…eppure funziona.

Il conflitto di interessi nasce dal fatto che se vendi formazione all’azienda, tenderai a seguire l'”agenda” che l’azienda ti sottopone e per la quale ti paga. Ergo, invece che andare a risolvere i veri problemi della catena di vendita che sono insiti all’azienda e solo da ultimo sono imputabili ai venditori, se vuoi farti pagare la fattura ti conviene fare ciò che ti viene detto. In gergo tecnico si dice che “attacchi l’asino dove vuole il padrone”.

Per questo i “corsi vendita” si limitano ad una spruzzata di motivazione e di tecniche desuete. Da una parte perchè i formatori se va bene parlando dialetto, hanno fatto l’ultima vendita nel 1986 quando uscì Pac Man e le loro competenze sono risibili. Secondariamente perchè quand’anche fossero competenti (e non lo sono) non gli conviene dire la verità ma limitarsi al “Non si preoccupi Siùr parùn de la fabrichetta…glieli motivo io sti lazaroni!”.

E questo è tutto.



Un’ultima domanda: quali sono secondo te i “demoni” che un commerciale deve affrontare in un periodo di crisi per tornare ad essere “Vincente”, dacci anche un consiglio per affrontarli e superarli?

In periodo di “crisi” ci sono commerciali che hanno più clienti di quanti ne possano gestire, questa è la verità. Basta guardare le testimonianze che di continuo metto anche sul mio blog.

Il problema vero è che quando finisce la trippa grassa, cioè si vende perchè i nostri clienti vendono di più grazie alle bolle creditizie (l’ultima è esplosa nel 2008), i venditori si trovano allo specchio.

Vogliamo parlare un po’ di dura verità? Parliamone.

Il venditore medio non vuole fare il venditore. Abbandonerebbe immediatamente quello che fa se ci fosse un’azienda disposta a dargli uno stipendio fisso di 1500 euro più benefit, ferie pagate e tredicesima. Questo perchè come ho già accennato, fare il venditore in Italia è una professione di ripiego. E’ il mestiere per quelli che non hanno un lavoro vero.

Basta considerare qual’è la domanda più gettonata che amici e parenti fanno ad un venditore che è: “Ma quando ti trovi un lavoro vero?”.

A questo bisogna aggiungere la malcomprensione sociale per la quale il venditore sia un mestiere fai da tè, dove servono caratteristiche innate come la “faccia tosta”, la “parlantina” e il “saperla raccontare”. Quindi se queste caratteristiche sono le uniche che servono e sono innate, “o ce le hai o non ce le hai” quindi non serve studiare e non si può migliorare.

Aggiungiamo ancora che appunto il venditore è professione che attrae gli “scappati da scuola”, perchè se ci fossero andati oggi avrebbero un “lavoro vero”. Ergo molte persone che fanno i venditori sono dei “praticoni” con l’allergia allo studio ed al miglioramento della propria professione. Se gli dici di studiare o che la loro professione esattamente come tutte le altre richiede anni di studio, preferiscono lasciarsi morire piuttosto che mettersi in discussione.

Il venditore invece richiede un’autostima e una professionalità straordinaria. Il venditore possiede capacità di oratoria, retorica, psicologia, negoziazione nonchè di scrittura persuasiva e capacità amministrativo-organizzative per l’equivalente di 3-4 lauree. Lo studio continuo è necessario, mentre il venditore medio è addestrato e portato a credere che servano “Due giorni di spiegazione tecnica dei prodotti, cataloghi, due calci in culo, faccia tosta e tanta buona fortuna”.

Con questa mentalità non si va da nessuna parte. Il mio consiglio? Non ci sono bacchette magiche. Esiste solo investire di continuo sulla propria professione, e in Italia come in USA bisogna farlo se si desidera eccellere di tasca propria, lavorando con i migliori. Chi pensa che “la strada è l’unica maestra” è destinato a sparire. Mi dispiace essere duro ma è così.

Tutti danno per scontato che per fare il medico, l’avvocato o l’ingegnere siano necessari anni di studio. Finchè non lo si darà per scontato anche per il venditori, la “crisi” per queste persone non passerà.



Ringrazio Frank per il tempo che ci ha dedicato rispondendo a domande e dandoci spunti di riflessione con il suo inconfondibile stile…

Potete seguirlo sul suo blog:

[Il blog del Venditore Vincente]

Come promesso tante volte…Su MarketCool… Sempre nuovi spunti, dolci o rudi che siano… rivolgiamo uno sguardo al mondo “Azienda” riportando casi di successo o Epic Fail… Stay Tuned!

