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It's a trap! Non ci cascare [Foto di Daniele Catarozzi 2014]

It’s a trap! Non ci cascare [Foto di Daniele Catarozzi 2014]



In giro per il web ma non solo incrocio in continuazione venditori, imprenditori e clienti che si lamentano di mille e una cose differenti ma alla fine il succo del discorso è sempre lo stesso, non si vende, se si vende lo si fa per un tozzo di pane e poi magari non ti pagano neanche.

Il problema comune è che sono finiti in una delle trappole di cui vi vi parlerò in questo articolo!

Regina delle Trappole: la n°1


Parto da quella più usata: “Il mio prodotto è il massimo della qualità, della tecnologia lo vorrebbero tutti!”

Quando sento questa frase mi viene quasi un colpo apoplettico… che poi puntualmente mi coglie in pieno quando si conclude con: “non abbiamo tempo da perdere… tanto basta il passa parola”

ok capito lo vogliono tutti, allora come mai il tuo prodotto “stratofigodellamorte” non se lo compra nessuno o quasi nessuno?

La risposta è semplice perché il passaparola non funziona!!!!!!!!!!!!
Sì mi hai capito non la voglio più sentire questa “boiata”, hai basato la tua strategia di marketing su qualcosa di inesistente!

E non mi venire a dire che sei un professionista o chi che sia che nel tuo settore si lavora ancora così altrimenti non prendi il cliente… questa cosa non funziona più da anni!
Anche artigiani che hanno di sicuro le mani d’oro ma con la terza media… hanno cambiato strategia da tempo immemore, piuttosto vanno in giro ad attaccare biglietti ai portoni dei condomini e quando magari fanno un sopralluogo almeno “spammano” il bigliettino da visita nelle buche del condominio, che è sempre meglio dell’attendere una sponsorizzazione gratuita di qualche cliente soddisfatto che probabilmente 10 giorni dopo si è dimenticato di te e dei tuoi servizi prodotti!

Quello che più mi gela il sangue nelle vene, è l’aver incontrato pletore di professionisti dagli avvocati, commercialisti, ai dentisti… che si lamentano del fatto che non c’è più rispetto per la loro figura, che nel loro settore un tempo non si chiedeva lo sconto o quanto poteva costare un loro intervento, la gente arrivava si faceva erogare la consulenza/servizio e pagava la parcella senza battere ciglio.

Cari amici queste sono trappole mortali… i giorni dell’opulenza sono finiti se non lo capite rimarrete nella melma in cui vi trovate e solo lì… se siete fortunati!

[Pensate di avere il controllo della situazione e di poter distruggere la “Morte Nera” con un piano audace e perfetto di arrivare alla vittoria con un unico e decisivo colpo geniale senza dover fare investimenti e metterci olio di gomito e invece…]



Trappola n°2


C’è chi si è mosso per fare le cose in modo diverso, insomma vuole cambiare rispetto alla massa, ha studiato, si è allenato… ma per fretta non pianifica bene o raccoglie dati parziali secondo i suoi piani la strada è in salita ma il futuro è roseo!
Attenzione perché questa è una trappola subdola, ci da la falsa illusione di avere il controllo e invece non lo abbiamo affatto!

La strada non è una semplice salita ci saranno altre difficoltà da affrontare, altri aspetti da valutare lungo il percorso e dovremo essere elastici e reagire prontamente o rischieremo di farci male!
Per questo conviene investire un poco più di tempo nella pianificazione e nella realizzazione anche di un business model (trovate vari esempi su internet basta googolare business model)

Pianifichiamo meglio o rischiamo di farci male
http://www.youtube.com/watch?v=ic806ivSQ1M

Trappola n°3


Inizio questo business perché vedo che altri stanno guadagnando a mani basse e quindi faccio i soldi facilmente!

Ok se avete iniziato una attività per questo motivo senza avere una base oggettiva e conoscenza del mercato fate che chiudere adesso prima di andare a depositare in tribunale i libri contabili!

Non fate quelle facce so che non vi piace sentirvelo dire ma molto probabilmente finirà così.
Per vari motivi che ora vi vado a spiegare.
Tanto per cominciare se inizi una attività partendo da zero in un settore completamente sconosciuto e riesci a mettere in piedi l’azienda è perché la soglia di ingresso su quel mercato è molto bassa, forse un poco troppo!
Non pensate che altri stanno elucubrando lo stesso vostro malvagio piano che li porterà alla ricchezza?
Sapete cosa accadrà?
Accadrà che il mercato si saturerà velocemente e i margini che prima erano ottimi e vi permettevano di rientrare degli investimenti teoricamente in brevissimo tempo, si assottiglieranno velocemente e magari nel giro di un anno vi ritroverete a dover fare i conti sul cash flow che non torna e non riuscite a coprire più i costi visto che dovete quadruplicare il fatturato per avere lo stesso livello di margine necessario a far campare voi e la vostra creatura!

Chi ha fatto i soldi in quel mercato probabilmente è stato il primo o tra i primissimi ad entrarci ha lanciato il business si è convertito in rivenditore o franchisor e ha iniziato a lucrare sui poveracci che rincorrono la vena d’oro senza doversi ammazzare di lavoro!

Ne volete un esempio?

Il mercato delle sigarette elettroniche!
Sono comparsi negozi come se non ci fosse un domani a momenti trovavi questo prodotto di alta ingegneria anche nelle panetterie!
E guarda caso o si stanno tutti convertendo ad altri mercati oppure continuo a vedere le vetrinette di negozi di cellulari pieni di sigarette elettroniche invendute e lozioncine di ogni tipo di essenza che tutti vendono come assolutamente prodotto di estrema qualità rispetto a quelle provenienti dalla Cina che tanto poi sono quelle più vendute!

Il fenomeno è durato forse un anno non di più.
Forse si poteva inventare qualcosa in stile “temporary shop” ma per diletto non per arricchirsi!

Trappola n°4 Ultima bordata




I miei commerciali hanno sempre ottenuto risultati con il porta a porta, infatti il mio prodotto si vende da solo, ultimamente c’è stata una flessione perché non si impegnano, usano le solite scuse sulla crisi e si siedono!

Ok visto che siete così in gamba da aver messo in piedi una azienda di successo con le vostre mani, andateci voi in una zona industriale a bussare a freddo a delle porte per cercare di vendere i vostri prodotti… che si vendono da soli!

Visto che il vostro prodotto è così bello che tutti lo vogliono e rispetto alla concorrenza è il top e non capite perché comprano quelle schifezze, continuate a focalizzare le trattative sulle caratteristiche tecniche e vediamo quante vendite effettuate!

No? Avete altro da fare?

Ma come se è così semplice perché non vi prendete una giornata di ferie e giocate a fare il venditore… nello stile che ritenete più facile?

Vi divertite pure… in fondo è un lavoro che possono fare tutti basta prendere un disoccupato qualsiasi gli fate aprire PIVA lo mettete su un marciapiede deve solo fare avanti e in dietro e proporre la merce, che tra l’altro si vende da sola visto che è tanto attraente!

Hops… come sono stato scurrile?
Ha intendete dire che le parole che ho appena scritto possono essere fraintese con il “mestiere più antico del mondo”?
Beh lo avete detto voi non io!

He sì… l’ultima era proprio una bordata… con questo vi lascio così che possiate meditare!

Alla prossima Stay Tuned!

Scritto da Daniele Catarozzi

Il "Progetto del Secolo" è il mio Tessssoro - mi farà guadagnare oltre ogni immaginazione!

Il “Progetto del Secolo” è il mio Tessssoro – mi farà guadagnare oltre ogni immaginazione!

Vi siete mai chiesti dove finisce il vostro tempo? Quanto vi costa un progetto o semplicemente del tempo libero?

Tutti noi viviamo a ritmi incredibili l’evoluzione ci ha portato a gestire energie migliaia di volte superiori a quelle di solo 80 anni fa, pensate ai trasporti, oggi spostarsi di 1000 Km è un gioco da ragazzi in un’ora siamo a destinazione, (salvo piccoli imprevisti e/o scioperi) il fastidio più grosso è andare in aeroporto per fare il ceck-in mentre siamo nei pressi del gate possiamo continuare a lavorare e inviare documenti in tutto il mondo, leggere ed inviare notizie attraverso il nostro telefono, essere interconnessi ci porta a ritagliare scampoli di tempo pur di poter fare di più!.

Una volta ci volevano giorni di navigazione o ancora più tempo con mezzi di trasporto terrestri, prevalentemente bici, carrozze trainate da cavalli, rari autoveicoli.
Le strade in condizioni precarie che allungavano i tempi di percorrenza a dismisura, non parliamo poi dell’invio di comunicazioni in località remote!

L'evolvere delle tecnologie ci permette di risparmiare tempo [Foto di Cinzia Rui]

L’evolvere delle tecnologie ci permette di risparmiare tempo [Foto di Cinzia Rui]

Molti di voi si staranno chiedendo cosa significhi questa premessa!
Infondo se mi muovo più velocemente ho più tempo da dedicare ad altro!
Questo è vero in parte, perché l’accelerazione delle nostre vite ha delle conseguenze.

Quando parliamo di giornate lavorative la conseguenza è che per rimanere competitivi dobbiamo produrre di più ed in meno tempo, non solo in relazione al nostro di operato ma anche rispetto a quello della concorrenza!

Per questo sarà fondamentale essere veloci, ma non basta.
Sapere come stiamo investendo il nostro tempo e su quali progetti per poter essere sempre più produttivi è diventato fondamentale!
Il detto il tempo è denaro non è casuale… più si evolvono tecnologie e mercati e più questo concetto diventa cruciale!

Come sempre cercherò di darvi degli input concreti partendo da delle basi semplici, per iniziare un percorso, si dovrà pur fare un primo passo!

