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Autore e fonte della ricerca è ‘Andrea Albanese’, docente modulo corporate SNID Master (Social Network Influence Design) Poli.design Politecnico di Milano.


Commento alla ricerca “Social Media Effectiveness Use Assessment”.


Ho trovato questa ricerca veramente interessante, ed in attesa del suo aggiornamento con ulteriori dati, previsto per aprile 2013, voglio condividere con Voi alcune riflessioni sui risultati ottenuti nella prima tranche e pubblicati a novembre 2012.


In realtà, la situazione è molto più rosea di quello che sembra circa l’uso dei SN in azienda, ma si tratta di un uso a mio parere ancora poco organizzato, di cui si conoscono bene i fini ma non i mezzi, ma prima passiamo ai dati.


Premessa:
la ricerca era indirizzata ad aziende italiane o a branch italiani di aziende estere con management italiano, in particolare a funzioni direzionali e ruoli con potere decisionale (es. amministratori delegati, presidenti, manager del reparto comunicazione, web marketing e social network expert, direttori commerciali etc…) con una maggiore presenza di IP delle regioni settentrionali e centrali e per età, con una presenza maggiore della fascia 31-45, (vedi slide 5 della presentazione Slideshare), la maggior parte appartenenti a PMI sotto i 50 dipendenti e attive sia nel B2C sia nel B2B.


Innanzitutto, quasi tutti utilizzano i SN da tempo (anni) e vi accedono tramite Pc, portatile, smartphone e tablet.
Insomma, i SN sono conosciuti e per una buona parte degli intervistati anche utilizzati da anni 3,4 o 5 anni. Ciò è dimostrato anche dal tempo dedicato ogni giorno, che per il 31,42% supera i 60 minuti giornalieri, segno che si è compreso che la gestione dei SN è un’attività dispendiosa ed impegnativa come tempo.


Le domande della ricerca però sondavano l’utilizzo dei SN sia a scopo personale, sia aziendale ed i risultati non cambiavano di molto.


Come SN utilizzati maggiormente emergono sempre Facebook, Youtube, Twitter, Linkedin, Google+ sugli altri.
Oltre ai SN, sono molto usati i blogs (70,64%), di seguito i forums (55,06%), chat/Ip voice (48,39%) e wiki (28,65).


Le risposte valide, uniche sono state 3655.
Di questi 3655, il 40,82% ha un account Twitter registrato, mentre il 99% ha una mail, indice del fatto che tra i ruoli direttivi delle aziende, la mail è ormai uno strumento utilizzatissimo e “scontato”, mentre l’account Twitter si sta diffondendo sempre di più, ma è ancora al di sotto del 50%.


Quante persone lavorano effettivamente e sono coinvolte in azienda nella gestione dei SN?

pag_12
Il dato nessuna per il 21,35% trova conferma nel fatto che in un’altra domanda del questionario il 35,90% afferma “stiamo ancora comprendendo come e cosa fare”.


In egual misura altri hanno già un comparto dedicato, alcuni si affidano ad aziende esterne ma la cosa più preoccupante è che il 18,50% dica “ci sono casi di persone che autonomamente supportano l’azienda nell’attività social”.
Sì, è vero, normalmente chi conosce di più i SN per esperienze personali è portato ad essere di aiuto all’azienda in questo campo, ma allora perchè non coinvolgere le persone più competenti ed interessate in un progetto mirato e strutturato che metta assieme almeno 1-2 teste + un social media expert. I SN sono attraenti ed utili ma anche passatemi il termine, pericolosi: ci vuole molta creatività ma anche sano giudizio.

La maggior parte delle aziende non sa bene quale iniziative di marketing realizzare sui SN (molte di community development/engagement, una % molto alta nessuna iniziativa, sviluppo applicazioni) mentre sa benissimo quali risultati attesi vuole ottenere: brand management, potenziamento della comunicazione, creazione di una community, ottenere leads, disporre di dati per statistiche e migliorare la conversion …
Download di documenti e visualizzazioni video vengono dopo, dopo ancora articoli pubblicati da giornali … web form compilate, forum creati, voto sui contenuti pubblicati, in ultime posizioni iscrizioni a concorsi …

Un’altra cosa strana è che il il 30,73% non sappia definire una lead???