Daniele Catarozzi

















pescatoreFoto di Cinzia Rui – Pescatore

Nella vendita come nella pesca bisogna avere pazienza… e ragionare


Per chi fa il “mestiere” da tempo, le mie parole risulteranno un poco scontate ma in questo momento di fervore dove tutti si ritrovano nei panni di venditori per ovvie necessità, mi sento un poco in obbligo di dare un consiglio…

Tutti sappiamo che avete bisogno di vendere a tutti i costi e che la pagnotta in qualche modo la si deve portare a casa, ma dovete avere pazienza e lavorare per step, non giova a nessuno buttare sul tavolo un preventivo quando non avete tutti i dati, perché puntualmente si deve piangere in “Aramaico” in un secondo momento, per poter convincere il cliente a tirare fuori i soldini in più, necessari a non rimetterci e comunque avete fatto una pessima… ma pessima figura, non tanto per le cifre che possono essere anche irrisorie, ma per la scarsa professionalità dimostrata!

Quello che pensa il cliente è: “Non sa nemmeno cosa vende e a che prezzo”… Seguito dal “ci ha provato” e poi… “va bene ho urgenza di questa commessa ma non mi vede più”! (mi ricollego ad un precedente articolo https://www.marketcool.it/il-cliente-indossiamo-i-suoi-panni/)

Il danno fatto da un preventivo errato è enorme perché in questo momento dove tutti cercano referenze, di certo non mi sento in grado di consigliare qualcuno che cambia le carte in tavola a trattativa avanzata, o peggio a trattativa chiusa, questa cosa è così fastidiosa che non me la sento proprio di referenziare aziende dove si lavora in questo modo, per poi sentiremi dire: “da chi mi hai mandato?”
Fidatevi… come me la pensano anche tutti gli altri e il livello di competitività si è alzato così tanto che per sbadati e furbetti “non c’è più trippa”!

Quindi evitate di sparare cifre a caso per prendere il cliente, non fa certo bene al vostro business, valutate il cliente non solo dalla dimensione della prima commessa (spesso è di prova) e soprattutto siate corretti e professionali, gli infiniti giri di parole per cercare di far “capire” il valore aggiunto di qualcosa… non servono a nulla se ho già comprato un oggetto ad una cifra e me lo vuoi far pagare di più per qualche tuo errore… Questo non ha nessuna spiegazione plausibile, sono io che decido se acquistare ancora o meno, questo comunque vada a finire, inciderà sulla fidelizzazione, perché anche se la vendita, per miracolo, si conclude non sarai giudicato per questo contratto ma per quelli che non chiuderai più… i mercati sono informati ed intelligenti conoscono il prodotto meglio di te!

Il mio mentore diceva sempre fatica l’80% all’inizio della trattativa e chiudi scivolando verso il 20% reastante… Ne guadagnerai in salute e prestigio!!!
Penso siano ancora parole veritiere!

Se vuoi essere un venditore di successo devi proprio avere pazienza e ragionare…



memsFoto di Cinzia Rui

Presto su queste pagine altri spunti sull’argomento fidelizzazione!!! 😉


Scritto da Daniele Catarozzi




















Vetrina_kilt_Foto di Fabio Catarozzi – “Negozio di kilt”

Partiamo dal presupposto che tutti abbiamo bisogno del cliente, perché come diceva Ford è lui che paga gli stipendi.
Quindi sia che siate degli imprenditori o dei dipendenti sappiate che le buste paga sono saldate con i soldini che il cliente tira fuori!

Anzi visto che ci stiamo mettendo nei suoi panni direi… “Che gli stipendi vengono saldati con i soldi che Noi tiriamo fuori!!!” 😉

Ora vi devo chiedere il primo sforzo: uscire dal ruolo ormai cucito addosso del venditore ed entrare nei panni del cliente per scoprire alcune cosucce che lo spingono ad acquistare.

Facciamo un controllo dell’attrezzatura da “Cliente”:

– Vestiti?… Presenti (non si può certo girare nudi)…
– Orologio?… Presente (alcuni senza, vagano per giorni prima di tornare a casa a mani vuote, visti i tempi!)
– Carta di credito?… Hei, chi ha preso la mia carta di credito? Ecco mio figlio…
Hem… ridammi la carta di credito che oggi devo fare il cliente…
Come non sono credibile…
Comunque ridammi la “carta” non la puoi usare per comprare una PS3 nuova, hai solo 5 anni…
Grazie e ora torna a giocare! 😉

Una volta fatto il check per l’attrezzatura iniziamo la navigazione a vista!
Ci saranno varie motivazioni che spingono il cliente ad acquistare a volte differiscono in base al mercato di riferimento B2C o B2B…

Scusate a volte dimentico i panni che rivesto e parlo come un Marketer…

B2C significa Business to Consumer, quindi il mio mercato è rivolto verso il consumatore finale le persone di tutti i giorni che entrano in un negozio o acquistano on line prodotti per sé o per la propria famiglia!