La Gestione del Tempo


Direi di iniziare dal come scegliere su cosa investire il nostro tempo!
Mi capita spesso di sentire sia venditori che imprenditori dire: “Sto lavorando ad un progetto che quando entra faccio il botto!

Se li rincontri dopo qualche tempo e chiedi come vanno le cose ti dicono che hanno questo progetto che stenta un poco ma che è una idea geniale che gli farà fare il botto… a me ricordano Gollum del Signore degli Anelli e del suo Tessssoro l’anello magico potentissimo che gli cambierà la vita!

Non fate come Gollum che insegue tutta la vita un Tesssoro che lo porterà alla rovina!

Non fate come Gollum che insegue tutta la vita un Tesssoro che lo porterà alla rovina!

Ora Gollum nella storia non fa una bella fine evitate anche voi di concentrarvi su un unico aleatorio progetto che consuma tantissime energie e tutto il vostro tempo!

Stabilite una rotta che vi guidi a raggiungere alcuni porti intermedi in modo da avere sempre risorse fresche a disposizione!

Quando dico queste cose vengo poi tacciato come quello che è troppo conservativo e non vuole rischiare.

Forse è vero, però penso ci sia differenza tra gli imprenditori che valutano in base a dei dati un progetto e decidono di prendere un rischio per portare avanti un business e coloro che solo perché credono che il “parasterminatore di polveri indossabile a caldo” sia una idea geniale ci si buttano a capofitto senza analizzare se esiste veramente un mercato per quel prodotto e soprattutto quali sono le risorse da investire per fare sapere al mondo che è disponibile tale strabiliante oggetto!

“Di progetti della vita” più o meno tutti ne hanno uno, la differenza è che ci sono alcuni che pianificano passo dopo passo come portarlo a compimento e utilizzano il tempo a propria disposizione per realizzare le risorse necessarie a farlo e chi si focalizza sull’obiettivo di lungo termine e puntualmente naufraga con queste parole sulla bocca… “mi mancava poco se riuscivo a portare a termine quel progetto mi ero sistemato per la vita”!

Scusate la franchezza ma certe persone hanno la stessa probabilità di chiudere quel progetto che fare 6 al Superenalotto è possibile ma molto improbabile che accada!

Quindi analizzate il mercato, i costi necessari ad essere operativi e produttivi e se da quello che vedete c’è almeno il 70% di possibilità di chiudere io direi di investire il vostro tempo nel Tesssssoro, preparando un [Business Plan] ed un Business Model… altrimenti cassettate il “blueprint” e andate avanti fino al verificarsi delle condizioni adeguate.

Tornando ad argomenti più quotidiani la Gestione del Tempo può avere aspetti più complessi da affrontare una volta che ho fatto la mia bella scaletta delle attività che devo svolgere nel mese, poi nella settimana e in fine nel giorno tenendo conto che dovrò per forza di cose prendere in considerazione anche del tempo per gli imprevisti dovrò imparare a gestire anche il tempo dei collaboratori al fine di pianificare al meglio il lavoro e magari presentare al cliente con congizione di causa delle tempistiche di evasione degli ordini piuttosto che di chiusura di progetto!

In questo caso può venire in vostro aiuto un software che permetta di realizzare un [Diagramma di Gantt]

Vi inserisco un esempio di diagramma di Gantt per la Gestione del Tempo:

[Immagine sotto licenza Creative Commons - Autore: Ruben Castelnuovo]

[Immagine sotto licenza Creative Commons – Autore: Ruben Castelnuovo]

Soluzioni Software che potete utilizzare:


Un software Open Source utilizzabile gratuitamente è [GanttProject] utile sia nella fase di analisi che in quella operativa.
Ho preso l’abitudine di allegare alle offerte per progetti complessi un Diagramma di Gantt in modo da dare al cliente idea dei tempi di messa in opera di lavori, devo ammettere che è sempre stato molto apprezzato!

Per chiudere vi lascerei anche uno spunto sull’analisi del tempo lavorativo e la gestione dei progetti di lunga durata.
Nel settore informatico mi è capitato di vedere applicato lo [Scrum].

“Scrum è un framework di processo utilizzato dai primi anni 1990 per gestire lo sviluppo di prodotti complessi. Scrum non è un processo o una tecnica per costruire prodotti ma piuttosto è un framework all’interno del quale è possibile utilizzare vari processi e tecniche. Scrum rende chiara l’efficacia relativa del tuo product management e delle pratiche di sviluppo usate in modo da poterle migliorare.”
(Jeff Sutherland, The Scrum Guide)


Questo framework si può utilizzare anche per altre tipologie di progetto non solo per gli sviluppi di software, certo va adattato alle esigenze ma in parole povere è un mezzo tramite il quale ogni individuo imputa delle ore del giorno alle attività che ha svolto, in fase di messa in opera del framework si stabiliscono le “commesse” e le attività ipotetiche che si possono imputare su tali commesse (si prevedono anche potenziali imprevisti come ad esempio “macchina del caffè rotta”, frattura della gamba durante la partita di calcetto settimanale, ecc… in modo che poi tutti autonomamente carichino le ore sulle attività che hanno svolto o per le quali hanno avuto dei contrattempi.

Questo non è un modo per controllare i collaboratori (visto che sono loro in autonomia che imputano le ore dedicate ad una attività piuttosto che un altra), ma semplicemente per raccogliere dati oggettivi sulle attività svolte, per poi valutare come migliorare le prestazioni e ottimizzare la Gestione del Tempo!
Un plugin Open Source che ho già utilizzato in passato per personalizzare lo Scrum è Redmine, ma ce ne sono anche altri come ad esempio Agilefant!

Ora avete qualche idea in più e qualche aiuto informatico che vi permetta di evitare di fare la fine di Gollum ossessionati dal vostro Tesssoro… anche se alla fine anche lui raggiunge il suo obiettivo, tenere per se il suo Tesssoro fino alla fine dei suoi giorni!

http://www.youtube.com/watch?v=zUTt9MYMcps

Come sempre sono a vostra disposizione per approfondimenti mi potete contattare tramite il form dei commenti sottostante!

[Scritto da Daniele Catarozzi]

Il Venditore è un Gladiatore... non un Legionario!

Il Gladiatore è addestrato ad utilizzare i varchi nelle difese avversarie in modo professionale!

Come alcuni di voi sanno, mi piace la storia e mi affascina scoprire e studiare la vita quotidiana delle popolazioni che ci hanno preceduto.

Oggi vi parlerò di vendita prendendo ad esempio lo stile di azione di due tipologie di “guerrieri” vissute durante il periodo dell’Impero Romano – Il Legionario ed il Gladiatore.

Iniziamo dal Legionario, salterò tutta la parte descrittiva ed organizzativa legata agli inquadramenti delle truppe per arrivare al punto che ci interessa, (non sto scrivendo un trattato storico).
Dovete comunque sapere che i successi militari dell’antica Roma erano dovuti principalmente alla tattica militare attorno alla quale veniva organizzato l’esercito, diviso in Legioni, ogni legionario era attrezzato ed addestrato al fine di essere un elemento della tattica.

Pensateci bene ogni fante era protetto da una Lorica segmentata, un elmo ed uno scudo rettangolare, armato di Pilum (una lancia astata dalla caratteristica forma), ed un gladio (corta spada particolarmente efficace nelle mischie).
Il soldato era schierato in formazioni compatte ed avanzava insieme ai compagni lo scopo era schiacciare gli avversari con la forza bruta spingerli con gli scudi e utilizzare il gladio per colpire (questo nelle brevi distanze, prima venivano usati i pilum che una volta lanciati erano studiati per piegarsi al fine di non essere riutilizzati dal nemico).

Di seguito un breve filmato tratto dalla serie tv “Rome”



Tornando alla vendita ecco perché non reputo il venditore un Legionario, non serve a nulla essere una macchina da guerra in stile “panzer”, avanzo per la mia strada e travolgo tutto quello che incontro.
Perché il confronto con i potenziali acquirenti è giocato su un campo di battaglia diverso, (di sicuro non in campo aperto).
Chi difende ha dei contrafforti piuttosto solidi, il venditore che prende “di petto” alcuni aspetti legati alle caratteristiche del prodotto non produrrà risultati, anzi vi dirò di più infastidisce l’interlocutore, questa tattica dell’avanzare ad ogni costo non è efficace, tanto meno infervorarsi per cercare di far cambiare idea ad una persona con ogni mezzo!

Il venditore secondo me è più simile ad un Gladiatore, perché questi lottatori erano addestrati all’uso delle armi in modo sopraffino ed esclusivo, portavano protezioni minime e spesso gli elmi erano studiati per diminuire il campo visivo del gladiatore in modo da aumentare la difficoltà dei combattimenti.
Il confronto avveniva cercando i punti in cui potersi inserire nelle difese dell’avversario, erano più degli atleti addestrati a sfruttare ogni centimetro, esitazione e punto debole per ottenere la vittoria (giusto perché ne stiamo parlando vi informo che raramente i combattimenti si concludevano con l’uccisione di uno dei gladiatori, perché era molto dispendioso sia in termini di tempo che di denaro addestrarli).

Ecco un altro breve filmato tratto dalla serie “Spartacus Blood & Sand”
[Attenzione “Immagini Crude” – sconsiglio la visione in presenza di bambini o a soggetti particolarmente sensibili]




Ora non voglio equiparare le fasi della vendita ad una vera e propria battaglia ma vorrei esaltare quelle che sono alcune caratteristiche che ritengo importanti al fine di concludere efficacemente degli appuntamenti di vendita!