La ricerca conferma quanto sia difficile oggi fare ricerca:
su una stima di esposizione di 150000 utenti, 12122 persone hanno visualizzato la pagina del questionario, ovvero 8,081% dei 150000, di questi 12122, ben 4356 l’hanno compilato, il 35,934 % e 3655 l’hanno compilato con risposte valide.


N.B.: i dati-numeri citati sono tratti dalla ricerca, i commenti sono personali di MarketCool ed anche le % calcolate nelle ultimissime righe dell’articolo. Questo articolo è stato spedito x visione ad Andrea Albanese il 27 gennaio 2013.



scritto da Monica Cordola




notizie su Andrea Albanese:
Social Network & Web Marketing Advisor. Sales & Post Sales. Web Business Intelligence & Real Time Customer behavior.
Web: http://web-marketing-manager.it
LinkedIn: http://www.linkedin.com/in/albaneseandrea
Facebook: https://www.facebook.com/AndreaAlbanese01
Twitter: @FlashAndrea


















Sì ma in che modo?



Mem_top Foto di Cinzia Rui “Skymmscraper”

Sentiamo spesso questa parola, è sulla bocca di tutti gli “esperti”… Fior di teorie sulla vendita la citano.
Se non avete seguito 1000 corsi a riguardo vuol dire che il segreto “di Pulcinella” ve lo svelo io. 😀

Ma facciamo prima un passo indietro, perché quando si parla di tenerci stretto il caro cliente molti si chiedono come fare, anzi già lo fanno!!!

Siamo abituati a ragionare sulle caratteristiche del prodotto e allora ragioniamo su queste caratteristiche.
Perché se ho una ferramenta e vendo “bulloni” chi viene da me lo fa perché ho il prodotto migliore, scelta dettata dal fatto che l’unico modo che ho per distinguermi dalla concorrenza è proprio puntare sulla qualità!
Si sa che tutti vogliono il prodotto migliore!
Senza contare che i miei prodotti di qualità hanno il prezzo più competitivo e poi so spiegare bene le caratteristiche di quell’acciaio ecc..
Quindi viene naturale puntare sul prodotto migliore e di qualità, spingendo sulla formazione tecnica per ritagliarsi la fetta di mercato! Giusto?…

Stratosbagliato!!!!!!!


State dimenticando un aspetto importante che ho espresso in un precedente [Articolo] e cioè mettiamoci nei suoi panni, quelli del cliente intendo.

Quanti veramente si metteranno ad ascoltare le nostre “supercazzole” tecniche? Quanti veramente vogliono sentirsi dire di quale qualità sopraffina è il “nostro” acciaio? Faccio un esempio informatico, quando ci dicono usa questo hardware costa un terzo ed è uguale a quello professionale (e aggiungono… tanto sono fatti tutti e due in Cina) la maggior parte delle persone che devono utilizzare quel prodotto, secondo voi cosa faranno?

Ora ti dico cosa succederà… Succederà che quando trovano un fornitore con un prezzo più basso del tuo alle stesse condizioni finanziarie per i pagamenti ti molleranno… Proprio così vanno a comprare da qualcun’altro (proprio i tuoi fedelissimi clienti)!

China_town_01 Foto di Cinzia Rui “Chinatown”

Se ti stai chiedendo il perché te lo dico subito… perché la fidelizzazione non passa solo attraverso le caratteristiche del prodotto, ma soprattutto attraverso il servizio che offri.

Quindi se vuoi fare qualcosa per fidelizzare il tuo cliente, devi iniziare a studiare cosa stanno offrendo i tuoi concorrenti come servizi a valore aggiunto ed inventarti qualcosa che gli altri non hanno.

[L’articolo di ZAC 3.0] ne è un esempio, cerchiamo di dare servizi aggiuntivi al cliente e facciamolo in modo da renderlo unico!