B2B significa Business to Business, in questo caso avrò a che fare con i famigerati Buyer delle imprese o ancora peggio con gli imprenditori della PMI che di certo non hanno intenzione di scialacquare i solidi così difficilmente incamerati dalla loro attività!

I processi mentali che portano all’acquisto a volte si sovrappongono, altre volte sono sostanzialmente differenti.

Nell’articolo affronteremo alcuni aspetti dei processi di acquisto e alcuni espedienti che vengono utilizzati per invogliare il cliente all’azione, data la vastità dell’argomento mi scuso in anticipo se per caso non andremo a toccare aspetti che reputate interessanti ma vi invito a contribuire nella sezione dedicata ai post al fondo dell’articolo per migliorare il contenuto.

Facciamo un passo alla volta, le persone comperano beni e servizi al nascere di un’esigenza, quello che nei testi di economia viene definito bisogno, conscio o inconscio che sia, non compereranno mai qualcosa se non ne percepiscono la necessità.
Per scoprire come incentivare “l’esplorazione” dei bisogni sono state studiate varie teorie ed applicate a diverse strategie.
Andiamo ad affrontare per primo il concetto di “io” descritto nella teoria dell’Analisi Transazionale di Eric Berne.
Il dr. Eric, ha teorizzato l’Io come formato da tre strutture che compongono una unica personalità, le tre strutture verranno definite in seguito come i tre stati dell’io: l’io Genitore, l’io Adulto, l’io Bambino.

L’io Genitore

Questa è la parte che ereditiamo dai nostri genitori, si manifesta in modo attivo o come influenza, in tutti e due i casi noi agiremo o come avrebbero agito i nostri genitori o come avrebbero voluto che noi agissimo.

L’io Adulto

Questa è la parte razionale di tutti noi, è quello stato che decide in modo oggettivo in base a dati acquisiti, effettuando un calcolo probabilistico e scegliendo la soluzione più sicura, l’io adulto è quella parte di noi che ci spinge a fermarci al semaforo rosso e ad aspettare che il traffico dell’incrocio sia completamente smaltito prima di attraversare, in modo che la probabilità di attraversamento senza incidenti sia reputata accettabile!

Lo stato adulto, nella sua funzione positiva vive oggettivamente la realtà, non drammatizza l’errore e decide in base a ciò che è noto; qualora sia contaminato e non ben funzionante trascura le emozioni ed i valori e non si cura dei rapporti interpersonali. Quindi, quando sono nell’adulto, io uso tutte le mie facoltà intellettuali e so valutare la situazione.

L’io Bambino

La parte bambino dell’Io è dove è racchiusa la spontaneità e l’emotività. Il Bambino racchiude tutte quelle esperienze, quei comportamenti che noi mettemmo in atto nella nostra infanzia. Quando sono nel Bambino, io mi comporto non come un bambino in generale, ma come io mi comportavo quando ero bambino.
Il Bambino si divide in adattato e naturale, che ha i suoi positivi e negativi come il Genitore. Il Bambino adattato è obbediente, buono, docile, è sotto il controllo del Genitore interiore. Il Bambino naturale è spontaneo, allegro, non è controllato dal Genitore interiore. I positivi e i negativi sono il Bambino Adattato positivo, che accetta le regole, collabora e agisce per farsi accettare, e quello negativo che si sottomette alle regole, si compiange e subisce per farsi accettare.
Bambino Ribelle positivo, che ha spirito d’iniziativa, e quello negativo che è sempre contrario per principio.
Bambino Libero positivo, che si esprime in tutto liberamente, mostrandosi apertamente, e quello negativo che ha paura ad esporsi ed esprimersi, è intimidito e si isola.

Non dimentichiamo poi le “Carezze”…
Berne definisce una carezza come “qualsiasi atto che implica il riconoscimento dell’altra persona”


I contenuti sulla teoria dell’Analisi Transazionale sono stati tratti da Wikipedia


Vi racconto queste cose perché secondo la tesi dell’Analsi Transazionale i processi decisionali passano attraverso gli stati dell’Io.