Di sicuro insistere su una caratteristica prodotto o argomento è potenzialmente sbagliato, per due semplici motivi il primo è che apriamo la guardia a varie obiezioni sul prezzo e sulla concorrenza, la seconda è che rischiamo di rendere fastidioso e ripetitiva la discussione se mi hai fatto notare una caratteristica è inutile che me la ricordi per 150 volte.
Piuttosto si dovrebbe cercare di capire quale è l’argomento/terreno fertile che possiamo utilizzare per andare a concludere la trattativa.

Nella maggior parte dei casi, questo “terreno fertile” viene riassunto in un bisogno specifico di cui l’interlocutore sente particolarmente la pressione.
I mezzi che noi abbiamo a disposizione sono i nostri prodotti, la nostra bravura deve essere quella di proporre il prodotto come soluzione di quella specifica esigenza, certo che se non abbiamo compreso quale sia questa esigenza sarà inutile mettersi lì a tirare fendenti a casaccio, perché il gladiatore che abbiamo di fronte ci piazzerà facilmente la stoccata vincente… la classica frase “interessante ci devo pensare, le farò sapere!”

Quindi armiamoci di santa pazienza e sforziamoci di essere più elastici e meno monolitici, ci aiuterà sicuramente ad essere più efficaci durante gli incontri, indaghiamo sulle effettive esigenze e diamo soluzioni mirate o almeno esponiamo le caratteristiche del nostro prodotto necessarie a soddisfare la specifica esigenza emersa!

[Scritto da Daniele Catarozzi]

Approfondimenti:
[La Legione Romana]

[Il Legionario Romano]

[I Gladiatori]


















[Foto di Daniele Catarozzi] -  Effetto rana basita, non bombardate i clienti di informazioni!

[Foto di Daniele Catarozzi] – Effetto rana basita, non bombardate i clienti di informazioni!

Oggi vi voglio parlare in un breve articolo dell’overselling, la “stravendita” quell’atteggiamento tenuto dai venditori che tende a subissare di informazioni il potenziale cliente anche quando ormai il servizio/prodotto è ampiamente chiaro nella mente del cliente, trasformandolo in una rana basita, alcuni altri animali si fingono morti davanti al pericolo, a volte anche a me viene in mente di fingermi morto o anche solo un malore, pur di evitare di essere subissato di informazioni inutili, che sottraggono il mio prezioso tempo.

Ad onor di cronaca, il termine overselling è usato ultimamente anche come sinonimo di overbooking nel settore dei trasporti o nel settore informatico la vendita di risorse in datacenter superiori rispetto all’hardware disponibile (noi andremo ad affrontare l’argomento “stravendita”).

Perché e quando entriamo in overselling?


Rimanete concentrati e focalizzati sull'obiettivo per evitare l'Overselling!

Rimanete concentrati e focalizzati sull’obiettivo per evitare l’Overselling!

La risposta è semplice nelle fasi che seguono l’analisi delle esigenze e nel momento in cui iniziamo a proporre le nostre soluzioni, l’attesa del cliente sale, come sale la sua attenzione nei nostri confronti perché anche lui ha l’esigenza di soddisfare il proprio bisogno, a questo punto dobbiamo decidere cosa e come proporre la/le soluzioni.

Il rischio di “strafare” aumenta con l’aumentare della nostra percezione dell’attenzione che ci dedica l’interlocutore, perché non dobbiamo esagerare?
Semplice perché oltre a creare confusione e generare indecisione nel cliente a lungo andare lo indisponiamo!

Quando succede a me da cliente, visto il pochissimo tempo che ho a disposizione tale atteggiamento mi infastidisce e mi genera una sensazione di disagio, il pensiero che passa per la mia testa è: “mi hai confuso, non mi hai convinto e mi stai facendo perdere un sacco di tempo”

Ecco perché evitare di bombardare con mille prodotti e soluzioni il cliente, ma non è finita qui c’è anche chi va in overselling descrivendo nel minimo dettaglio il prodotto o servizio, questo è un altro atteggiamento assolutamente da evitare.

Una volta compreso il bisogno del cliente gli propongo un prodotto/servizio che soddisfi tale esigenza è inutile stare a spiegare le mille occasioni in cui poter utilizzare tale prodotto se ho necessità di un pc per scopi ludici una volta che mi hai raccontato di come girano bene gli ultimi titoli usciti sul mercato con la migliore grafica in assoluto è inutile che mi racconti come il PC sia in grado anche di archiviare foto, realizzare documenti e riprodurre files multimediali, perché il mio focus sono i giochi e non me ne frega assolutamente nulla del resto o meglio magari me ne frega ma in modo marginale e mi stai distraendo dall’obiettivo finale!

Non confondiamo però l’Overselling con la pratica dell’Up-selling, con la quale una volta conclusa la vendita proponiamo al cliente una serie di accessori o upgrade a prezzi convenienti, di cui parlerò in modo più diffuso in un prossimo articolo!

A questo punto molti di voi si stanno chiedendo: Come facciamo ad evitare l’overselling?


Vi rispondo subito ma molti di voi avranno già intuito le risposte.

In primo luogo focalizziamoci sulla effettiva esigenza del cliente.

1) Per cominciare proponiamo in risposta il prodotto/servizio giusto.

2) Evitiamo di divagare e “puntare” la trattativa sulle caratteristiche del prodotto (anche per evitare le solite discussioni sul prezzo) ma elenchiamo soltanto ciò che nel prodotto/servizio risolve il bisogno del cliente.

3) Proponiamo due soluzioni al massimo tre (attenzione in molti casi la terza proposta è già di troppo), non di più altrimenti mettiamo in crisi l’interlocutore e comunque dobbiamo avere in mente esattamente ciò che vogliamo vendere quindi proponiamo la soluzione prezzo prestazione migliore e segnaliamola come preferita in modo da togliere i dubbi in merito alla scelta!

L’argomento e vasto e assolutamente con risvolti e aspetti personali su cui si deve andare a lavorare, penso che per iniziare gli spunti che vi ho dato dovrebbero bastare a far riflettere, ma se qualcuno vuole approfondire l’argomento potete lasciare un commento nel form al fondo dell’articolo… vi risponderò volentieri!


[Scritto da Daniele Catarozzi]

Le Differenze Culturali


Abbiamo dato nelle precedenti pillole, un’infarinatura generale di che cosa si deve fare prima di avviare il motore prima di partire con un programma di internazionalizzazione.
In questa e nelle prossime pillole vorrei affrontare che cosa bisogna fare sul campo. Perché una cosa e la pianificazione tutt’altro e la realtà che ci aspetta sul mercato.
Pertanto per iniziare vi lascio con una breve analisi che con il mio gruppo di collaboratori mettemmo giù quando iniziai questa attività di Consulenze, sulle differenze culturali che ci sono tra il modo di fare e vivere il Business negli USA ed in Italia.
Si perché conoscere le usanze (non cosa mangiamo ma come lavorano) il paese dove vai, come già detto, è di massima importanza.

THE AMERICAN WAY OF BUSINESS…

• Negli Stati Uniti i consumatori tendono ad essere orientati più al breve periodo e quindi prediligono l’ottenimento rapido dei risultati, mantenedo un occhio di riguardo verso l’aspetto del prodotto e la sua convenienza.
• Nella società Statunitense esiste una forte concorrenza oltre ad una componente di individualismo.
• Ci si aspetta che i leader sappiano prendere delle decisioni in modo top-down.
• Gli Statunitensi hanno tipicamente un atteggiamento del “si può fare”.
• Il compenso dei Top Manager ha una grossa componente di premi e di incentivazioni legate alle prestazioni aziendali. E’ comune l’opzione di partecipazione sia al profitto aziendale che al pacchetto azionario (Stock option).
• Spostarsi di citta o stato per trovare un lavoro non è un deterrente per la maggior parte dei dipendenti americani.
• In molti Stati della Federazione le leggi consentono di licenziare il dipendente quando necessario e con breve preavviso – spesso questo non supera le due settimane.
• Contratti di lavoro dettagliati sono solitamente preparati solo per i Quadri e Dirigenti.
• Esistono delle norme rigorose in relazione alle pari opportunità inerenti al processo di assunzione per quanto riguarda le donne, l’età e le minoranze etniche.
• L’ammontare delle ferie pagate inizia in genere con dieci giorni all’anno e con il bonus di un giorno per ogni anno di anzianità.

VERSO… come SI Fa il business in ITALIA

• Viene data l’enfasi al prezzo del prodotto e le sue performance – sia da parte dei clienti che da parte dei produttori, anche se i parametri non sempre corrispondono.
• I sindacati italiani sono tradizionalmente forti. I dipendenti tendono a fare affidamento su norme consensuali disciplinate da un’autorità collettiva.
• Oltre l’85% delle industrie italiane sono PMI e direttamente controllate e gestito dalla famiglia proprietaria.
• Nuove “direzioni e proposte” spesso sono viste con scetticismo, e messe in discussione dal “perché non”.
• I processi decisionali sono spesso rallentati dalla struttura delle imprese ed il flusso, di tipo “bottom-up”, delle informazioni.
• I diritti sono elementi importanti per la compensazione e la motivazione.
• Le radici locali, la tradizione e le “connessioni famigliari” limitano la mobilità.
• Il licenziare personale è fortemente regolato da leggi e accordi sindacali, e in molti casi sono difficili e costosi.
• Agosto viene normalmente utilizzato come periodo di vacanza, ed è difficile trovare qualcuno disposto a lavorare durante quel mese.
• L’occupazione è vista come un diritto sociale non come un dovere verso il datore di lavoro.
• L’incapacità ad adeguarsi alle condizioni del mercato è il motivo principale del il fallimento delle imprese italiane negli Stati Uniti.