Oggi abbiamo a disposizione tantissimi strumenti anche grazie allo sviluppo della comunicazione attraverso il web.
Ad esempio nel B2C si potrà puntare alla creazione di una community in torno al marchio o al proprio core business.
Non solo divulgando informazioni, ma facendo partecipare gli utenti ad alcuni processi di comunicazione o aziendali, con lo scopo di farli sentire parte di un qualcosa, naturalmente dovranno essere clienti per poterlo fare!
Fate però attenzione questo tipo di operazioni non si portano avanti su due piedi, ci vuole una buona dose di programmazione e soprattutto se si vuole “investire” in una strategia social, si dovranno formare correttamente i propri dipendenti e collaboratori sulle procedure in modo da avere una immagine coesa!
Di esempi di “orrori” del web marketing ne possiamo trovare a bizzeffe, basta googolare per 2 minuti e verrete sommersi di esempi, per evitarli è fondamentale aver analizzato la propria “web reputation” e poi che tutti siano informati, sì perché i vostri dipendenti usano il web, proprio come lo fate voi e i vostri clienti.
Spesso sono proprio i vostri collaboratori, anche quelli impiegati in settori non commerciali, i primi e più efficaci veicoli di marketing, perché sono le persone “comuni” che formano un mercato e le persone “comuni” si riconoscono tra loro.

Ma analizziamo anche altri aspetti, le soluzioni/servizi di fidelizzazione non devono per forza essere un centro di costo, alcuni servizi specialistici possono essere venduti e trasformati in centri di profitto, senza contare che ci si può inventare delle formule di sconto per contratti pluriennali e vincolare così tale cliente per un periodo di tempo più ampio, che potrà essere utilizzato per nuove attività di marketing in modo molto più disinvolto perché il contatto con i clienti fidelizzati è naturale, la frase “deve passare il tecnico per la manutenzione ordinaria visto che ci siamo nel frattempo ti porto del materiale sui nuovi prodotti/servizi, ormai l’ho fatta stampare sulle magliette! (non quelle di MC2) 🙂
Questo tipo di approccio sta prendendo piede nel settore B2B dove è molto importante la continuità di servizio e il prodotto finale (inteso come “bene materiale”) viene visto come una delle componenti del servizio stesso.

Volete un esempio anche nel B2B?
Quanti di voi hanno la classica macchinetta del caffè con le cialde in ufficio? Bene noi ne abbiamo una a servizio, cioè acquistiamo solo le cialde di caffè e la macchina è in comodato d’uso si firma un contratto di esclusiva per due anni et voilà il gioco è fatto potrete togliere dalla lista dei nodi critici la voce “Brocken Coffee Machine” perché nel servizio è inclusa la sostituzione in caso di guasto, hai la tua macchina per fare i caffè e gli sviluppatori di software non andranno mai in crisi di astinenza da caffeina con conseguente flessione della produzione! 😉
Naturalmente in questo caso ad ogni riordino di cialde il commerciale ti propone anche tutta una serie di prodotti accessori, quali zucchero, bicchieri e via dicendo!

Quindi in conclusione, la parola d’ordine Fidelizzare, va di pari passo con la parola Servizio!

Prossimamente su MC2 MarketCool altri spunti di riflessione sulla fidelizzazione… Stay Tuned!!

Scritto da Daniele Catarozzi

Foto di Daniele Catarozzi – Medusa

Se state pensando di aprire un e-commerce fate attenzione al prossimo articolo perché potrebbe lasciarvi pietrificati!!!


Daniele Catarozzi… che poi sarebbe l’altro Cibernauta Marketer e Direttore commerciale della MIDHGARD, nel workshop del CDVM dal titolo “Social E-commerce: le nuove frontiere della vendita”, tenutosi in occasione del DIGITAL EXPERIENCE FESTIVAL 2012, ha fornito un’accurata esplorazione del rapporto tra mondo digitale e mondo del business, analizzando l’evoluzione dell’e-commerce ed i rischi e le opportunità dei nuovi mezzi digitali applicati alla vendita ed al marketing.

La crescita dell’E-Commerce in termini numerici è stata impressionante: il suo fatturato è passato da 1,645 Miliardi di € nel 2004, anno in cui D. Catarozzi ha fatto la sua prima esperienza di e-commerce, a 18,970 Miliardi di € nel 2011.
(Fonte Casaleggio Associati)

Ma il cambiamento e la crescita sono avvenuti anche in termini di strumenti utilizzati e di percezione da parte del consumatore.