Quindi un acquisto di impulso, quello che in gergo viene anche chiamato emozionale o emotivo deriva dallo stato dell’io definito “io Bambino Ribelle positivo”. Questo stato necessita anche di “Carezze” una volta chè è intervenuto per un acquisto, la carezza rafforza lo stato di compiacimento per la transazione appena conclusa: faccio un esempio, se tua moglie torna a casa con una acconciatura nuova dopo aver speso tempo e denaro dalla pettinatrice un semplice “come stai bene” costituisce una carezza, predisporrà l’io Bambino Ribelle positivo della tua amata ad un prolungamento del compiacimento e noterai anche che la cena sarà più appetitosa del solito… 😉


L’io bambino viene stimolato attraverso soluzioni creative e la percezione del beneficio avviene attraverso due fasi: la prima è l’innamoramento … il classico “mi piace”, la seconda è la possibilità di spesa, anche se superiore a ciò che detta l’io Adulto, (a meno che non intervenga in un bimbo di 5 anni che sei è impossessato della carta di credito del padre… a quel punto il limite è quello della carta) insomma se te lo puoi permettere lo comperi, quindi mi piace… me lo posso tutto sommato permettere… lo voglio!!!


caramelleFoto di Cinzia Rui

In questo caso siamo sicuramente su un mercato B2C e una vetrina creativa influirà molto, ma ciò che più colpirà il cliente è il poter immaginarsi in possesso dell’oggetto ed il poterlo esibire alle persone che lo circondano perché tale possesso lo eleva!
Nel caso della vetrina che vedete nella foto sopra non sarà tanto l’aver acquistato le caramelle esposte ma magari essere taggato in una foto difronte ad una vetrina così particolare!! Il classico io c’ero!
Sorvolerò sugli stimoli allo stato dell’io Adulto che affronterò di seguito parlando della vendita B2B.

Sul mercato B2B purtroppo intervengono altri fattori e vengono influenzati altri stati come ad esempio l’io Adulto dell’interlocutore che deve valutare un investimento per conto dell’azienda per la quale lavora e non servirà a nulla emozionarlo visivamente ma si dovrà attuare una tecnica di vendita consulenziale che deve portare l’io Adulto a mettere insieme abbastanza punti percentuali per farci preferire alla concorrenza, si dovranno quindi trovare delle soluzioni che definirei “Laterali”.
Anche in questo caso porterò in campo la teoria di uno psicologo, il maltese Edward De Bono, la sua teoria si chiama: “Il Pensiero Laterale”.

Vi inserisco uno stralcio di definizione tratto da wikipedia:
“Con il termine pensiero laterale, coniato dallo psicologo maltese Edward De Bono, si intende una modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio indiretto, ovvero l’osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema.
Mentre una soluzione diretta prevede il ricorso alla logica sequenziale, risolvendo il problema partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie, il pensiero laterale se ne discosta (da cui il termine laterale) e cerca punti di vista alternativi prima di cercare la soluzione.”


time_squareFoto di Fabio Catarozzi

Bella teoria vero?
Peccato che comporti uno sforzo in preparazione e allenamento del proprio modo di ragionare e di vedere il mondo circostante, un poco come la foto che vi ho proposto, potrebbe essere un semplice scatto che ritrae una insegna di NY, invece… ci comunica una sensazione, uno stile di vita, i sentori di quello che si può trovare di notte in una città lontana.
L’allenamento deve essere portato avanti giorno per giorno, la curiosità che porta alla preparazione deve diventare una costante della nostra vita e se abbiamo dipendenti che svolgono ruoli commerciali dovremo fare in modo che siano preparati ad affrontare questo cambiamento…

Penso che la vendita non sia improvvisazione e che il cliente oggi più che mai sia preparato ed intelligente, vuole da noi soluzioni con effetti tangibili.

Anche nel caso di acquisti nel settore B2C un venditore deve essere in grado di dare soluzioni “Laterali” e soprattutto erogare le “carezze”, il rafforzamento della vendita, deve assolutamente essere fatto per tentare la fidelizzazione, il tutto senza tenere atteggiamenti artefatti, ma con una comunicazione che deve suonare umana.

Approfondirò in altri articoli le tecniche di fidelizzazione del cliente sia nel B2B che nel B2C…
Per ora vi basti sapere che se entro in un negozio (quindi nei sacrosanti panni del cliente) e vengo accolto e riconosciuto perché in passato vi ero già passato, è la più bella delle “Carezze”!!! 😉

Scritto da Daniele Catarozzi


















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