Scritto da David Grosso
[45° Parallel Consulting]

Il Dove e Quando


Abbiamo più che dettagliatamente elaborato su il Come in quanto è il passo più importante quando si parla della preparazione di un’azienda ad un’azione di internazionalizzazione. Però le altre due fasi successive ovvero il Dove ed il Quando non sono da sottovalutare o da prendere sottogamba.

Il Dove è una fase importante in quanto definisce con chiarezza una componente essenziale del percorso di internazionalizzazione che sarebbe già dovuta essere stata pianificata nel BP o per meglio dire che dovrebbe fare nascere un BP e MP ad hoc in quanto richiederà una serie di sforzi aziendali (personale, strutturale e finanziario) che va valutato in anticipo. Ricordiamoci il mio appunto sull’internazionalizzarsi prima di internazionalizzare.

Quindi la questione Dove deve essere una questione tipicamente di strategia aziendale. Il dove non deve essere dove van tutti, anche perché seguire la massa come un caprone non serve a nulla, anzi ha normalmente l’effetto contrario a quello che ci aspettiamo. Il Dove che in poche parole è il mercato/i dove vogliamo andare, deve essere scelto in base alle nostre capacità aziendali, alle condizioni del mercato, al costo relativo all’operazione e non ultimo dall’attrattiva che il nostro prodotto ha sui potenziali clienti in quel paese.

Questa del mercato o del dove, diventa una decisione che richiede un certo livello di rischio, ecco perché internazionalizzare non va visto come un processo semplice e da compiere senza previa analisi, ma va visto e vissuto come un investimento e pertanto va trattato come tale. Inoltre non mi stancherò mai di ripetere che non crediate che il ROI di un investimento di internazionalizzazione sia immediato, ci vorranno degli anni per ritornare dei propri soldi e questo dipenderà anche in gran parte da ciò che avviene attorno a noi (micro e macro economia).

Di conseguenza il quando deve essere quasi ovvio, ovvero QUANDO l’azienda e pronta. Quando ha deciso come e dove internazionalizzarsi ed ha affrontato la questione finanziaria di questa operazione.
Devo purtroppo aggiungere che aspettare e una prerogativa o per meglio dire un male tutto Italiano, infatti le aziende Italiane sono molto brave ad aspettare troppo e di conseguenza perdono quel treno immaginario che dovrebbe trainare l’azienda in questo tipo di azioni.

Quindi il quando deve essere appena possibile ma comunque mai troppo presto!

[Scritto da David Grosso]
[45° Parallel Consulting]

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[Foto di Cinzia Rui – USA Flag]

Il Come


Bene, una volta che abbiamo l’obiettivo, siamo sicuri di avere un’organizzazione che può supportare la necessità di internazionalizzazione ci troviamo davanti alla non facile ricerca del migliore canale di vendita, il mercato o i mercati sui quali si vuole iniziare a lavorare e quando.

Dato che il “come aziendale” lo abbiamo appena analizzato vediamo come ci si può, o meglio ci si deve organizzare, quando si cerca di vendere all’estero. Prima di tutto vorrei dirvi di dimenticarvi l’ICE (Istituto per il Commercio con l’Estero), perché prima è stato chiuso e poi ristrutturato dalla mano di Monti (già prima funzionava poco e male, chissà ora), infatti se non fate parte di una grande azienda avrete ben pochi benefici dal loro utilizzo in quanto a questo baraccone interessa vendere un servizio come la consulenza e quando creava degli eventi gratuiti erano di scarsa utilità.

E’ vero lo faccio anch’io per mestiere quello delle consulenze, ma almeno non sono un burocrate che capisce poco o nulla delle aziende Italiane in quanto ha solo lavorato in uffici statali o Università. Il nozionismo serve a nulla anzi crea solo guai.

Comunque ritorniamo al mio punto iniziale perché alla fine e quello che deve interessare. Come internazionalizzarsi? Ovvero quali canali utilizzare?

Se basiamo la nostra decisione esclusivamente legandolo ai costi, certamente l’approccio più rapido e meno caro di tutti è quello di trovare un agente o distributore. A questo punto va fatta una scelta strategica molto importante perché e da sottolineare che un contratto di agenzia o di distribuzione implicano delle legalità differenti tra i due soggetti.

Inoltre in alcuni casi le leggi dello stato in cui andiamo a cercare di istituire un rapporto di agenzia o distribuzione potrebbero avere la prevalenza in un contratto ed essere diverse da quelle da noi conosciute, pertanto la spesa di un buon avvocato è da mettere in preventivo se non ci si vuole ritrovare con dei problemi in futuro.
Dal mio punto di vista agenti o distributori si possono equivalere anche se il distributore in quanto tale è “proprietario” del suo cliente questo vuole dire che voi non saprete mai a chi sono stati rivenduti i vostri prodotti se non, forse, quando ci sono problemi con il prodotto, inoltre se il distributore decide di rescindere il contratto, o gli pagate la lista clienti oppure avete perso un paese e dovete iniziare nuovamente da capo.
Ovviamente ci sono modi per venire in contatto con il cliente finale, però non valgono o hanno la stessa resa in tutti i settori merceologici.

Il rappresentante in quanto tale lavora per voi, però al momento di rescindere il contratto dovete tenere conto che c’è un bonus di buona uscita da tenere in considerazione che viene calcolato tenendo conto della media dei fatturati degli ultimi anni.

Pertanto bisogna fare attenzione perché una scelta che potrebbe sembrare semplice invece va ponderata attentamente e in maniera strategica, sappiate comunque che sia l’agente che il distributore vi seguiranno solo ed esclusivamente se il vostro prodotto sarà considerato importante ai fini del loro fatturato. All’inizio sono sempre rose e fiori ma poi ben presto i numeri (fatturato) prendono la precedenza.
Ovvero si applicherà Pareto dove il 20% dei prodotti che rappresenta o rivende inciderà sull’ 80% percento del suo fatturato, e pertanto se non fate parte di quel 20% sarete fuori dai giochi o almeno non verrete trattati in maniera adeguata!

Un altro approccio di internazionalizzazione del prodotto è quello di vendere direttamente.
Sia viaggiando direttamente nel paese di interesse oppure tramite l’apertura di una filiale.

Parliamoci chiaro, mentre le visite dirette sono un modo per tenere i costi più o meno sotto controllo, alla fine non è il modo migliore di internazionalizzare specialmente quando parliamo di quei paesi dove il fattore distanza e fuso orario gioca una componente importate e sfavorevole al mantenimento dei rapporti diretti con il cliente. Quindi se in Europa si potrebbe applicare questa tecnica nel resto del mondo non lo è principalmente perché dopo avere venduto un prodotto dovete essere in grado di seguire un cliente (se ci tenete a quel mercato, al cliente ed al vostro buon nome) ed e quasi impossibile che lo possiate fare a distanza.

Aprire una filiale, pur essendo il miglio modo per seguire direttamente un mercato, costa molto e serve una buona pratica di business per fare le cose per bene. Non solo dovete essere bravi a gestire una nuova azienda, ma ora dovrete diventare veri esperti di quel paese, delle sue leggi, costumi.

Come scritto nella [Unit 2] dovrete avere la persona giusta che vi segue la filiale se non volete avere problemi.
Non basterà che qualcuno vi abbia detto cosa fare e dare le direttive a qualcuno di fare, ma nel caso di filiali estere dovete essere voi in prima persona a dovervi mettere in gioco.

[Scritto da David Grosso]
[45° Parallel Consulting]


















bandiera_usa[Foto di Cinzia Rui – USA Flag]

Vorrei affrontare il mio secondo intervento riguardante le pillole


sull’internazionalizzazione affrontando il classico dibattito sul “cosa fare e come farlo”. Ovvero internazionalizzare ed internazionalizzarsi portano allo stesso risultato ma sono due concetti/azioni ben precisi e diversi. Io posso internazionalizzare la mia azienda ed il mio prodotto, semplicemente cercando il canale distributivo più efficace (in futuro ne parleremo anche di questo) ma in verità la mia azienda è pronta ad internazionalizzarsi?
Cosa voglio dire? E tanto bello avere un bel prodotto ed una rete commerciale, che questa sia diretta o indiretta ed anche capace a venderlo, ma prima di tutto bisogna porsi una domanda essenziale ovvero se l’azienda è in grado di supplire alle esigenze di un mercato estero, ovvero se è in grado di internazionalizzarsi?

Diciamoci la verità, qualsiasi venditore, capo area o direttore commerciale è capacissimo ad andare a prendere un ordine fuori dalle porte di casa, altrimenti non farebbe quel lavoro, ma poi sono (io azienda) in grado di gestire ed evadere quest’ordine?

Come ben si sa’, vendere all’estero non è assolutamente come vendere in Italia. Prima di tutto bisogna conoscere la lingua, e molte volte l’inglese non basta, per esempio provate ad andare a vendere in Cina nel cuore della Manciuria per vedere se vi capiscono poi così bene. Per questo motivo ci terrei a ricordare che non esiste nessun traduttore al mondo capace di vendere il tuo prodotto, perché non lo capisce o conosce. Per capire quanto dico basterebbe leggere quelle aberrazioni commerciali che sono i siti in lingua o la documentazione commerciale delle aziende Italiane tradotta in Inglese, non voglio pensare che cosa venga fuori nelle traduzioni in lingue più complicate come il Cinese. E poi ci si chiede perché all’estero non riusciamo a comunicare bene le qualità del nostro prodotto o servizio. Non siamo più negli anni 80 quando ci si aggiustava anche perché il mercato estero era seriamente quello delle grandi opportunità ed allora sì che si vendevano i frigoriferi agli esquimesi. Ora per vendere all’estero bisogna essere professionali e avere un serio un vantaggio competitivo e bisogna saperlo spiegare e farlo capire.