All’inizio, il volano delle crescita è partito dal Drop Shipping (che permette vendere senza immobilizzare capitali), dalle aste sul web, per arrivare all’avvento dei grandi operatori online.
Il Drop Shipping o Drop Ship, sconosciuto a molti, è un modello di vendita grazie al quale il venditore vende un prodotto ad un utente finale, senza possederlo materialmente nel proprio magazzino, senza necessità di investire grossi capitali o tanti dipendenti, mentre, dal canto suo il dropshipper aumenta più facilmente la propria rete vendita.
Il venditore può vendere sia personalmente sia attraverso siti internet di commercio elettronico o di aste online.
Molto più diffuso in America, dove è nato, che da noi, non nasconde rischi e problemi: nella maggior aprte dei casi i margini di guadagno ridotti “all’osso” più è facile entrae in un mercato più competitor vi troverete a fronteggiare, più bassi saranno i margini dando un vantaggio competitivo alle aziende che hanno più capacità di investimento in advertising, è difficile l’integrazione in tempo reale con i dati di stock dei fornitori, questo causa disservizi per l’acquirente finale, che soprattutto nel caso di acquisti con pagamenti tramite bonifico bancario dove l’accredito dei fondi avviene con un lasso di tempo che varia dalle 24 alle 120 ore può trovarsi di fronte a ritardi nella consegna dei beni dovuti ad esaurimento scorte, altre eventuali complicazioni per l’acquirente finale possono essere dovuti a oneri doganali e l’utilizzo difficoltoso della garanzia, soprattutto quando il dropshipper o la sua merce si trovano in paesi al di fuori della Comunità europea. Negli anni 2004-2006, vendere in DropShip era più facile a causa del fatto che Internet non era saturo di siti e-commerce e c’erano molti meno grandi operatori online.
Oggi non si può pensare di fare dropshipping senza promozione e senza una analisi accurata di mercato ed una campagna di marketing adeguata, punti fondamentali per la buona riuscita del progetto saranno l’organizzazione e il monitoraggio continuo dell’attività, senza dimenticare le risorse umane, assicuratevi di aver in staff persone esperte di comunicazione tramite il web, una persona che segua costantemente i feedback dei clienti sui SN e tanta tantissima pazienza!!!
Di fondamentale importanza resta la perfetta organizzazione dei reparti aziendali ed in particolar modo un efficiente customer care!

Poi si diffusero le aste on line, Ebay & Company: ancora oggi si possono citare siti come:
www.mettingart.it
www.ebay.it
www.astemobili.it
www.asteonline.it
www.aste.com
www.astereverse.com.

Ed infine l’avvento dei Giganti, a titolo esemplificativo e in ordine casuale:

Google, Amazon e Apple store.

I primi E-Commerce erano come delle bancherelle sul web in cui mostrare con immagini invitanti i propri prodotti.
Moltissima attenzione veniva data al prezzo: il consumatore si serviva dei Motori di comparazione dei prezzi, oggi ancora presenti ma per lo più nel settore turistico ed alberghiero, e per la promozione dei siti si ricorreva alla Indicizzazione delle parole chiave ed alla pubblicità con articoli sulle Riviste di settore soprattutto in ambito informatico.



Il Cambiamento



Le tecnologie cambiano… oggi invece si parla di blog, sistemi wiki, di condivisione di articoli scritti dai membri delle community, in 2 parole di social commerce, l’evoluzione in senso web 2.0 dell’e-commerce.
E sono mutate anche le abitudini degli utenti.
L’utente vuole comunicare con noi, vuole fare domande, ricevere risposte, trovare oltre al prodotto un servizio o un valore aggiunto. L’utente è molto più preparato di un tempo.

Le 95 TESI del Cluetrain Manifesto.
N°1: I mercati sono conversazioni
N° 12: Non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle aziende che li fanno. E se una cosa è buona o cattiva, comunque lo dicono a tutti.