Comunque chiusa questa breve parentesi sulla comunicazione, ritorniamo al problema principale, ovvero se la mia organizzazione aziendale sa che cosa vuole vendere all’estero? Sa’ come spedire? Oppure e in grado di gestire una lettera di credito e decidere quale forma è quella che mi garantisce di più? Quali sono le leggi che vincolano le importazioni, le certificazioni necessarie, chi farà l’assistenza tecnica, e lo start-up? Quali sono le garanzie i pagamenti e se “quello” non paga e mi ruba la merce???

Pertanto prima di internazionalizzare, bisogna essere ben consci che siamo pronti, che la nostra organizzazione sia internazionalizzata. Perché potremmo trovarci ogni giorno di fronte ad un problema diverso, magari con un cliente è a 8 ore di differenza di fuso orario e sta’ appena adesso iniziando a lavorare mentre per noi sono le 4 del pomeriggio e pensiamo già ad andare a casa!

Pertanto Ricordiamoci che Internazionalizzare vuole dire prima di tutto internazionalizzarsi!

Scritto da David Grosso
45 Parallel Consulting LLC


















drago
[Dragon Pin – Foto di Daniele Catarozzi]

Affronto di getto un argomento spinoso e diffuso!

In questi giorni ho letto di tutto e di più soluzioni alla moda o che promettono risultati spettacolari, cose da manager di alto livello analisi allo stato puro.
Bene l’analisi per me è un must… Ma siamo sicuri che stiamo analizzando il problema veramente alla fonte e non stiamo distraendoci?

Allora giochiamo un poco con le situazioni!

Ho un problema la mia azienda non riscuote il successo che merita…
Ma di chi è la colpa?

Perché i miei commerciali non vendono?

Perché i miei dipendenti “blambinano” tutto il tempo?

Semplice… sono maledetti “fagnani”!

Ora li aggiustiamo vero?

Tutti gli imprenditori con un poco di sale in zucca mi chiedono di consigliare un paio di software per tenerli sott’occhio! (perché la gente proprio non ha voglia di fare… di sporcarsi le mani… insomma di lavorare).

Se usiamo dei software, possiamo sapere quanto tempo utilizzano per scrivere una e-mail e quanto tempo passano invece a parlare tra loro… perdere tempo… perché parlano?
Non hanno da lavorare?



Haaa!!! Soprattutto datemi un mezzo per bloccargli i social network… maledetto Zuckerberg mi ammazza la produttività!
In fondo è il lavoro che gli paga gli stipendi!

Siamo tutti d’accordo?

Ma non è che c’è qualcosa che non va nella distribuzione dei compiti o nei flussi aziendali?

Se i dipendenti passano troppo tempo sui SN e non sono addetti al SMM forse è perché non hanno abbastanza da fare… Non ci avete pensato?

Io sono il primo che quando vede due operai da lontano che seguo su un cantiere parlare, mi irrito… ma cosa fanno? Infondo li paghiamo per lavorare non per comunicare… per quello ci sono i marketers (quando va bene)!

Ma vi siete mai avvicinati ad ascoltare?
Perché a me è capitato di avvicinarmi… e chiedere: va tutto bene? E loro mi hanno risposto: sì ma abbiamo un problema sa c’è questo impedimento e stiamo cercando di capire come risolvere il problema nel minor tempo possibile!

Gli rispondo posso essere utile?
E loro… ma guardi questo è il problema cosa ne pensa?

Penso che se cerchiamo una soluzione analizzando il problema tutti in sieme facciamo prima!

Dieci minuti in più investiti a ragionare ti possono far risparmiare ore di costoso lavoro!

Non dico che la tecnologia a supporto non sia utile anzi è fondamentale per velocizzare i processi e farci risparmiare prezioso tempo ma la tecnologia da sola non serve se perdiamo di vista i processi ed i problemi che dobbiamo risolvere!

Rischiamo di veder scomparire l’obiettivo e focalizzarci su dettagli che ci porteranno fuori pista!

La tecnologia è fondamentale per analizzare ed avere una visione della situazione aziendale in archi temporali brevi, in modo da essere più reattivi possibile, visto la congiuntura nella quale ci troviamo, ma non dimentichiamo che i software non ci danno le soluzioni ma solo i dati che dovremo utilizzare noi per trovare le giuste correzioni di rotta da apportare alle strategie aziendali!

Scritto da Daniele Catarozzi



















bandiera_usa[Foto di Cinzia Rui – USA Flag]


Pillole di internazionalizzazione, ovvero come curare il malato Azienda con una serie di pillole volte ad aprire la vista e la mente degli addetti ai lavori.

Prima Pillola: Gli Obiettivi


Sono anni ormai che mi sto facendo una domanda, ma perché nella nostra vita personale siamo così bravi a darci degli obiettivi ed invece sul lavoro no?

Un’ esempio che mi va di fare è che quando si va a mangiare fuori, si sceglie il ristorante, il suo prezzo, con chi vogliamo andare e perché no’ il mezzo di trasporto più appropriato per arrivarci tenendo conto del traffico, posteggi etc. In poche parole dopo avere creato un obiettivo, nel mio esempio è quello di andare a mangiare in un ristorante, siamo anche in grado di darci una serie di obiettivi secondari che ci aiuteranno nel nostro intento di farci una cenetta senza troppi contrattempi. Purtroppo non sempre sappiamo usare questa qualità e logicità organizzativa in azienda, e nello specifico ce la dimentichiamo quando si decide di esportare.

Esportare è una bella cosa ed in verità per un’azienda Italiana con un buon prodotto è estremamente importante se non essenziale specialmente in un momento dove il mercato Italiano, in quanto in crisi, non è più sufficiente per supportare le necessità di cash flow aziendale. Strategie commerciali che se non portate avanti correttamente possono diventare un vero e proprio bagno di sangue. Il tutto molto semplicemente perché non si sono creati e pianificati gli obiettivi in maniera corretta.

Pertanto succede che si decide di esportare negli USA, con il “solo” obiettivo di esportare in quel paese, senza però avere considerato e di conseguenza avere creato degli obiettivi sul con chi farlo, quali prodotti esportare, come affrontare il servizio post vendita, succede che dopo la fiera o la visita al cliente che ci aveva contattato non sappiamo più che cosa fare se qualcosa viene a meno dopo la nostra visita.

Come procedere? Come si farebbe se andassimo a cena fuori, ovvero:

Obiettivo Principale:
Esportare negli USA

Obiettivi Secondari:
Ricerca del migliore canale di vendita
Trovare chi in azienda è la persona più adatta a gestire il progetto
Creare una mappatura della concorrenza locale, e non, i loro prezzi!

E così via…

Ovviamente in questo modo potremmo, grazie al raggiungimento di tutti gli obiettivi secondari, raggiungere quello che è il nostro obiettivo principale senza incappare in sconsigliati problemi nella realizzazione del programma di internazionalizzazione.

Ci terrei solo a sottolineare che gli obiettivi devono essere raggiungibili e quantificabili con le forze che abbiamo in campo, altrimenti sono pura fantasia, e sotto il punto di vista finanziario non aspettiamoci un ritorno dell’investimento a breve termine.

Questa è la più grossa balla che colleghi consulenti che non hanno mai passato un giorno in azienda vi propinano. Comunque parleremo dell’aspetto finanziario in una prossima pillola!

Scritto da David Grosso (North Carolina USA) – info@45consulting.com

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Oggi vi proponiamo un evento organizzato dal Gruppo Giovani del Club Dirigenti Vendite e Marketing di Torino…

Naturalmente lo facciamo in modo assolutamente disinteressato… Anche se sono uno dei due responsabili del gruppo! 😉

Perchè partecipare?


Ve lo dico subito… in primo luogo l’evento è stato studiato con la massima attenzione ai contenuti e sono stati invitati relatori di tutto rispetto…
Se questo non vi bastasse sappiate che la partecipazione è assolutamente a titolo gratuito!

Va bene direte voi la fregatura dove è? Pensate sia noioso?

Stratobagliato…


Ogni argomento sarà introdotto utilizzando degli spezzoni di film Hollywoodiani e non solo avremo professionisti del settore che aiutano le persone a trasformare le proprie idee in StartUp di successo ma vedremo anche delle video testimonianze di chi è riuscito a tramutare il proprio sogno in realtà.

La cosa più importante di tutte è che parleremo di argomenti concreti, verranno date informazioni utili non fluffa da bar… Non siamo persone che scagliano la pietra e nascondono la mano… per intenderci!

Quindi se vuoi aprire una attività, sei solo curioso, hai l’idea del secolo e ti hanno cassato 256432 volte e non ne capisci il perché…

Non puoi di certo mancare!

La partecipazione è gratuita previa prenotazione via e-mail all’indirizzo: cdvm@ui.torino.it

In ultimo potrete conoscere finalmente di persona i Cibernauti Marketers che saranno presenti all’evento e a disposizione per scambiare opinioni questa volta on site e non virtualmente!

Vi aspettiamo tutti Giovedì 18 aprile 2013!!!!!

Scritto da Daniele Catarozzi


















il_commerciale

Gentili navigatori del web… Vi informiamo che siamo ospiti sulla News Letter de Il Commerciale The Salesman dove troverete il nostro articolo:

DARWIN e i DIGITALNATIVE L’influenza del web sulla comunicazione commerciale di tutti i giorni

Potete scaricare il pdf della News Letter dove troverete tutti gli articoli al seguente Link:

[LNNL 4 Newsletter “Il Commerciale The Salesman” numero 4]



Presto su MC2 MarketCool altre interessanti novità… Stay Tuned!




















Frank_Merenda



Per la rubrica Interviste, oggi MC2 MarketCool vi presenta Frank Merenda Blogger, Venditore e Formatore.
Ideatore del corso Venditore VincenteTM.

Ho avuto modo di confrontarmi con Frank in passato su vari aspetti del nostro lavoro, questa sera vorrei condividere con voi alcuni argomenti che penso possano tornare utili!

Ciao Frank, ti faccio una domanda per rompere il ghiaccio:
Hai fatto per anni il commerciale e continui a farlo ancora oggi dividendo le giornate tra management e vendita, una discreta parte del tuo tempo viene poi assorbita dall’attività di formatore, quale dei due “mestieri” ti piace di più e ti da maggiori soddisfazioni?


Ciao Daniele.
In realtà la mia attività di formatore è sempre più “compressa” visto che ho abbandonato quasi del tutto le consulenze private e mi limito a fare qualche edizione del corso Venditore Vincente, poche volte all’anno.
Il mio focus è ad oggi concentrato nelle reti vendita delle mie aziende che seguo personalmente.
La “formazione”… è il “prodotto” del Venditore Vincente e io sono colui che eroga quel prodotto.

Faccio parte di quegli imprenditori che amano così tanto ciò che fanno, da sentire il desiderio di condividerlo e perchè no, renderlo un buon business possibilmente profittevole. Non potrei essere un buon venditore e direttore vendite se non avessi la passione per insegnare (ai clienti e ai miei uomini) e non potrei essere un formatore vendite di qualità se non fossi credibile sui due ruoli appena citati. Non amo più questo o più quello, semplicemente perchè per me sono parte della stessa “professione”.



Molti dei nostri lettori sono imprenditori delle PMI cosa possiamo consigliare loro per mettere in piedi una rete commerciale che funzioni veramente, quali aspetti dovranno curare più attentamente?

Io dico sempre cose che gli imprenditori non vogliono sentirsi dire. Gli imprenditori italiani delle PMI sono spesso frutto di uno spin-off…cioè sono tecnici che si mettono in proprio, aprono una partita iva e hanno come strategia commerciale: “Ti faccio quello che ti faceva il mio capo prima, ma mi paghi di meno e ti seguo meglio perchè noi siamo più giovani e con voglia di lavorare”.

Questo crea una marea di aziende cloni sul territorio assolutamente indifferenziate, nonchè incapaci di espandersi o semplicemente sopravvivere in mercati complessi come quello attuale.

Mettere in piedi una rete commerciale quando il focus dell’azienda è il “prodotto di qualità”, la politica sconti e la “personalizzazione” è semplicemente impossibile. Direi in tutta sincerità a questi imprenditori di liquidare l’azienda, evitare di perdere tempo e di mettersi in salvo finchè sono in tempo.



Una domanda invece per chi approccia il mestiere del venditore, tutti i giovani dalle brillanti prospettive che il nostro lavoro avvicina o perché no, quelle persone che si devono reinventare in un momento di crisi: da dove devono partire per fare il primo passo verso un cammino di formazione che li porti all’eccellenza, nel senso della sacrosanta pagnotta sulla tavola e alcune soddisfazioni professionali oltre che economiche?

Un venditore o aspirante tale dovrebbe innanzitutto conoscere la lingua inglese ad un livello business. Senza l’inglese oggi sei letteralmente tagliato fuori dal mondo della formazione. Non hai nemmeno la capacità di discernere se quello che ti viene insegnato è una fregnaccia o meno, è questo il vero problema.

Quando io sono comparso sulla scena qualche anno fa con Venditore Vincente, parlavo di cose che suonavano scioccanti o rivoluzionarie. Questo perchè in Italia la formazione vendita professionale non esiste. Vi sono solo persone che la mettono nel loro pacchetto corsi, insieme alla motivazione, alla leadership, alla contabilità e alla logistica. Ciò che è sempre stato erogato in Italia non sono altro che un pastone rigurgitato di banalità motivazionali miste a tecniche anni ’50-’70.

Io ho sempre detto…”Non credete a me, vi basta mettervi in contatto anche virtuale con qualunque accademia vendita riconosciuta a livello internazionale e vedrete che ciò che dico non è rivoluzionario ma sono banalia”.

Se parli e leggi in inglese puoi toccare con mano. Altrimenti devi berti le scemenze “Fatti amico il cliente, fai domande aperte e non chiuse, non ci sono due occasioni per fare una buona prima impressione, il nome del cliente è il suo più dolce che possa sentire” e penosa compagnia cantante al seguito.

Queste informazioni dequalificanti hanno contribuito a tenere in Italia il ruolo del venditore come quello del “mestiere di chi non ha un lavoro vero”, invece che una professione di assoluto prestigio e per persone con qualità superiori alla media come è nei paesi di tradizione anglosassone.



Diamo un paio di consigli anche su quelli che definisco i misteri della vendita, l’argomento tabù per i più… Questa secondo me è una domanda ridondante dalla quale quasi tutti girano alla larga, perché forse non si sa la risposta… O come i pescatori incalliti non si vuole svelare il punto segreto del lago dove c’è maggiore probabilità di catturare la preda… Dove secondo te un commerciale in erba deve iniziare a cercare i clienti e con quali strumenti?

Guarda, non si vuole dare la risposta perchè la risposta non piace nè agli imprenditori nè a molti venditori. La “vendita” ha un nome specifico nel ciclo di un’azienda che si chiama “lead conversion”, cioè conversione di contatti commerciali (lead) in contratti.

Il problema è che in Italia, gli imprenditori focalizzati sul prodotto, pensano che la loro roba si venda da sola perchè è di grande qualità, basta che qualche fesso con un po’ di parlantina, faccia tosta e voglia di lavorare ne vada a parlare bene in giro. Questa concezione da dopoguerra sotto le bombe è il cancro che ammorba l’economia del nostro paese.

I venditori quindi in Italia non devono vendere, bensì fare generazione di business in toto. Cioè gli “strumenti” del mestiere sono una lista/elenco del telefono dove allenarsi facendo telefonate a freddo e andando a bussare porte a perfetti sconosciuti. Che follia…

La realtà è che l’azienda dovrebbe avere innanzitutto un posizionamento di marca o Brand Positioning fatto da un esperto, per poter comunicare al mercato una differenza competitiva e non il classico “Me too” (lo faccio anche io a meno prezzo). La “marca” in Italia è fatta dagli imprenditori mettendo il proprio cognome, le proprie iniziali o un nome di fantasia legato al fatto che un giorno andando a caccia hanno visto un tordo volare in cerchio. Non sto scherzando.

Partendo da questa differenza di Brand, bisognerebbe avere un piano di marketing a risposta diretta che porti contatti caldi e interessati sul piatto. Questo si fa sia online che offline, anche se non è il caso di entrare nei dettagli ora. Ci sono esempi sul mio blog di miei studenti che sono in crisi perchè hanno troppi clienti caldi da gestire e l’azienda non è cresciuta abbastanza in fretta, tanto per dire.

L’imprenditore medio italiano invece fa la “pubblicità” per i motivi più sbagliati. Tendenzialmente perchè qualcuno si è presentato nel suo ufficio e gli ha appioppato un passaggio sulla tv locale, alla radio, sui cartelloni della città o sulla Gazzetta locale. “Pubblicità” non a risposta diretta, che dice al massimo “esistiamo” creando un minimo di awareness assolutamente inutile.

Quindi il ciclo di vendita per procacciare clienti non parte dall’azienda ma viene lasciato a poveri venditori volontari che come i kamikaze di nipponica memoria si buttano urlando “BANZAI!!!” contro cornette del telefono e porte sperando di chiudere qualcosa con la formula “20 appuntamenti – 1 contratto”. Roba triste, deprimente e da paese arretrato.

I metodi di vendita delle aziende Italiane sono molto più simili a quelli Polacchi o Rumeni (con l’assoluto rispetto per queste nazioni) che alle metodiche moderne di estrazione anglosassone.



Cosa significa per te utilizzare un metodo di vendita? Quali sono le differenze tra tecniche e metodi di vendita?

Io parlo di Sistema di Vendita, che è quell’insieme di procedure che vanno dal posizionamento, al marketing operativo, alla lead generation sino alla lead conversion, che in sintesi producono contatti caldi di qualità da convertire secondo le metodologie di vendita più testate ed efficaci. Questo è quello che insegno ai miei studenti.

Le “tecniche di vendita” sono invece ciò che viene proposto di solito. Un polpettone di tecniche manipolatorie, motivazionali e figure retoriche linguistiche che dovrebbero portare il cliente a rispondere in una certa maniera al nostro modo di fare. Vengono insegnate perchè gli imprenditori vogliono solo quello…cioè gente carica con qualche arma di persuasione in più…perchè “il loro prodotto si vende da solo”.

La realtà è che bisognerebbe riprogettare una buona fetta dell’azienda da zero…ma per chi vende formazione è più facile dire “Che bella la sua azienda, peccato per questi lazzaroni dei suoi venditori, ma non si preoccupi, glielo formo io!”… che dire la verità.



Secondo te quali sono i limiti della formazione commerciale professionale che si riscontrano oggi in Italia?

I limiti della formazione commerciale professionale in Italia sono semplici : non esiste.

Se escludi Venditore Vincente, che è il primo sistema di vendita in Italia, ti trovi sempre davanti a due situazioni tipiche:

1 Consulente “generico” dalle competenze non meglio identificate che nel suo pacchetto corsi mette a catalogo anche un corsetto vendita, rigurgito di materiale motivazionale e tecniche di vendita anni 50-70.

2 “Esperto” di una disciplina nota come PNL, che spaccia corsi di “comunicazione efficace” per corsi di vendita, con presupposti e risultati al limite dell’esilarante. Disciplina che in USA, patria della vendita professionale, non è insegnata in alcuna delle accademie riconosciute. Però noi italiani siamo più furbi e ce la siamo fatta vendere come il santo Graal della vendita per anni. Per quello stresso tanto sul “impara l’inglese, fatti una tua cultura”, perchè altrimenti non puoi difenderti da questi ciarlatani.