Non si guadagna più online con “nessun investimento” e con “poco know-how”.
C’è molta più concorrenza.
Per riuscire a vendere nel mondo web 2.0 bisogna saper padroneggiare nuovi strumenti:
– Social Network (Social Media Marketing)
– News
– Filmati (Un video esplicativo vale più di 1000 manuali)
– Slide show (Una immagine comunica più delle parole)
– Blog
– Search engine Marketing
– Pr On Line
– Guerrilla Marketing; Viral marketing,
– Ambient Advertising e Neuro Marketing per la location on site (ok chiamiamolo negozio) quasi d’obbligo perché gli utenti hanno anche bisogno di concretezza…

Impariamo 7 piccole regole



– Avvicinarsi alle community
– Ascoltare
– Trasmettere Veri Valori
– Offrire contenuti di qualità
– Essere sempre coerenti e trasparenti
– Mantenere informati tutti i dipendenti sulle politiche di social marketing dell’azienda
– Lasciare la possibilità agli utenti-clienti di esprimersi, ma dettare delle regole.

Cosa fare per iniziare:
Prima di iniziare un progetto è necessario analizzare il mercato e scegliere i prodotti giusti in base alla strategia aziendale, a volte si può scegliere di utilizzare brand e prodotti a maggiore penetrazione e minore margine, l’ideale sarebbe iniziare con dei prodotti pilota per valutare l’effettiva redemption e poi stabilire i piani strategici, altro aspetto è l’analisi della Web Reputation dell’azienda, se già esistente o del brand che si propone se si vende un prodotto di terze parti, in questo modo si potranno evitare situazioni a dir poco imbarazzanti e potenzialmente dannose all’investimento appena effettuato.
Inoltre, è fondamentale capire cosa interessa ai propri utenti o meglio stabilire su quale target operare, ma non dimenticate che il “target” sono persone, non abbiate paura di comunicare con loro.
Non indirizziamo l’utente sul nostro negozio utilizzando comunicazioni ingannevoli o escamotage…Avremo solo perso del tempo!

Il Social Commerce



Cosa è il Social Commerce (Fonte Wikipedia)
«Il Social Commerce è l’evoluzione in senso web 2.0 del commercio online (ecommerce), che consente una maggiore interattività e partecipazione da parte dei clienti, attraverso blog, sistemi wiki e la condivisione di articoli scritti dai membri delle community ».
Grazie alla rete che favorisce uno continuo scambio di conoscenza, i mercati sono più informati, più intelligenti e più esigenti rispetto alle qualità. Le aziende possono ora comunicare direttamente con i loro mercati, ma devono farlo con voce umana e non artificiosa, condividendo i problemi della loro comunità, e dimostrando di appartenere ad essa.
Un Esempio: caso Ikea. Sul sito si trovano i prodotti, il catalogo, le news, ma anche idee; gli utenti possono lasciare commenti, inserire foto, proporre suggerimenti. Inoltre è presente la call to action: vedo una cosa e la compro subito.

Il Mobile Commerce
L’acquisto di impulso è altamente favorito dalle potenzialità del Mobile Commerce. Grazie ad App, o altre applicazioni o grazie a sistemi come Groupon, Groupalia si può agire sulle leve che inducono il consumatore all’acquisto, rendendo i l prodotto allettante e subito disponibile.

Cosa è il Mobile Commerce

(Fonte Wikipedia)

“Il Mobile Commerce è una qualsiasi transazione che implica il trasferimento di proprietà o di diritti all’uso di beni e servizi, la quale è avviata e/o conclusa attraverso l’uso di dispositivi mobili connessi ad una rete di computer.”

Se ancora non ne avessimo coscienza, oggi siamo parte di un mondo in cui i bambini sono Digital Native, in cui il numero di messaggi di testo spediti e ricevuti ogni giorno eccede il totale della popolazione del pianeta ed in cui gli anni per raggiungere un mercato di 50 milioni di utenti sono 38 per la Radio, 13 per la tv, 4 per internet, 3 per l’i-pod, fino a 2 per Facebook (fonte: video “Did you Know”).



Internet permette delle conversazioni tra esseri umani che erano semplicemente impossibili nell’era dei mass media. Queste conversazioni in rete stanno facendo nascere nuove forme di organizzazione sociale e un nuovo scambio della conoscenza.
Il digitale non è la soluzione vincente o l’unica soluzione, è un mezzo-modo aggiuntivo per fare vendita e marketing, ma occorre essere preparati, investire e soprattutto LAVORARE … TANTISSIMO!

Scritto da Monica Cordola – Contenuti di Daniele Catarozzi

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