Fortunatamente oggi, anche grazie al mio blog, le cose stanno cambiando…ma siamo ancora lontani da una situazione corretta.

Partendo da questi presupposti abbiamo poi il vero problema che è il conflitto di interessi dei formatori che si occupano anche di vendita.

Io sono il primo formatore in Italia a erogare corsi professionali di vendita direttamente ai venditori che se li pagano di tasca loro. Era una cosa sulla quale quando ho cominciato tutti mi dicevano “è impossibile, sei pazzo”…eppure funziona.

Il conflitto di interessi nasce dal fatto che se vendi formazione all’azienda, tenderai a seguire l'”agenda” che l’azienda ti sottopone e per la quale ti paga. Ergo, invece che andare a risolvere i veri problemi della catena di vendita che sono insiti all’azienda e solo da ultimo sono imputabili ai venditori, se vuoi farti pagare la fattura ti conviene fare ciò che ti viene detto. In gergo tecnico si dice che “attacchi l’asino dove vuole il padrone”.

Per questo i “corsi vendita” si limitano ad una spruzzata di motivazione e di tecniche desuete. Da una parte perchè i formatori se va bene parlando dialetto, hanno fatto l’ultima vendita nel 1986 quando uscì Pac Man e le loro competenze sono risibili. Secondariamente perchè quand’anche fossero competenti (e non lo sono) non gli conviene dire la verità ma limitarsi al “Non si preoccupi Siùr parùn de la fabrichetta…glieli motivo io sti lazaroni!”.

E questo è tutto.



Un’ultima domanda: quali sono secondo te i “demoni” che un commerciale deve affrontare in un periodo di crisi per tornare ad essere “Vincente”, dacci anche un consiglio per affrontarli e superarli?

In periodo di “crisi” ci sono commerciali che hanno più clienti di quanti ne possano gestire, questa è la verità. Basta guardare le testimonianze che di continuo metto anche sul mio blog.

Il problema vero è che quando finisce la trippa grassa, cioè si vende perchè i nostri clienti vendono di più grazie alle bolle creditizie (l’ultima è esplosa nel 2008), i venditori si trovano allo specchio.

Vogliamo parlare un po’ di dura verità? Parliamone.

Il venditore medio non vuole fare il venditore. Abbandonerebbe immediatamente quello che fa se ci fosse un’azienda disposta a dargli uno stipendio fisso di 1500 euro più benefit, ferie pagate e tredicesima. Questo perchè come ho già accennato, fare il venditore in Italia è una professione di ripiego. E’ il mestiere per quelli che non hanno un lavoro vero.

Basta considerare qual’è la domanda più gettonata che amici e parenti fanno ad un venditore che è: “Ma quando ti trovi un lavoro vero?”.

A questo bisogna aggiungere la malcomprensione sociale per la quale il venditore sia un mestiere fai da tè, dove servono caratteristiche innate come la “faccia tosta”, la “parlantina” e il “saperla raccontare”. Quindi se queste caratteristiche sono le uniche che servono e sono innate, “o ce le hai o non ce le hai” quindi non serve studiare e non si può migliorare.

Aggiungiamo ancora che appunto il venditore è professione che attrae gli “scappati da scuola”, perchè se ci fossero andati oggi avrebbero un “lavoro vero”. Ergo molte persone che fanno i venditori sono dei “praticoni” con l’allergia allo studio ed al miglioramento della propria professione. Se gli dici di studiare o che la loro professione esattamente come tutte le altre richiede anni di studio, preferiscono lasciarsi morire piuttosto che mettersi in discussione.

Il venditore invece richiede un’autostima e una professionalità straordinaria. Il venditore possiede capacità di oratoria, retorica, psicologia, negoziazione nonchè di scrittura persuasiva e capacità amministrativo-organizzative per l’equivalente di 3-4 lauree. Lo studio continuo è necessario, mentre il venditore medio è addestrato e portato a credere che servano “Due giorni di spiegazione tecnica dei prodotti, cataloghi, due calci in culo, faccia tosta e tanta buona fortuna”.

Con questa mentalità non si va da nessuna parte. Il mio consiglio? Non ci sono bacchette magiche. Esiste solo investire di continuo sulla propria professione, e in Italia come in USA bisogna farlo se si desidera eccellere di tasca propria, lavorando con i migliori. Chi pensa che “la strada è l’unica maestra” è destinato a sparire. Mi dispiace essere duro ma è così.

Tutti danno per scontato che per fare il medico, l’avvocato o l’ingegnere siano necessari anni di studio. Finchè non lo si darà per scontato anche per il venditori, la “crisi” per queste persone non passerà.



Ringrazio Frank per il tempo che ci ha dedicato rispondendo a domande e dandoci spunti di riflessione con il suo inconfondibile stile…

Potete seguirlo sul suo blog:

[Il blog del Venditore Vincente]

Come promesso tante volte…Su MarketCool… Sempre nuovi spunti, dolci o rudi che siano… rivolgiamo uno sguardo al mondo “Azienda” riportando casi di successo o Epic Fail… Stay Tuned!

Daniele Catarozzi

















Bcom

Gentili colleghi Cibernauti questa sera vi presento un evento dedicato al web marketing e al commercio elettronico.
Essendo nato e vivendo a Torino vi assicuro che le persone da queste parti quando si mettono in testa di fare qualcosa lo fanno ad un livello esponenziale…

Mi pregio quindi di presentare “BCom” e vi invito a leggere l’articolo che ho scritto per l’evento, lo trovate a questo link…


[E-commerce un piccolo passo per l’uomo un grande passo per il business]




Sicuro che chi è costantemente a “caccia” di nuovi clienti saprà far frutto di parole e incontri…

Quindi… Se siete alla ricerca di idee interessanti e costruttive sapete dove trovare le risposte!!! 😀

Daniele Catarozzi


















itomi_02

E’ la nostra prima intervista on-line!!
Intervistiamo Antonio Moro, alias Itomi.
Sebbene Antonio Moro possa vantare oggi moltissime esperienze come “art director”, tanto che prima di sapere dei suoi 34 anni, leggendo il suo cv on-line pensavo fosse un ultracentenario :-), oggi approfondiamo la sua esperienza professionale come creatore di Lega Nerd, il blog in crowdsourcing di cui abbiamo parlato ampiamente nell’articolo [MysteryCool: Lega Nerd, un social blog di successo], scatenando una discussione di più di 80 commenti.


E ora iniziamo …


Itomi, ora immagina che io sia Daria Bignardi, ti ricevo nel mio studio ampio e pieno di pubblico … come misura di tette ci siamo 🙂 … mi mancano solo le camicie di seta!!!
Iniziamo con le domande.


Itomi o Antonio Moro, definisci la tua % Nerd?
E dicci in 4 parole la % rimanente che cos’ è, ovvero che persona sei.


Premesso che essere nerd va ben oltre lo stereotipo che si è creato negli ultimi
anni, se dovessimo prendere come parametro i “canoni” nerd classici allora credo che
avrei un index molto alto.


Ho avuto la grande fortuna di essere nato “al momento giusto” per vivere in prima
persona alcune delle più importanti rivoluzioni della tecnologia, dal primo periodo
dei computer e video games alla nascita di internet.

Il mio primo computer è stato un Commodore 64, arrivato come un “messia” in casa mia facendo finire la NES in garage.
Ho vissuto la prima fase di “internet” quando già da anni mi collegavo alle BBS locali e internazionali con un adattatore telematico
della Sip collegato al C64. Quando è arrivato il web per noi era già “casa”, per il
resto del mondo solo un nuovo sistema di comunicazione con un grande potenziale.


Ho vissuto tutta l’epoca dei provider internet locali, con i loro abbonamenti
costosissimi e tutta la “moda” di “appropriarsi” degli abbonamenti utilizzati in
luoghi pubblici, come biblioteche o locali che mettevano a disposizione un
collegamento internet a pagamento.

Tanto che appena uscito da scuola ci sono andato a lavorare per un provider, facendo
il “web designer” quando ancora eravamo qualche decina in Italia a saper programmare
in HTML.

Sono cresciuto a suon di giochi di ruolo e mondi fantasy, ho vissuto l’epoca di
Dungeons & Dragons quando la TSR era la TSR. Ho continuato a giocare di ruolo da
quando avevo 12 anni ad oggi che ne ho 34.
Ancora oggi il giovedì sera gioco con
gran gusto, alternando un gruppo che gioca a Star Wars RPG in cui interpreto un
contrabbandiere interplanetario ad un altro gruppo in cui faccio uno stregone nella
Terra di Mezzo con GiRSA.

Ho frequentato club di giochi di ruolo prima e ludoteche poi da sempre, ho avuto la
grande fortuna di crescere in una zona d’Italia in cui il gioco intelligente ha
trovato luoghi di aggregazione molto prima che in altre. Ravenna da quando ho
memoria è sempre stata piena di ludoteche, negozi di fumetti, club privati e simili,
vere e proprie tane di nerd.

Leggo fantasy e fantascienza, tra le altre cose, da quando so leggere. Ho iniziato
ad usare sistemi 8086 da quando c’era solo MS-DOS e ho vissuto la nascita di
Windows.


Ho avuto la fortuna di frequentare un istituto superiore, l’I.T.I.S di Ravenna, che
aveva, per l’epoca (anni novanta), un laboratorio di informatica decente e,soprattutto,
una biblioteca con uno dei primissimi accessi internet per gli studenti in Italia.
Fondamentalmente rompo il cazzo online da quando esiste “online” e lavoro su internet da quando esiste il web. Sono abbastanza stereotipo? 🙂




Oggi si parla sempre più spesso di economia sostenibile, di riciclo e consumo etico, alla radio imperversa Mister Planet ed in TV mister Green.
I nerd sono anche green?


Io parlo per me, ogni nerd ha le sue idee in proposito immagino. Io trovo che per
quanto i temi di cui parli siano importanti e fondamentali per il continuo della
nostra specie… gli ultimi picchi su sostenibilità ed ecologia sono un’ipocrisia da
abbraccialberi.




Lega Nerd è nata nell’ottobre 2009. Hai iniziato da solo questa avventura?

Lega Nerd arriva dopo un periodo passato a scrivere prima per altri e poi per miei blog,
in cui ho fatto un sacco di esperimenti con WordPress.
WP e gli altri primi CMS in php hanno dato a chi come me è più grafico che programmatore
la possibilità di sviluppare blog prima e community poi molto semplicemente.
Ho sempre sviluppato da solo o quasi i miei siti.




Quanto tempo ci dedichi ogni giorno a parte gli altri lavori che svolgi?
Come ti organizzi?


Difficile dire un numero di ore giornaliere. Lavoro in ufficio su internet tutto il
giorno e la sera porto a casa il portatile, oltre ad avere tablet e smartphone
sempre connessi. Su LN posso lavorare, correggendo bozze di articoli, rispondendo ai
commenti o nei forum, praticamente 24 ore su 24.
Posso passare un giorno o due senza che lo guardi e giornate in cui rimango incollato tutto il giorno. Fortunatamente il
mio primo lavoro mi permette di gestire liberamente i tempi e posso quindi
organizzarmi come credo.

In generale? Passo un mucchio di tempo a lavorare su Lega Nerd, che sia lo sviluppo
di nuove feature o la correzione di bug oppure la gestione della community o, per
finire, la scrittura di nuovi articoli.




Quanti collaboratori hai per Lega Nerd?

Mi aiutano tutta una serie di amici e volontari, che siano promossi ad editor o
autore o che siano semplici collaboratori che inviano un articolo in bozza… sono
comunque parte della community per quanto mi riguarda e tutti hanno parimenti
contribuito al successo del sito.


A parte me l’unica altra persona “ufficiale” è Gianluca Zamagni, che ci fa da
sistemista e cura appunto il lato server della questione: Una parte a dir poco
cruciale visto i picchi di traffico che abbiamo raggiunto negli ultimi tempi.




Qual’ è secondo te il futuro del social media marketing in Italia?

Facebook si sta muovendo egregiamente. Ha messo a disposizione tutti gli strumenti
che ci servivano per promuovere i nostri contenuti, sia attivamente che
passivamente, statistiche, possibilità di promuovere i post a pagamento, strumenti
di integrazione diretta e indiretta tra blog e network.


Sono nati e nasceranno altri network sociali che possono essere interessanti per
alcuni target come scrivevo prima, ma in generale il social marketing vero si fa su
Facebook in Italia. Twitter e Pinterest sono ancora troppo poco utilizzati e Google+
è troppo di nicchia.

Facebook ultimamente pare voler monetizzare ad ogni costo e potrebbe forse stringere
le cinghie per chi di social marketing campa, limitando i servizi gratuiti in favore
di altri a pagamento.

E’ finita da un pezzo l’epoca in cui bastava fare una pagina dedicata al “culo” per
avere milioni di fan. Ora la competizione è fortissima, ma d’altro canto anche
l’audience è aumentata a dismisura e credo ci sia ancora spazio per tutti senza
grossi problemi.

Vedo sempre più professionisti specializzati in social marketing in Italia: Questo è
bene, il mercato sta evolvendo finalmente e sta diventando maturo, per lo meno in
certi ambienti.

Tutto questo mi ricorda molto quando è nato il webdesign: Tutte le professioni
legate ad internet hanno seguito un cammino simile, d’altronde.

Le possibilità sono infinite, viviamo in un’epoca bellissima in cui ci si può
reinventare abbracciando nuove professioni da un anno all’altro.




Chi è Itomi e cosa ha fatto:

Antonio Moro, meglio conosciuto come Itomi: ad oggi 27 dicembre 2012, 3273
articoli, 9737 commenti, 2527 amici, 45 gruppi seguiti su Lega Nerd…

Ha creato Lega Nerd nel 2009, il famosissimo social blog in crowdsourcing
dedicato alla cultura Nerd/Geek. Specialità: UX/UI Design, Graphic Design,
Brand Design, Social Marketing.


Attualmente e fin dal 2007 è il direttore creativo di Vae Victis
[http://vaevictis.it], uno studio italiano che produce videogames (OMG!)
che ha fondato insieme ad altri quattro soci.

Ha creato un paio di anni fa un blog che si chiama “Incauto Acquisto”
[http://incautoacquisto.com] dove le aziende spediscono materiale da recensire.

Nel 2002 inizia la sua avventura come Direttore Creativo di E-TREE, the
il più grande webdesign studio in Italia. Dal 2003 è Direttore Creativo presso
BlueLemon, uno studio dedicato ai WebGames, VideoGames ed alle
applicazioni RealTime 3D. E’ stato anche Direttore Creativo per WebTour Studio ed
ha sviluppato “TravelMix” brand, ilTour Operator di Mirabilandia.

Nel 2001 è stato partner e Direttore Creativo in Mimic Digital Contents,
creando contenuti digitali e format per Internet, la televisione ed il
teatro (con Mimic ha lavorato per la Triennale di Milano, per l’Eliseo di
Roma ed il teatro la Fenice di Venezia).
Negli anni 2000 e 2001 ha organizzato con Mimic e DollyDesign la prima e
più grande conferenza italiana di WebDesign: PixelDNA.


E’ stato il fondatore nel 1997 di IHGG, il primo newsgroup dedicato ai
giochi di ruolo in Italia, ai tempi super seguito e del sito web IHGGOL e
nel 1998, insieme ad Enrico Maioli, il fondatore di “DollyDesign” ora
dismessa, la prima webdesign community in Italia.

Non perdetevi il sito Itomi creative
[http://itomicreative.com/] e … ovviamente [http://leganerd.com].
























banco frutta slurp! colors – Foto di Andrea Rossi – MorBCN – Spettacolopuro

7 strategie per vendere di più

Strategia numero 2

L’ angolo dei PRODOTTI DAL MONDO



Fare un angolo con i prodotti dal mondo dove mettere anche verdura/frutta non di stagione e che proviene da altri paesi.


Costerebbero di più ma il vantaggio per il supermercato è quello di poterli presentare come delle specialità, delle rarità, magari accompagnati da un cartellone che indichi delle ricette semplici e sfiziose o delle peculiarità di questi prodotti.

 
 

Si potrebbe predisporre anche ogni settimana un tavolino con dei prodotti in rilievo abbinati a cucine di altri paesi (spezie, vini, riso …)



Kiwi Kiwi – Foto di Sergiu Bacioiu

I PRODOTTI DI STAGIONE ed i PRODOTTI DAL MONDO devono essere disposti in 2 file vicine in modo che il consumatore possa trovare ciò che cerca nello stesso tempo che gli serviva prima, senza girare inutilmente per tutto il supermercato.

 
 

Stay tuned: Strategia numero 3 coming soon!!!!





scritto da Monica Cordola


















7 strategie per vendere di più


Strategia numero 1

L’ angolo dei PRODOTTI DI STAGIONE


Molti supermercati si assomigliano nella predisposizione della frutta e verdura (display).


Perché non fare qualcosa di diverso dando al consumatore, oltre ai prodotti, valore aggiunto, informazioni utili e gratuite, invogliandolo nello stesso tempo a comprare?


Oggi si trova di tutto in ogni stagione perché molti prodotti sono o coltivati in serre a riscaldamento o provengono dall’altro emisfero.


Uno dei consigli che si dà a chi vuole consumare in modo etico e rispettoso dell’ambiente è quello di mangiare frutta e verdura di stagione.


Molti consumatori, sempre più attenti all’ambiente ed alla salute, vogliono questo ma:

Non conoscono i periodi di maturazione di frutta e verdura,


Spesso, per colpa della disinformazione, viene penalizzato il loro portafoglio,


Per effetto della stessa disinformazione, non considerano il tuo supermercato come riferimento per un consumo etico.



Il consumo etico deve essere pratico, facilmente perseguibile tutti i giorni e deve migliorare la qualità di vita del consumatore. Il tuo supermercato può renderlo possibile.


Un cartello normale o digitale può indicare i prodotti di stagione.


Una composizione creativa dei prodotti permetterebbe di cambiare periodicamente la “vetrina” come fanno i negozi, pur mantenendo la localizzazione delle famiglie di prodotto in modo da non disorientare il cliente.


Un lavoro di pochi minuti che si traduce in uno stimolo efficace all’acquisto.




Ovviamente il concetto di cibo di stagione va associato ad una specifica regione geografica, ma volendo fare un esempio generico,

a febbraio verrebbero esposti mandaranci, arance, pompelmi, kiwi, cavolfiori, radicchio, cavoli, finocchi, broccoli, carciofi, cavoli di bruxelles, indivia, spinaci;


a maggio si troverebbero nespole, ciliegie, fragole, kiwi, carote, aglio, rucola, carciofi, cicoria, bietole, fave, cipolle, piselli, fagiolini, ravanelli, lattuga, asparagi e così via…


Attività periodiche da fare:


Analisi dei prodotti di stagione (non ditemi che non lo sapete già! … 😉 )


Realizzare la vetrina


Realizzare il cartello


Da non dimenticare:
Comunicazione alla clientela della nuova strategia

Stay tuned: Strategia numero 2 coming soon!!!!


scritto da MarkeCool
si ringrazia Daniele per gli spunti di riflessione e la tazza di latte 😛





















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